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03 Maggio 2025 - 08:10
L’aquila è tornata a casa: gioia all’Oasi degli Animali, ma resta l’emergenza strade
Quattordici giorni. Di ansia, di silenzi, di attese interminabili. Quattordici giorni di speranza e paura. Poi, all’improvviso, la notizia che cambia tutto: l’aquila è tornata a casa.
Era volata via il 17 aprile, nel caos dell’alluvione che ha devastato la collina chivassese. Insieme a lei si era perso anche un gufo reale, ritrovato poco dopo, trascinati lontano dal fango e dalle frane che hanno ferito nel profondo l’Oasi degli Animali di San Sebastiano da Po, trasformandola da rifugio sicuro a zona rossa, irraggiungibile, devastata.
L’annuncio è arrivato con un post semplice, asciutto, vero. Un post che racconta tutto senza bisogno di effetti speciali: “14 giorni. Di ansia. Di ricerche continue, in macchina, nei boschi, di giorno e di notte. Appostamenti, inseguimenti, richiami vocali… Non ci siamo mai fermati. Poi, grazie alle segnalazioni… l’abbiamo localizzata. E finalmente… l’abbiamo trovata. La nostra aquila è tornata a casa.”
Una frase che vale come una carezza dopo un lungo incubo. Perché chi conosce quell’Oasi sa cosa vuol dire perdere un animale. Non è un numero, non è un dato: è una storia, una vita, un pezzo di quel mondo costruito con fatica, giorno dopo giorno, tra piume bagnate e zoccoli da curare. Un mondo che oggi rischia di crollare davvero, non per colpa dell’alluvione, ma per l’abbandono delle istituzioni.
La visita del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, accompagnato dalla consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Sarah Disabato, risale a solo due giorni fa. Era il Primo Maggio, e mentre in tutta Italia si celebrava la Festa del Lavoro, qui si spalavano fango e si cercavano soluzioni per un’Oasi che, se non riapre presto gli accessi, sarà costretta a chiudere i battenti. Con tutto quello che comporta.
Perché qui, lo ricordiamo, vivono centinaia di animali, molti dei quali sotto sequestro giudiziario, affidati dal tribunale, dalle forze dell’ordine, dalle autorità sanitarie. Animali salvati da maltrattamenti, incidenti, cattività illegale. Animali che non possono essere “spostati altrove”. Che non possono restare senza cibo. E l’Oasi, oggi, non incassa un euro. Perché le frane hanno reso inaccessibili entrambi gli accessi stradali. E i visitatori, unica vera fonte di sostentamento del parco, non possono più arrivare.
Disabato è stata chiara, parlando direttamente con Cirio tra le gabbie divelte e i recinti allagati: “Serve un intervento urgente per il ripristino della strada principale. Se il parco non incassa, gli animali cosa mangiano? Non possiamo aspettare tempi biblici per un intervento che, tecnicamente, si potrebbe fare in poche settimane. Serve la volontà politica.”
E qui il nodo. Perché la strada è comunale, ma il problema è regionale. E nazionale. Serve un fondo straordinario, servono fondi veri, non promesse. Perché l’Oasi è lì, ferita ma viva. Con le recinzioni ancora danneggiate, con il personale che lavora giorno e notte per garantire la sicurezza. Ma l’amore non basta. Non basta la passione. Non bastano i like sotto il reel che annuncia il ritorno dell’aquila.
Il gufo che si era smarrito
L’aquila, sì. È tornata. E nel video pubblicato su Facebook si sente l’emozione vera, quella che spezza la voce. Un animale fiero, abituato al cielo, riportato tra le braccia di chi lo ha salvato. Un simbolo, in fondo, di questa Oasi: ferita, ma non domata.
Ma ora serve concretezza. Serve ripristinare almeno uno degli accessi. Serve che la Regione si faccia carico dell’urgenza. E servono anche i cittadini, con una donazione, un gesto, una parola. Perché qui, a San Sebastiano da Po, non si difende solo un parco faunistico. Si difende un modo di stare al mondo.
Un modo che mette al centro la cura, la responsabilità, l’accoglienza. Un modo che non si arrende nemmeno dopo una frana, ma che ha bisogno di tutti per non affondare. Come l’aquila, anche l’Oasi vuole tornare a volare. Ma da sola non ce la fa.
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