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08 Aprile 2025 - 16:22
Tagli il nastro, ma i letti non ci sono. Sangue e urine viaggino con l'autista. Solo pernacchie!
Giornata importante, quella di martedì 8 aprile, per la sanità territoriale del Canavese. All’Ospedale di Ciriè sono stati infatti inaugurati quattro nuovi posti letto di terapia semintensiva e il nuovissimo sistema di alta automazione del Laboratorio Analisi.
All’evento hanno preso parte numerose autorità, tra cui l’Assessore Regionale alla Sanità Federico Riboldi, la Sindaca di Ciriè Loredana Devietti Goggia, il Direttore Generale dell’ASL TO4 Luigi Vercellino, gli Assessori regionali Gian Luca Vignale e Andrea Tronzano, il Sottosegretario alla Presidenza della Regione Claudia Porchietto, il Presidente del Consiglio Regionale Davide Nicco e il Consigliere Regionale Alberto Avetta, insieme a rappresentanti delle istituzioni sanitarie e amministrative locali.
“I nuovi posti letto di terapia semintensiva - si legge in un comunicato - collocati all’interno della Medicina Generale diretta dal dottor Emanuele Magro, sono pensati per assistere pazienti che necessitano di cure più complesse rispetto a quelle erogate nei reparti a media intensità, ma non così gravi da richiedere un ricovero in terapia intensiva. Una zona cuscinetto, fondamentale per evitare sovraccarichi nelle aree ad alta intensità e, al tempo stesso, per garantire maggiore tutela a chi si trova in condizioni cliniche instabili.”
La nuova unità, finanziata con risorse del piano Arcuri per un importo complessivo di circa 280 mila euro, si presenta come un open space dotato di quattro postazioni attrezzate, con una consolle centrale per l’osservazione e il monitoraggio costante dei pazienti. La dotazione tecnologica consente una sorveglianza clinica continua dei parametri vitali e permette la somministrazione di farmaci e terapie che richiedono un attento controllo. Si tratta di un innalzamento concreto della qualità dell’assistenza, che pone l’accento su sicurezza e tempestività.
«Con grande soddisfazione inauguriamo la nuova Area di Terapia Semintensiva della Medicina di Ciriè» – ha dichiarato il direttore generale Luigi Vercellino – «La rinnovata e potenziata dotazione tecnologica consentirà di elevare ulteriormente il livello delle prestazioni erogate, con un sensibile miglioramento dello standard operativo, e quindi della qualità e della sicurezza delle cure. Un sincero ringraziamento va a tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo progetto».
Accanto al potenziamento dell’area clinica, l’ospedale di Ciriè ha visto l’attivazione del nuovo sistema di automazione del Laboratorio Analisi, diretto dal dottor Antonio Alfano. Il nuovo sistema è in grado di gestire in autonomia una vasta gamma di esami, tra cui test ormonali, marcatori tumorali e cardiaci, provenienti da tutti i Centri Prelievo dell’ASL TO4. L’apparecchiatura, acquisita con un contratto di service dal valore annuo di circa 90 mila euro, unisce tecnologia avanzata e razionalizzazione delle risorse.
Secondo quanto precisato ancora da Vercellino, il sistema rappresenta una scelta strategica capace di assorbire un aumento dell’attività senza incrementi di personale, con una conseguente riduzione del numero di strumenti in uso e un notevole risparmio economico.
L’acquisizione delle nuove tecnologie ha consentito inoltre di riorganizzare l’intero comparto aziendale dei laboratori analisi. È stato infatti implementato un modello che, pur mantenendo attivi in tutte le sedi ospedaliere dell’ASL TO4 (Chivasso, Ciriè, Ivrea e Cuorgnè) i principali settori diagnostici, prevede una specializzazione delle sedi per gli esami non urgenti esterni. In questo assetto, Chivasso si occupa della diagnostica delle emoglobine, Ciriè concentra l’attività sulla biochimica clinica e immunometria, Ivrea assume un ruolo centrale per la sierologia, la virologia e la biologia molecolare, mentre Cuorgnè diventa punto di riferimento per il dosaggio dei farmaci e l’analisi delle droghe d’abuso.
Un modello organizzativo che punta a valorizzare le competenze di ogni sede, evitare continui spostamenti di personale e migliorare, in modo diretto, l’efficienza e la qualità del servizio. I cittadini continueranno ad accedere ai Centri Prelievo territoriali, ma potranno contare su prestazioni di laboratorio più efficaci e rapide grazie a questa rete interna specializzata.
A margine dell’inaugurazione, gli assessori regionali Riboldi, Vignale e Tronzano, insieme al Sottosegretario Claudia Porchietto, hanno commentato con soddisfazione: «Una sanità sempre più vicina ai cittadini, con servizi mirati e di qualità, per una cura e un’assistenza migliori. Oggi, con queste due inaugurazioni, andiamo proprio in questa direzione. Il nostro auspicio è che tutto il Piemonte continui a innovare in sanità, seguendo l’esempio virtuoso di Ciriè e dell’ASL TO4».
Tutto bene? Tutto chiaro? Beh, mica tanto. Perché stiamo parlando – non dimentichiamolo – del Piano Arcuri, che risale al 2020, anno in cui l’allora commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, avviò un’operazione straordinaria di potenziamento della sanità pubblica. Si trattava di interventi urgenti, da realizzare entro il 2022, con risorse stanziate dal governo attraverso il DL Rilancio (Decreto Legge 34/2020). Uno dei capisaldi era proprio il rafforzamento delle terapie intensive e semintensive, da attuare rapidamente per evitare il collasso del sistema sanitario in caso di nuove ondate pandemiche.
Nel caso dell’ASL TO4, il piano prevedeva 4,2 milioni di euro per portare i posti letto di terapia intensiva da 19 a 32: 10 in più a Chivasso, 2 a Ciriè, 1 a Ivrea. In aggiunta, si sarebbero dovuti allestire 18 letti di terapia semintensiva: sei per ciascuno dei tre presidi ospedalieri, metà dei quali riconvertibili all’occorrenza in letti di terapia intensiva.
E allora? Oggi si inaugurano quattro letti di semintensiva a Ciriè – benissimo – ma dei posti in intensiva non c’è traccia. Nel giugno 2023, a Ivrea, con 2 milioni di euro di investimento (di cui 1,1 milioni provenienti dal piano), sono stati attivati due posti di semintensiva e un solo letto di intensiva in più (portando il totale a otto). A Chivasso, invece, ci si è fermati a tre modesti letti di semintensiva, mentre il resto è rimasto nel cassetto delle promesse. Altro che 10 posti letto aggiuntivi. Più che un piano di riorganizzazione, quello che si vede oggi sembra un "pian dij babi".
E che fine hanno fatto, intanto, gli altri fondi? A Ciriè erano stati stanziati 2,5 milioni di euro per l’adeguamento degli impianti tecnologici, antincendio e per la sicurezza nei luoghi di lavoro. A Ivrea, 1,5 milioni per il rifacimento dei montanti elettrici. A Chivasso, la cifra record: 5 milioni e 928 mila euro per la ristrutturazione del vecchio ospedale, con un cronoprogramma che, sulla carta, si sarebbe dovuto completare entro il 2025.
E poi c’è il capitolo delle cosiddette “specializzazioni” delle sedi ospedaliere, sbandierate come strategia moderna ed efficiente, ma che nella pratica rischiano di trasformarsi nell’ennesima complicazione inutile. Chivasso si occupa della diagnostica delle emoglobine, Ciriè concentra l’attività sulla biochimica clinica e l’immunometria, Ivrea assume un ruolo centrale per la sierologia, la virologia e la biologia molecolare, mentre Cuorgnè diventa il punto di riferimento per i dosaggi dei farmaci e delle droghe d’abuso. Tutto molto ordinato sulla carta, certo. Ma nella realtà cosa significa?
Significa che si mette in moto l’ormai rodato “meccanismo delle provette”, con campioni di sangue e di urina che vengono caricati sulle auto e spediti da un ospedale all’altro, a seconda di dove risiede la “specializzazione”.
Ne consegue un allungamento dei tempi, una dispersione di risorse, un sistema paradossale in cui autisti percorrono ogni giorno in lungo e in largo le strade del Canavese, per far girare non i pazienti, ma le loro analisi. Un modello che non solo appare inefficiente, ma che è anche profondamente insensato, se vogliamo anche stupido o stupidissimo.
Invece di investire per potenziare ogni presidio, si preferisce accentrare, scomporre, complicare.
E a pagarne il prezzo, ancora una volta, sono i cittadini.
Tant’è. Come spesso accade, sarà il tempo a dire se il nuovo direttore generale Luigi Vercellino sarà davvero all’altezza dei compiti assunti oppure no. Per ora, di certo c’è solo questo: non c’è nulla da applaudire. Nessuna fanfara. Nessuna medaglia. Al massimo, qualche pernacchia. Perché dopo quattro anni, ci si aspetterebbe almeno di vedere ciò che è stato promesso. E invece, come sempre, ci si accontenta di tagliare nastri. E di dimenticare tutto il resto.
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