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Dopo l’alluvione, 500 sopralluoghi e 50 milioni di danni: il Piemonte chiede lo stato d’emergenza, ma monta la polemica politica

L’assessore regionale rivendica il lavoro sul campo dopo l’ondata di maltempo che ha colpito centinaia di Comuni. Pentenero e Avetta (Pd) chiedono chiarezza, ma Gabusi replica: “Nessuna strumentalizzazione, solo azione concreta”

Dopo l’alluvione

Dopo l’alluvione, 500 sopralluoghi e 50 milioni di danni: il Piemonte chiede lo stato d’emergenza, ma monta la polemica politica

A quasi un mese dall’alluvione che ha colpito il Piemonte ad aprile, la macchina regionale si muove per la ricostruzione e la messa in sicurezza del territorio, ma sullo sfondo si accende anche il confronto politico. Il bilancio dell’intervento lo ha fornito l’assessore Marco Gabusi, titolare delle deleghe a Difesa del suolo, Opere pubbliche e Protezione civile, rispondendo a un’interrogazione presentata dai consiglieri regionali Gianna Pentenero e Alberto Avetta del Partito Democratico.

I numeri raccontano uno scenario allarmante: oltre 500 sopralluoghi tecnici eseguiti dagli operatori regionali, in stretta collaborazione con Province e Comuni coinvolti, anche durante i giorni di Pasqua, per completare in tempi record la documentazione necessaria alla richiesta dello stato di emergenza. Il primo bilancio stima un fabbisogno di 50 milioni di euro solo per le opere di somma urgenza: ripristini, messe in sicurezza, interventi su infrastrutture danneggiate. “Una cifra che dà il senso della gravità dell’evento”, ha sottolineato Gabusi, lodando il lavoro incessante dei tecnici regionali.

L’interrogazione del Pd chiedeva conto delle azioni messe in campo dalla Giunta Cirio nei giorni immediatamente successivi all’evento calamitoso. La risposta dell’assessore non ha tardato ad arrivare: “La risposta istituzionale è stata immediata. Spiace che, in un momento così complicato per centinaia di Comuni piemontesi, si cerchi di trasformare un'emergenza in occasione di strumentalizzazione politica”.

Alluvione di aprile

La richiesta ufficiale di stato d’emergenza è stata inoltrata a poche ore dalla fine dell’ondata di maltempo, e, nel frattempo, la Regione ha già stanziato 5 milioni di euro per consentire l’avvio dei primi cantieri urgenti. “Queste risorse – ha aggiunto Gabusi – hanno dato la possibilità ai Comuni di intervenire subito, senza attendere i fondi statali, che speriamo arrivino a breve dal governo”. In sostanza, secondo l’assessore, il Piemonte ha agito con “tempestività e responsabilità”.

Ma non tutti sono convinti. I consiglieri Pentenero e Avetta hanno espresso dubbi sulla reale capacità della Regione di attivare un piano di ricostruzione coerente e coordinato, soprattutto per i territori più fragili, colpiti da frane, esondazioni e smottamenti. “Le comunità locali devono essere accompagnate passo dopo passo. Servono certezze e fondi certi, non solo promesse”, hanno ribadito.

L’alluvione ha colpito in particolare le aree collinari e montane, con numerosi Comuni isolati per giorni, strade crollate, argini ceduti e abitazioni danneggiate. A rendere più complesso l’intervento, il fatto che molti territori siano già in sofferenza per la carenza di manutenzione idrogeologica strutturale. Alcuni sindaci, pur riconoscendo la rapidità dei sopralluoghi, denunciano difficoltà burocratiche nell’accesso ai primi fondi e chiedono snellimento delle procedure per non restare impantanati nell’ennesima emergenza a lungo termine.

Nel frattempo, gli uffici tecnici regionali continuano il lavoro di raccolta dati e stesura dei progetti di intervento, con una particolare attenzione alle infrastrutture idriche, ai ponti rurali e agli acquedotti. “Stiamo lavorando su ogni centimetro di territorio colpito – ha assicurato Gabusi – perché nessun Comune resti escluso. L’impegno della Regione è totale”.

Il Piemonte, abituato da anni a fronteggiare eventi climatici estremi, si trova di fronte all’ennesima prova di resilienza e coordinamento. Ma il messaggio che arriva dalla vicenda è doppio: da una parte, l’efficienza dei primi interventi e la risposta dell’apparato tecnico; dall’altra, la necessità di trasformare ogni emergenza in occasione di pianificazione a lungo termine, per non ricadere ciclicamente negli stessi disastri.

La pioggia di aprile è finita, ma resta il compito, tutto politico, di costruire un Piemonte più sicuro. E in questo, il tempo delle accuse incrociate dovrà lasciare spazio a quello della ricostruzione. Con fatti, e non solo con parole.

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