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07 Maggio 2025 - 15:45
Matteo Chiantore e il nodo idraulico
Succede questo. Succede che, dopo trent’anni di alluvioni, studi, progettazioni, milioni spesi, dichiarazioni trionfanti e cantieri aperti, quando l’acqua arriva davvero, una delle due elettropompe sommerse, installate con tanto di progetto, delibere, finanziamenti pubblici e – perché no – anche qualche cerimonia inaugurale, rimane spenta nel momento esatto in cui dovrebbe entrare in funzione.
E non per un guasto. Né per un imprevisto tecnico. No. Resta ferma perché manca il gasolio.
In verità, entrambe le elettropompe funzionerebbero a corrente elettrica, non fosse che i cavi elettrici sarebbero stati rubati qualche anno fa.
Una si trova a Montalto ed ha funzionato benissimo, l’altra a Ivrea, in zona Culotto.
È successo lo scorso fine settimana, in piena emergenza maltempo, in una delle otto stazioni di pompaggio e sollevamento costruite nei comuni di Lessolo, Fiorano, Banchette, Salerano, Pavone e Montalto Dora, lungo gli argini di protezione.
Fanno parte del cosiddetto nodo idraulico di Ivrea, inventato per ridurre al minimo l’impatto di un’alluvione e, nel caso, provvedere alla difesa degli abitati e del suoloe a far defluire rapidamente le acque.
Le otto stazioni
Fa sorridere, se non fosse tragico.
Perché quelle pompe, capaci di garantire una portata complessiva di 700 litri al secondo, sono lì esattamente per questo: per mitigare gli effetti dell’acqua quando l’acqua arriva.
Sono l’ultimo baluardo prima che i fossi si riempiano, i canali esondino, i campi diventino acquitrini e le strade si trasformino in fiumi.
A Montalto, la stazione di sollevamento ha una duplice funzione: da un lato permette di regimentare le acque del lago Pistono, dall’altro serve per alleggerire le fognature del paese quando queste ultime vanno in sofferenza per via dell’eccessiva quantità di acqua.
E per fortuna – verrebbe da dire – ha piovuto tanto, ma non tantissimo.
Non è stato un evento come quelli che hanno colpito il Canavese nel 1993 o nel 2000.
Ma è bastato per svelare l’inadeguatezza di un sistema che si dice moderno, all’avanguardia, progettato in ogni dettaglio.
A gettare luce (e gasolio sul fuoco) è il sindaco di Montalto Dora, Renzo Galletto, che per giorni non ha dormito sonni tranquilli e che, dopo aver “sudato freddo” durante la piena, ora rompe il silenzio. E lo fa con parole nette, che non lasciano spazio a libere interpretazioni.
«Le nostre pompe le controlliamo con la Protezione civile. Lo facciamo ogni due mesi. Sappiamo che servono quando la Dora sale, quando il lago minaccia di debordare. Ma quella del Culotto... quella no. Lì qualcosa si è inceppato. Non c’era gasolio, i filtri erano occlusi. Tutto questo mentre l'acqua del Pistono saliva di due centimetri alla volta...»
Ma c'è una frase che pesa come un macigno:«Quella stazione lì è responsabilità del Comune di Ivrea …».
Galletto non cerca lo scontro, ma la stoccata è chirurgica.
«Probabilmente a Ivrea la considerano una cosa come tante altre - stigmatizza - Ma così non funziona. Questi impianti vanno seguiti con cura, monitorati, controllati. Non bastano le carte bollate e le delibere. Ci vuole gente che sappia cosa fare, altrimenti si manda allo sbaraglio chi non sa nemmeno dove mettere le mani... Noi, lo facciamo ogni due mesi...»
«Sappiamo che lì ce ne vuole parecchio di gasolio e che è stato rubato più volte - aggiunge Galletto - ma quando l’Arpa lancia l’allerta, qualche giorno prima, si fanno i controlli, si fa il collaudo, si compra il carburante. È semplice. È buonsenso ...»
Galletto porterà il problema al tavolo con Aipo (Agenzia Interregionale per il fiume Po).
"Se il Comune di Ivrea non ha le capacità, dia la gestione a noi. Io non controllo quella stazione, ma ne sono responsabile per i danni che può provocare. È paradossale. Se non la sanno gestire, ci pensiamo noi."
Parla di buon senso, ma anche di protocollo. Di metodo. Di prassi da seguire. Cose che, nel caso del Culotto, sono mancate completamente.
«Sia chiaro: io non accuso nessuno. Ma la gestione approssimativa non può essere la regola. Ci vuole un protocollo. Una filiera di comando che sappia intervenire. Perché stavolta è andata bene, ma la prossima?»
Alza le braccia al cielo, ma non in segno di "resa" il sindaco di Ivrea Matteo Chiantore.
“Non è vero che non ha funzionato - dice - L’impianto è rimasto fermo per un’ora. Ha pescato un po’ di gasolio dal fondo del serbatoio che era sporco e si sono sporcati i filtri. Avevamo lasciato l’impianto non pieno, perchè c’è il rischio che rubino il carburante. Questa è la nostra unica colpa. Il gasolio c’era e l'impianto è stato approvvigionato mentre era in funzione. Dopo quello che è successo, adesso il serbatoio è pieno. Questa è la relazione del Comandante dei vigili e io mi fido di quel che dice...”.
Chiantore però aggiunge anche altro: “Al tavolo con Regione e Aipo chiederemo un aggiornamento del piano speditivo e del nodo idraulico. C’è un problema di manutenzione delle pompe. Parliamo di un impianto che si mangia 20 litri di gasolio ogni 10 minuti. Ci sono oggi sul mercato pompe più performanti e vanno sostituite...".
Appresa la vicenda il consigliere comunale Massimiliano De Stefano non le manda a dire...
"L'omertà, nella sua gravità, rappresenta un potente silenzio che,in questo caso poteva perpetuare ingiustizie e sofferenze. E' andata bene ma non grazie a chi se n'è doveva occupare. E' da anni che chiedo che ne è stato del piano di protezione civile. Se esiste, se sia da aggiornare, ma nulla. Parliamo dell'acqua solo dopo un'alluvione e poi ce ne dimentichiamo...!"
L’Anfiteatro di Ivrea non è uno snodo qualsiasi. È uno dei punti più delicati del Piemonte dal punto di vista idrogeologico.
Un crocevia di corsi d’acqua: la Dora Baltea, che attraversa la città incuneandosi in una stretta forra rocciosa, il rio Ribes, che si riattiva nei momenti di piena attraverso un antico paleoalveo, il torrente Chiusella e altri affluenti minori.
Un sistema naturale complesso, imprevedibile, incastonato in un contesto urbano densamente popolato.
Qui passa l’autostrada A5 Torino–Quincinetto, qui corre la bretella Ivrea–Santhià, qui ci sono centri abitati, attività produttive, scuole, case, vite.
Proprio per questo, dopo le devastazioni degli anni ’90 e dei primi 2000, le istituzioni si sono mosse.
Tra il 2001 e il 2012 si è proceduto alla realizzazione del sistema delle arginature.
Le otto stazioni sono state costruite tra il 2013 e il 2014: un intervento complesso, comprensivo di quadri elettrici, gruppi elettrogeni, adeguamento delle tubazioni. Un sistema che – sulla carta – doveva difendere il territorio.
Nel 2023, è stato addirittura firmato un accordo tra Regione Piemonte, Città Metropolitana di Torino, AIPO e i comuni coinvolti – Banchette, Fiorano Canavese, Lessolo, Montalto Dora, Pavone Canavese, Romano Canavese, Salerano Canavese, Samone, con Ivrea capofila – per garantire, grazie a un contributo regionale di 70 mila euro, la corretta manutenzione e gestione delle opere idrauliche, assicurando – si legge – una risposta coordinata ed efficace in caso di emergenze.
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Coordinata ed efficace, dicono. Ma quando l’emergenza si è presentata, qualcosa è andato storto
La risposta del sindaco Matteo Chiantore dà l'idea di una toppa che non copre nulla, e che anzi mette a nudo l’intero impianto concettuale del progetto.
Se il sistema si inceppa per un dettaglio tanto banale, che garanzie abbiamo che funzioni davvero in caso di evento catastrofico? E se la prossima volta dovesse piovere un po’ di più?
Nel frattempo, il progetto complessivo del nodo idraulico di Ivrea si gonfia.
Si espande. Si moltiplica. Si complica.
257 milioni di euro sono in ballo per la ristrutturazione dell’A5, per il rifacimento del ponte sul rio Ribes, per la realizzazione di tre viadotti: Chiusella, Cartiera, Fiorano.
E ancora: adeguamento plano-altimetrico dell’autostrada, riconfigurazione dello svincolo A5-A4/A5, demolizione e ricostruzione di sottopassi, creazione di viabilità locale parallela, rivestimenti protettivi.
Si parla di cronoprogrammi, di fondi europei, di passaggio di consegne da ATIVA a ITP, il nuovo concessionario autostradale.
Tutto perfetto. Tutto studiato. Tutto annunciato.
Ma intanto – qui e ora – le pompe non partono perché mancano dieci litri di gasolio.
C’è un’ironia tragica in tutto questo.
Da una parte rendering 3D, comunicati stampa, convegni sull’innovazione idraulica.
Dall’altra, una tanica semivuota e sporca.
Se fosse piovuto davvero tanto, oggi cosa racconteremmo?
Chi avrebbe avuto il coraggio di dire a una famiglia evacuata: “Ci dispiace, ci siamo dimenticati di fare i collaudi”?
È il solito cortocircuito italiano.
Dove le opere si progettano, si annunciano, si finanziano, ma poi nessuno le gestisce veramente.
Dove tutto è perfetto nella conferenza stampa, ma manca il bullone, il collaudo, il carburante, la vigilanza.
Dove l’emergenza viene raccontata, ma non affrontata.
Dove si confonde la pianificazione con l’illusione, l’ingegneria con la propaganda.
E allora sì, parliamone pure dei 257 milioni, delle grandi opere, delle nuove infrastrutture.
Ma prima, facciamo funzionare quelle che già ci sono.
Perché l’acqua – quella vera – non aspetta.
Non chiede il permesso. Non guarda l’agenda dei fondi PNRR. Non legge le determine. Non si interessa dei cronoprogrammi.
L’acqua scende.
E quando scende, se le pompe non partono, prende tutto.
E a quel punto, le responsabilità non si possono più scaricare sul destino.
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