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Cronaca

Il giallo delle Spille d’Oro Olivetti rubate: colpo da 15 mila euro in una banca di Ivrea

Sottratte dal caveau le onorificenze custodite dall’associazione eporediese Spille d’Oro. “Un atto vile contro la memoria di chi ha fatto la storia dell’impresa”

Il giallo delle Spille d’Oro rubate: colpo da 15 mila euro in una banca di Ivrea

Il ladro...

Un colpo silenzioso, chirurgico, ma devastante dal punto di vista simbolico. La scorsa settimana, da un istituto bancario di Ivrea, ignoti hanno trafugato decine di Spille d’Oro Olivetti, custodite all’interno di un caveau in uso all’Associazione Spille d’Oro, che da anni si occupa di preservare la memoria e i valori dell’esperienza olivettiana. Il bottino, secondo una prima stima, si aggira intorno ai 15 mila euro. Ma a essere colpito, più che il patrimonio, è il cuore identitario di una comunità.

A scoprire l’ammanco sono stati i responsabili dell’associazione durante una verifica periodica. Il contenuto della cassetta di sicurezza era sparito: le spille d’oro – piccole, eleganti, preziose – erano svanite nel nulla. Nessun segno di effrazione, nessun allarme scattato. Solo un vuoto inspiegabile, inquietante. Un giallo in piena regola, su cui ora stanno indagando i carabinieri di Ivrea, sotto il coordinamento della Procura.

spilla d'oro

Le Spille d’Oro Olivetti non sono un bene qualsiasi. Sono il simbolo concreto di un modello di impresa unico al mondo, quello voluto da Adriano Olivetti: un’azienda in cui il lavoro era anche cultura, etica, partecipazione. La spilla veniva consegnata ai dipendenti che avevano raggiunto 25 anni di servizio, durante cerimonie ufficiali, con parole di riconoscenza, spesso accompagnate da lettere firmate dalla direzione. Un piccolo oggetto – in oro, personalizzato con nome e data – che racchiudeva un intero percorso umano e professionale.

“Non è solo un furto, è un sacrilegio” commentano con amarezza i membri dell’associazione.

“Chi ha sottratto quelle spille ha colpito la memoria di centinaia di lavoratori che hanno dedicato la vita all’impresa, all’etica del lavoro, a un’idea di comunità. Si trovavano in banca pronte all'uso di chi in tutto il mondo ci chiama perchè ha perso la sua o non la trova più e vuole tornare ad averne una ...”

L’Associazione Spille d’Oro, nata a Ivrea per iniziativa di ex dipendenti e dirigenti, conserva e custodisce centinaia di testimonianze legate alla storia dell’Olivetti, organizza eventi commemorativi e partecipa attivamente alla tutela del patrimonio olivettiano. 

Le forze dell’ordine non escludono alcuna ipotesi: potrebbe trattarsi di un furto mirato, magari compiuto da chi conosceva la natura del contenuto e le modalità di accesso al caveau. Oppure, più banalmente, chi ha utilizzato il caveau per l'ultima volta si è dimenticato di chiudere la cassetta. Ma resta il mistero: chi può avere interesse a impossessarsi di un bene così specifico, tracciabile e difficile da piazzare sul mercato?

Già in passato alcune spille erano apparse in rete, su siti di aste internazionali, suscitando indignazione tra ex dipendenti e appassionati di storia industriale. 

La notizia ha avuto un’eco immediata anche fuori dai confini cittadini. Alcuni ex dipendenti Olivetti, oggi residenti in altre regioni, hanno contattato l’associazione per offrire solidarietà e testimonianze.

“Per noi – dice un ex operaio in pensione – quella spilla era il riconoscimento più alto. Altro che bonus una tantum. Era la medaglia di chi ha lavorato una vita. Rubarla significa derubare tutti.”

L’episodio riporta in primo piano il valore immateriale ma potentissimo di certi simboli. La spilla d’oro, come il logo Olivetti o le architetture razionaliste di Ivrea, è una reliquia laica di un’utopia realizzata, di un’impresa che metteva l’uomo al centro. E che oggi rischia di essere ridotta a museo, se non si difende anche con i fatti e con la memoria attiva.

“Ci auguriamo che chi ha fatto questo gesto si renda conto del danno causato, e che le spille possano essere ritrovate. Noi non ci arrendiamo” conclude l’associazione. Intanto, proseguono le indagini e la città osserva, amareggiata, l'ennesimo giallo...

Il commento

Un caveau blindato. Un istituto bancario. Decine di spille d’oro Olivetti custodite con la premura che si riserva alle reliquie sacre. Poi, il nulla. Nessun allarme, nessuna serratura scassinata, nessuna telecamera accecata con la gomma da masticare. Solo il silenzio. E il vuoto. Il furto perfetto. Anzi, il furto più tragicamente italiano possibile: quello che ruba non solo un oggetto, ma un significato. E che lo fa in punta di piedi, lasciando l’eco di un gesto che più che un reato, sembra una profanazione.

Sì, perché le Spille d’Oro Olivetti non erano semplici medaglie, ma emblemi di un tempo in cui si poteva ancora credere che l’impresa fosse un progetto di civiltà e non un algoritmo su Excel. Erano piccole, eleganti, personalizzate. Date in dono a chi aveva dedicato 25 anni della propria vita alla res publica aziendale. Gente che oggi sarebbe liquidata con un QR code e una email di ringraziamento standard. Quella spilla era il massimo riconoscimento. Un premio alla tenacia, alla fedeltà, al sacrificio quotidiano. Parole oggi invise, se non bollate come “boomerismo tossico”.

Ma veniamo al fatto: le spille, custodite in una cassetta di sicurezza della banca eporediese, sono scomparse. Evaporate. Dissolte in una nebbia di mistero degna di Agatha Christie, se Agatha avesse mai ambientato i suoi romanzi in una banca piemontese durante un cambio di turno particolarmente distratto. Nessun segno di scasso, nessun allarme. Solo un inventario vuoto e lo sconcerto dei volontari dell’Associazione Spille d’Oro.

E dire che quelle spille, sul mercato, valgono poco. Il bottino stimato si aggira attorno ai 15 mila euro, roba da furto di biciclette elettriche, mica da colpo da caveau. Ma appunto, non è l’oro a valere.

È la storia, la memoria, il senso stesso di una comunità.

È colpire al cuore l’identità eporediese, quella che ancora si ostina a resistere tra un coworking e un convegno sulla rigenerazione urbana, in una città che sembra ogni giorno più decisa a dimenticare sé stessa per inseguire i nordafricani che bivaccano, spacciano e si azzuffano al Movicentro.

Ora i carabinieri indagano. Anche la Procura. Bravi tutti. Ma permetteteci di chiederci: com’è possibile che spariscano decine di spille d’oro da un caveau senza che nessuno veda, senta o registri nulla?

È stato un colpo dall’interno? Un errore gestionale mascherato da furto? Una distrazione? Magari qualcuno ha pensato che quelle spille fossero solo vecchiume da rifondere. Robaccia da fondere nel calderone del “passato glorioso, ma ormai superato”.

E se fosse il segno, più che di un crimine, di un disinteresse collettivo? Perché se una comunità non difende i suoi simboli, alla fine li perde. E quando li perde, in fondo, non se ne accorge neanche più.

Certo, ora si promettono controlli e appelli accorati. C’è chi si indigna, chi si commuove. 

Intanto, chi ha preso quelle spille – ammesso che sappia cosa ha fatto – si sarà già accorto che non valgono nulla nei banchi dei compro oro. Che non si rivendono facilmente. Che gridano vendetta anche se stanno zitte. Forse, le ha già gettate. O forse le ha nascoste in un cassetto, in attesa che il tempo cancelli ogni cosa. Ma a Ivrea, quella ferita resta. E non è tanto per l’oro, è per il vuoto che si è lasciato dietro.

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