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22 Aprile 2025 - 12:58
Alcol nelle borracce a scuola: l’allarme che scuote famiglie e istituzioni
Non è più un episodio isolato, né una leggerezza adolescenziale. Sempre più studenti arrivano a scuola con borracce piene di vodka invece che d’acqua, in un rituale silenzioso che ha smesso di essere gioco per diventare una forma di fuga e di anestesia emotiva. Il fenomeno – segretamente noto tra gli adolescenti, ma ancora sottovalutato dagli adulti – sta scuotendo il mondo della scuola, della sanità e della famiglia, svelando un disagio che serpeggia tra i corridoi degli istituti superiori italiani.
A lanciare l’allarme è la dottoressa Laura Suardi, responsabile del Servizio Dipendenze (SerD) di Mirano e Dolo, in Veneto, che negli ultimi mesi ha raccolto casi inquietanti: ragazzine del liceo che si presentano in aula con superalcolici camuffati nelle borracce, usati non per divertirsi, ma per gestire l’ansia da prestazione, il terrore di una verifica, il panico da interrogazione. “Non è ribellione, è autosomministrazione” – spiega – “un tentativo goffo e pericoloso di sedare l’ansia”.
Il rischio è altissimo. Un sorso oggi, un’abitudine domani, un problema cronico dopodomani. Il binge drinking – l’assunzione concentrata di grandi quantità di alcol in breve tempo – si sta trasformando in un comportamento normalizzato, soprattutto tra i giovanissimi. Se prima era confinato ai fine settimana, ora entra di soppiatto nei giorni feriali, negli zaini, tra le ore di lezione. E la scuola, troppo spesso, se ne accorge solo quando è tardi.
Il problema non è solo sanitario, ma culturale ed educativo. Troppo spesso genitori e insegnanti liquidano queste condotte come “fasi”, invece di riconoscerle come sintomi di un malessere profondo, che va ascoltato e trattato con strumenti adeguati. “Non cadete nella trappola della minimizzazione”, avverte Suardi. “Ogni segnale va preso sul serio. Ci sono servizi specializzati, come il SerD, pronti ad accogliere, curare e accompagnare”. Dietro la borraccia con l’alcol, spesso, c’è un disturbo d’ansia, una depressione nascosta, una difficoltà relazionale. O semplicemente una richiesta di attenzione che non trova ascolto.
C’è poi il tema spinoso dell’accesso agli alcolici. Nei supermercati e nei bar, i controlli sui minorenni sono ancora troppo deboli. Chi verifica davvero l’età di chi compra? Chi chiede i documenti? La soglia del consentito è diventata troppo permeabile, e il risultato è che l’alcol si infila ovunque: nei parchi, nelle feste, nei cortili, nei termos con cui gli studenti fanno merenda in classe.
È tempo di reagire. Di fare rete. La battaglia contro l’abuso di alcol tra i giovani non è solo una questione di repressione, ma di prevenzione, ascolto, responsabilità condivisa. Servono scuole più attente, famiglie più presenti, servizi sociosanitari più accessibili, politiche pubbliche più coraggiose. Perché dietro ogni borraccia “truccata” c’è un ragazzo che ha bisogno di essere guardato, non giudicato. E perché ogni giorno che passa, quell’acqua che non è acqua potrebbe trasformarsi in una trappola per la vita.
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