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“Non ci pieghiamo al silenzio imposto”: otto sindaci spiegano lo strappo di Lace

Pubblichiamo il testo integrale della lettera firmata dai primi cittadini di Ivrea, Bollengo, Strambino, Nomaglio e altri comuni dell’eporediese. Dopo le accuse di Rifondazione Comunista per l’abbandono della cerimonia del 25 aprile, i sindaci rivendicano la scelta e denunciano derive ideologiche e contenuti divisivi: “Basta microfoni aperti a chi semina odio”

“Non ci pieghiamo al silenzio imposto”: otto sindaci spiegano lo strappo di Lace

Sindaci a Lace

Pubblichiamo il testo integrale della lettera firmata da otto sindaci e sindache dell’eporediese, tra cui Ivrea, Bollengo, Strambino e Nomaglio, in risposta alle accuse piovute nei giorni scorsi – prima a mezzo stampa, poi tramite una durissima nota del Partito della Rifondazione Comunista – sull’abbandono della cerimonia del 25 aprile a Lace.

Un gesto, quello di togliersi la fascia tricolore e lasciare il luogo della commemorazione, che ha suscitato reazioni sdegnate da parte di alcune forze politiche, che hanno parlato di oltraggio alla memoria partigiana

Nel testo che segue, firmato da chi negli ultimi anni ha sempre partecipato alle celebrazioni della Resistenza in Canavese, si rivendica con forza il bisogno di una memoria condivisa e rispettosa, si denuncia l'impossibilità di accettare interventi ritenuti divisivi e in alcuni casi “ai limiti dell’antisemitismo”, e si chiede che a Lace torni “lo spirito dei sindaci e delle sindache che ne furono promotori, e non quello di una partecipazione condizionata e imposta”.

Una lettera che non chiede indulgenza ma spiega il travaglio di “uno strappo doloroso ma necessario”.

E che riapre – con toni netti – una riflessione profonda su come, e da chi, oggi si racconta la Resistenza.

La Lettera

“Un bel tacer non fu mai scritto” dice con un certo grado di saggezza un proverbio popolare. E quindi ci ritroviamo qui, a sentirci dare lezioni di antifascismo da chi evidentemente non ne ha tanto ben compreso lo spirito, ma affinché non si generino equivoci proviamo a spiegare le ragioni dello strappo di Lace.

Le persone che tanto strepitano, a mezzo stampa e social, per il fatto che un piccolo gruppo di sindac canavesan*, tra i pochi e poche superstiti della manifestazione del 25 aprile a Lace (chissà perché? Saranno diventati tutti fascisti all’improvviso?), se sono in buona fede difettano di alcune premesse.

Sono anni che i sindaci e le sindache eporediesi (anche quando eravamo ancora più numerosi di oggi) chiedono una condivisione del programma, non una imposizione del “il programma è questo, fatevelo andare bene, voi parlate in fondo”. Eh no, non funziona così.

Gli ultimi anni abbiamo assistito a interventi imbarazzanti per il contenuto violento e divisivo di cui erano portatori. Il culmine è stato toccato lo scorso anno, quando durante l’orazione ufficiale furono ripetuti a più riprese contenuti ai limiti dell’antisemitismo: un conto è opporsi all’aggressione tremenda, crudele e ingiustificabile (umanamente prima ancora che politicamente) di Israele verso la Palestina, altra faccenda è chiamare in causa un intero popolo, gran parte del quale ha posizioni di totale opposizione verso il suo stesso governo, senza peraltro citare mai l’aggressione brutale e sanguinosa di Hamas quel tragico 7 ottobre verso ragazze, ragazzi e famiglie che partecipavano a un festival.

Stare lì immobili con la fascia tricolore ad ascoltare chi semina odio è semplicemente inaccettabile, proprio per la fascia che indossiamo e che incarna i valori della nostra Costituzione. Ascoltare da privati cittadini dissenzienti fa male, ascoltare da sindache e sindaci inermi è impossibile.

Per questo abbiamo, con largo anticipo, avviato dei contatti finalizzati a condividere il programma, tutto senza esito. “Il programma è questo.”

La nostra ANPI ci ha sostenuti nella fase negoziale, preda dello stesso disagio che ormai da qualche anno si manifesta con mugugni sempre più rumorosi (a chi c’era basterà ricordare l’exploit del partigiano Terribile, quando ancora era vivo e si faceva accompagnare a Lace, che sbottò contro una delle orazioni ufficiali perché – secondo lui – non rispettosa della memoria e dello spirito partigiano) e che quest’anno ci ha fatto dire basta.

Basta con le imposizioni di orazioni ufficiali non concordate né nei toni né nei contenuti, basta con microfoni aperti a interventi che nulla hanno a che vedere con quel giorno, quel luogo, quel ricordo.

Qualcuno di memoria corta forse non ricorda che furono proprio i sindaci e le sindache, biellesi ed eporediesi, con il comune di Donato in testa, a istituire delle celebrazioni unitarie e condivise. Forse è il momento che a Lace torni lo spirito dei sindaci e delle sindache, non possiamo sentirci ospiti tollerati solo nella misura in cui acconsentiamo ad ogni scelta mai condivisa con noi.

Era tempo di dire basta. Toglierci la fascia e lasciare le celebrazioni ha fatto più male a noi, che abbiamo vissuto tutto quel travaglio preventivo, che a qualche superficiale osservatore che oggi si crede l’unico/a interprete dell’antifascismo militante.

Fascista è chi il fascista fa, direbbe Forrest Gump.

Non cadiamo nel tranello dei giudizi su chi è più antifascista di chi, perché si rischia di fare tutto il giro fino a ritrovarsi dalla parte sbagliata delle barricate.


I sindaci e le sindache eporediesi:
BollengoLuigi Sergio Ricca
CollerettoErnesto Marco
FioranoGiulia Claudi
IvreaMatteo Chiantore
NomaglioEllade Peller
ParellaRoberto Balma
SaleranoDomenico Mancuso
StrambinoSonia Cambursano

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