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Pensioni, in arrivo aumenti minimi! Che stangata per i nuovi pensionati

Rivalutazione dello 0,8% per chi è già in pensione, ma chi andrà in quiescenza tra il 2025 e il 2026 sarà penalizzato dai nuovi coefficienti. Il futuro si fa incerto

Pensioni 2026

Pensioni 2026, aumenti minimi! Che stangata per i nuovi pensionati

Una manciata di euro in più per milioni di pensionati italiani. Ma anche una doccia fredda per chi sta per uscire dal mondo del lavoro. Il Documento di economia e finanza (Def), approvato il 9 aprile dal Consiglio dei Ministri, conferma la rivalutazione degli assegni previdenziali a partire dal 2026, con un adeguamento dello 0,8% sull'importo lordo, dovuto all’inflazione ancora persistente.

La misura, tuttavia, non sarà uguale per tutti. Come previsto dalla legge n. 448 del 1998, la rivalutazione avverrà in modo proporzionale al valore dell’assegno percepito. I pensionati che ricevono fino a quattro volte il minimo INPS (2.394,44 euro) otterranno il 100% dell’aumento: per una pensione da 2.000 euro significa circa 16 euro mensili in più. Chi percepisce tra 2.394,45 e 2.993,05 euro avrà solo il 90% dello 0,8%, mentre per gli assegni più alti, oltre i 2.993,05 euro, l’aumento si fermerà al 75%.

La piccola boccata d’ossigeno interesserà anche le pensioni minime e gli assegni assistenziali. Il trattamento minimo passerà da 598,61 a 604,60 euro, l’assegno sociale da 534,41 a 539,75 euro, e la pensione di invalidità civile da 333,33 a 336,66 euro mensili.

Pensioni. in aumento nel 2026

Ma se chi è già in pensione può sperare in un piccolo adeguamento, per i futuri pensionati si profila una penalizzazione concreta. Dal 2025 entreranno in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione, utilizzati per calcolare l’assegno nel sistema contributivo. Con l’aumento dell’aspettativa di vita, i coefficienti si abbassano e ridurranno automaticamente l’importo della pensione per chi andrà in quiescenza nel biennio 2025-2026.

Un paradosso tutto italiano: chi ha versato regolarmente i contributi per decenni rischia di ricevere meno proprio per aver lavorato più a lungo. E il problema, secondo molti esperti, è strutturale: senza correttivi, ogni aggiornamento demografico finirà per tagliare il reddito dei nuovi pensionati.

In questo scenario a doppia velocità, il divario tra chi è già pensionato e chi lo diventerà cresce sempre di più. I primi, pur con aumenti contenuti, beneficiano di una tutela parziale contro l’inflazione. I secondi vedono l’orizzonte previdenziale sempre più incerto, stretto tra i contributi versati e le regole contabili.

Una riflessione è urgente: non solo su quanto si percepisce oggi, ma su come verranno garantite le pensioni domani. Perché, al netto di ogni rivalutazione, il sistema rischia di diventare insostenibile proprio per chi vi entra adesso.

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