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23 Aprile 2025 - 17:21
Non bastavano gli allagamenti. Non bastavano le aggressioni. Non bastava l’ordinanza anti vetro che ha trasformato piazza Garibaldi in un set distopico dove anche la signora Maria con la bottiglia di passata rischiava di finire nella lista dei ricercati. No, adesso cadono anche i calcinacci. Sì, proprio così: cadono.
L’ultimo episodio — perché ormai bisogna chiamarli episodi, come in una serie di Netflix dedicata al declino urbano — è stato documentato da Bruno Prestìa, consigliere comunale di “Per Chivasso” e voce di una città che preferisce mettere le toppe piuttosto che sistemare i buchi. “NON È CONCEPIBILE!!!”, ha scritto su Facebook, mostrando le immagini del binario 2 della stazione ridotto a potenziale trappola per pendolari. Un soffitto che si sgretola e rischia di franare addosso a chi aspetta il treno. Roba da film horror, ma senza effetti speciali. Solo calcinacci veri.
E siccome viviamo nel tempo dell’estetica digitale, Prestìa anticipa le critiche con una stoccata: “Ora qualcuno dirà che questo post non va messo perché è morto Papa Bergoglio. Mi spiace per il Papa, ma ciò non deve impedire l’attenzione sul nostro territorio!!!” E ha ragione.
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Il punto è che qui non si tratta più di “percezione del degrado”. Qui il degrado ti casca letteralmente in testa.
Una settimana fa, giovedì 17 aprile, l’ennesima pioggia ha trasformato il sottopasso in una grande pozzanghera.
Il Comune? Firma convenzioni con RFI per far felici tutti, tranne i cittadini. Gli ascensori nuovi? Benissimo. Peccato che per averli bisognerà dire addio al passaggio a raso, quello comodo, diretto, riparato. E chi non può o non vuole aspettare un ascensore guasto? Si arrangi. “Un affarone, ma solo per RFI”, aveva stigmatizzato Claudia Buo, altra voce dell’opposizione, che si è vista bocciare perfino l’emendamento per salvare il passaggio pedonale. Ma certo, meglio silenziare il dissenso piuttosto che affrontare il problema.
Nel frattempo, due agenti in più, quattro operatori FS Security, un presidio fino alle 19. Ma la criminalità ha imparato a leggere gli orari. Aspetta il cambio turno. Aspetta quel buco di vigilanza. E colpisce. Come è successo a quel sedicenne minacciato con un coltello sulla passerella. Gli hanno chiesto i soldi. Lui ha mostrato il portafoglio vuoto. L’aggressore lo ha strattonato. E poi è sparito.
E allora via le panchine, che non sia mai che qualcuno si sieda. Via le bottiglie, che se bevi un’aranciata rischi di finire multato. Ma le infiltrazioni, la muffa, la mancanza di illuminazione, i bagni fuori uso, quelli no. Quelli restano. Resistono più dei buoni propositi elettorali. Resistono più delle convenzioni firmate con la mano tremante da chi amministra e non decide.
Martedì 8 aprile c’è stato il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. C’era il prefetto, c’era il sindaco, c’erano tutti. E tutti si sono detti preoccupati. Ma poi? Poi niente. Come sempre. Intanto, oltre duemila firme raccolte da Prestìa per chiedere sicurezza sono ancora lì. Appese come i desideri a un albero di Natale fuori stagione.
Ma la gente è stanca. Stanca di camminare con lo sguardo basso, non per vergogna, ma per paura. Paura che un’altra pioggia trasformi la stazione in un acquario. Paura che da un soffitto marcio piova cemento. Paura che da un angolo buio spunti di nuovo un coltello.
La stazione di Chivasso non ha bisogno di lifting elettorali o slogan turistici. Ha bisogno di interventi veri. Di controlli, presidi, manutenzione. Di amministratori che smettano di firmare deleghe in bianco a RFI. Di un progetto che non sia solo di facciata.
Perché le facciate, qui, stanno crollando. E sotto ci sono i cittadini.
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