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Punto Rosso
29 Aprile 2025 - 08:00
Lace. Sindaci indifendibili
È accaduto di nuovo. Sempre a Lace dove in centinaia ci ritroviamo da anni la mattina del 25 aprile per ricordare l’eccidio per mano nazista dei partigiani della VII Divisione Garibaldi e della 76a Brigata Togni. Là si danno appuntamento gli antifascisti eporediesi e quelli biellesi, divisi dalla Serra ma uniti nel ricordo del sacrificio partigiano e nella condivisione dei valori della Resistenza.
Come fra le brigate partigiane di diversa provenienza, anche a Lace si discute ogni anno per come organizzare la ricorrenza, non fermandosi alle differenze, ma andando avanti, come fecero i Partigiani, perché il fine ultimo è condiviso e importante: ricordare l’eroismo e il sacrificio di ieri, perché non si ripeta, non nascondendo quindi gli allarmi per la democrazia e la libertà di oggi.
Ma il 25 di quest’anno a Lace è accaduto un fatto grave, alcuni sindaci del Canavese, quello di Ivrea in testa, dopo l’intervento del sindaco di Donato, si sono tolti la fascia tricolore e se ne sono andati lasciando basiti i presenti. Uno schiaffo alla memoria partigiana da parte di primi cittadini che rappresentano le Città, non loro stessi, ma le cittadine e i cittadini dei loro Comuni. Basito anche il segretario della Camera di Lavoro di Torino, Federico Bellono, chiamato come oratore ufficiale dall’Anpi di Ivrea e Basso Canavese, che chiede ragione al sindaco di Ivrea Matteo Chiantore, il sindaco dice qualcosa sui contenuti non condivisi, sul non conoscere chi parla, … Bellono gli fa presente che andare via prima del suo intervento, lì per l’Anpi di Ivrea, è irrispettoso per le due organizzazioni, la Cgil e l’Anpi. Nonché per i cittadini eporediesi, aggiungo io, che prima non hanno visto sfilare il gonfalone della propria città che tanto ha dato alla Resistenza e poi vedono il proprio sindaco togliersi la fascia tricolore e andare via.
Vero è che vi sono diversi modi di intendere i festeggiamenti per il 25 aprile: c’è chi commemorando i partigiani e festeggiando la Liberazione vogliono andare oltre e attualizzare i valori della Resistenza per tenerli ancor più vivi e vicini alle persone, in particolare ai giovani. È questa la linea dell’Anpi Valle Elvo e Serra che ogni anno a Lace denuncia le criticità odierne, degli attacchi alla democrazia, parla delle nuove resistenze, di popoli oppressi, come fummo noi italiani, come i Palestinesi. E c’è chi vorrebbe fermarsi alla commemorazione, al racconto della storia, un rito. Questa è la linea dell’Anpi di Ivrea e Canavese e dei sindaci che hanno abbandonato Lace il 25 aprile scorso. Una linea che non rende onore a chi è morto per la nostra libertà, contando sulla nostra strenua e continuativa difesa e denuncia dei soprusi.
Si può non essere d’accordo con i primi e si può ritenere insufficiente la linea dei secondi, ma comunque la si pensi, si sta là insieme davanti al ceppo che ricorda l’eccidio e sul quale è inciso “Ma vi diciamo, compagni, che più forte che il rimpianto per la vita che di abbandonava fu la coscienza di morire per la vostra libertà”. È dunque un dovere quello di difendere questa libertà, nell’oggi, non dandola per scontata. Contestualizzare e attualizzare è complesso, ma è doveroso farlo. I riti non aiutano a difendere i valori per i quali sono morti partigiane e partigiani. In fondo c’è spazio per tutti nel largo prato di Lace, eppure, c’è chi evidentemente non ama la pluralità, le voci diverse, perché magari scomode, e quindi se ne va. Ma se lo fanno dei sindaci, questo deve preoccuparci.
E se poi l’abbandono dei sindaci non è arrivato dopo aver ascoltato gli interventi, ma è stato preventivo e pretestuale, il fatto è ancor più grave. E dire che l’Anpi di Ivrea aveva scelto quest’anno come oratori ufficiali proprio i sindaci, ma questi hanno declinato l’invito, a priori. Non volevano intervenire ad esempio senza sapere chi fosse Charlie Barnao, sociologo, oratore ufficiale per Valle Elvo, e ne han chiesto il Cv (sic!). E poi quel Coordinamento biellese antifascista chissà che avrebbe detto. E i Biellesi per la Palestina? Sia mai che si stia lì ad ascoltare degli antifascisti e dei difensori di un popolo oppresso e martoriato, vittima di apartheid e colonialismo. Da sindaci a omologatori il passo è stato breve.
Da tesserata Anpi di Ivrea ho trovato il gesto di togliersi la fascia molto grave, indifendibile, offensivo. D’altronde non era la prima volta che sindaci dell’eporediese si toglievano la fascia tricolore a Lace. Era già accaduto nel 2016 quando l’Anpi di Ivrea propose fra i suoi oratori Marco Bellini, presidente del Comitato di Ivrea per il NO alla riforma costituzionale del Pd guidato da Renzi, comitato del quale l’Anpi faceva parte. Appena Bellino iniziò a parlare, i sindaci del Pd si tolsero la fascia.
Occorre ricordare che quella fascia non è una sciarpa che si leva quando fa caldo, né una coccarda di partito, ma è la fascia simbolo della Repubblica che racchiude il valore democratico e la storia del paese. È composta dai colori della bandiera italiana rendendo il sindaco un rappresentante del popolo e delle istituzioni locali. I Sindaci sono prima di tutto questo “rappresentanti del popolo e delle istituzioni”, e solo dopo ma molto indietro sono uomini e donne di partito.
Togliersi la fascia vuol dire decidere scientemente di non voler rappresentare il popolo e le istituzioni in una cerimonia che ricorda uomini, partigiani, morti per la libertà e la democrazia del nostro paese. Indifendibili.
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