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Rifondazione accusa: “Avete infangato la fascia tricolore”

Durissima lettera contro i sindaci che hanno abbandonato la commemorazione a Lace

Rifondazione accusa: “Avete infangato la fascia tricolore”

IN FOTO Da sinistra, Ellade Peller, Sonia Cambursano, Matteo Chiantore e Luigi Sergio Ricca

Una denuncia aperta, dura, accorata. Il Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, con una lettera firmata dal Circolo di Ivrea e dalla Federazione di Biella, attacca frontalmente i sindaci di Ivrea (Matteo Chiantore), Bollengo (Luigi Sergio Ricca), Nomaglio (Ellade Peller) e Strambino (Sonia Cambursano) per il loro comportamento durante la cerimonia del 25 aprile 2025 a Lace di Donato.

Il motivo? I sindaci, presenti all’evento in memoria dei partigiani catturati e fucilati dai nazifascisti il 29 gennaio 1945, avrebbero abbandonato la commemorazione e si sarebbero tolti la fascia tricolore, simbolo per eccellenza della Repubblica. Un gesto giudicato “deprecabile”, “inaccettabile” e “senza giustificazioni possibili”.

“La fascia con i colori della bandiera italiana rende i sindaci rappresentanti del popolo e delle istituzioni locali. E non rappresentanti di sé stessi”, scrive Rifondazione. 

Un gesto che “ha ferito quel luogo e il ricordo di chi è morto per la nostra libertà”.

Non solo l’abbandono. A pesare, nella ricostruzione del PRC, è anche il rifiuto degli stessi sindaci di partecipare come oratori ufficiali, come richiesto dal presidente dell’Anpi di Ivrea e Basso Canavese. Una scelta seguita dall’assenza durante gli interventi degli altri relatori, tra cui quello di Federico Bellono, segretario della Camera del Lavoro di Torino, divenuto oratore ufficiale dell’Anpi dopo il loro diniego.

“Aver fatto prevalere il vostro ‘io’ al vostro ruolo istituzionale è contrario alla democrazia conquistata dai nostri partigiani. Non c’è ragione possibile, nessuna giustificazione che tenga, per togliersi la fascia tricolore davanti ad un luogo di quella valenza durante una commemorazione, non già davanti ad una adunata fascista...”, si legge nella lettera.

Rifondazione Comunista

Le motivazioni addotte dai sindaci – “non sapevamo chi avrebbe parlato”, “la scaletta non è stata condivisa”, “non sapevamo della presenza di Bellono” – vengono bollate come “pretestuali”. Rifondazione ribadisce che la partecipazione del dirigente sindacale era stata pubblicamente annunciata, non solo sulla nuova locandina dell’Anpi ma anche sulla stampa locale.

“Se foste rimasti alla prima locandina, allora avreste dovuto essere pronti ad intervenire. E ancora, una volta venuti a conoscenza che ci sarebbe stato quell’intervento, avreste dovuto – per rispetto – fermarvi ad ascoltare”.

Grave, per gli estensori della lettera, anche l’aver lasciato solo il presidente dell’Anpi  Mario Beiletti durante il suo intervento: “Un grave sgarbo da rappresentanti delle istituzioni locali”. Le “scalette non condivise” e il “temere i contenuti degli altri oratori” vengono definiti “istanze indifendibili”.

Rifondazione rivendica il senso della partecipazione di Federico Bellono, sottolineando che ha accettato “senza dubbi né remore”, come dovrebbe fare qualunque democratico: “Un democratico non rifiuta un invito dell’Anpi e non chiede chi sono gli altri o cosa diranno. Va, parla, dice la sua, e ascolta”.

“Gli interventi a Lace sono stati di ottimo livello, pertinenti alla ricorrenza e ben contestualizzati all’oggi”, scrive il partito. “Quando si sceglie di candidarsi a sindaco, il personale e l’appartenenza di partito devono passare in secondo piano....”.

La lettera sottolinea che “i gesti dei sindaci pesano più di quelli di qualunque cittadino” e quello compiuto a Lace “pesa moltissimo”. E viene citata una frase attribuita al sindaco di Ivrea, Matteo Chiantore, secondo cui “l’anno prossimo organizzeremo un nostro momento, presumibilmente il 24”. 

Per Rifondazione, è la prova della volontà di isolarsi, di evitare momenti commemorativi aperti al dibattito e alla pluralità delle voci.

“Fare una cosa a sé, una tranquilla cerimonia rituale, senza che vi sia qualcuno che viene a parlare di nuove resistenze, di pericolo democratico, di libertà di dissentire. Quella libertà per la quale sono morti anche quei giovani che a Lace ricordiamo”.

La chiusura è un atto d’accusa politico e morale:

“A Lace c’è spazio per tutti, ma evidentemente c’è chi non ama la pluralità, le voci scomode, e quindi se ne va. Ma se lo fanno dei sindaci, questo ci preoccupa e non lo possiamo accettare. Proprio nel ricordo della diversità di motivazioni e appartenenze dei nostri Partigiani che non han dubitato uniti a dare la vita per un fine alto e comune. Quanta piccolezza, invece, nel disertare una Cerimonia che li commemora per fini abissalmente meno nobili”.

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