AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
04 Aprile 2025 - 12:14
via Guarnotta
“Ho paura. Ho tanta paura…”.
È una voce stanca, ferita, ma ancora viva. Una denuncia. Una delle tante che arrivano in redazione. Una voce che racconta molto più di sé stessa: racconta Ivrea. Racconta ciò che questa città è diventata.
Non è più solo un’impressione, non è un sentore. A Ivrea si ha paura vera, paura concreta. Una paura che non scende con la sera, ma resta addosso anche quando c’è il sole. È la paura di chi lavora, di chi vive, di chi resiste. Come fa ogni giorno Cinzia Di Caprio, 52 anni, ristoratrice. Da sette anni è titolare, insieme al marito Diego Mancin, dell’Osteria San Maurizio, in via Guarnotta. Cucina accoglienza nel cuore di una città che, però, oggi ha il volto segnato dall’abbandono.
E la sua voce è un grido soffocato, ma potente. Non ha bisogno di urlare. Le basta raccontare per far capire che qui, la paura è diventata una compagna di vita quotidiana.
“Le forze dell’ordine si concentrano su Movicentro e sull’ex stazione”, spiega. “Ma ormai tutta la città è insicura. Ovunque ti giri, ti senti osservato. Circondato. Minacciato”.
Non è rabbia. È amarezza. È rassegnazione. È l’ennesimo pezzo di una città che si spegne.
Via Guarnotta, una volta angolo tranquillo del centro, è diventata terra di nessuno. Una zona franca, senza legge, dove un gruppo di giovani – i cosiddetti maranza – si muove tra l’argine della Dora, le antiche mura romane e il parcheggio di via Aldisio.
“È lì che spacciano”, racconta. “È lì che entrano nei nostri magazzini. Negli spogliatoi. Rompono lucchetti, spezzano catene. Non hanno paura di niente. Agiscono con sicurezza. Come se tutto fosse loro”.
E intanto Ivrea si chiude in casa.
“In questa via vivono tanti anziani. Ma ogni sera è un salto nel buio. Se qualcuno ha parcheggiato in via Aldisio, lo accompagniamo a prendere l’auto. Da soli non si va più. Loro sono in tre. Io sono sola. Loro hanno vent’anni. Io ne ho molti di più. Non è una bella situazione”.
Parole semplici. Ma ogni frase è un colpo.
Perché quello che racconta Cinzia non è più tollerabile.
Il degrado non è più un’ombra. È diventato un’abitudine. Un inquilino fisso.
E ancora non basta. Perché anche a casa sua, in via Miniere, la situazione è fuori controllo.
“L’ex RSA è occupata abusivamente, presumibilmente da stranieri, forse pakistani”, racconta. “Il parcheggio davanti all’edificio è un bivacco fisso. Plastica, rifiuti, immondizia ovunque. La notte si accendono le luci. Si sente parlare. Si capisce benissimo che lì dentro qualcuno vive. E io ci abito proprio accanto”.
“La mia auto me l’hanno aperta più volte. Presenterò una denuncia, ma a cosa serve? Ieri mattina me li sono trovati in faccia. Con il cappuccio in testa. Lo sguardo fisso. Uno sguardo di sfida. Ti fissano. Non abbassano gli occhi. Non è una bella situazione. Né all’osteria, né a casa. Da una parte i maranza, dall’altra gli occupanti dell’ex RSA. In mezzo ci siamo noi. E siamo stanchi”.
È così che Ivrea si sta spegnendo. Un po’ ogni giorno.
La città dell’utopia olivettiana oggi sembra una periferia dimenticata.
E quella di Cinzia non è un’eccezione.
Qualche mese fa, al Borghetto, il compagno di una dipendente della Duja d’Or è stato accoltellato mentre andava a prenderla dopo il turno. È finito in ospedale. Anche lì, tutto era già stato segnalato. Anche lì, la risposta è arrivata tardi.
Tony Cuomo, dell’Aquila Nera di corso Nigra, non dorme più tranquillo. Gli hanno rubato il furgone due volte dal cortile interno del ristorante. “Non so più cosa fare”, ci ha detto. E lo ha detto con lo sguardo di chi ha esaurito la forza.
E poi c’è Adriano Vaglio, titolare dello storico buffet della stazione. Da mesi minaccia la chiusura. “Non ce la faccio più”, ripete. Ora tira un sospiro di sollievo solo perché i carabinieri stazionano fissi davanti al suo locale. Ma per quanto ancora?
Intanto la città prova a reagire. Nelle scorse settimane sono nati due comitati spontanei. Il primo è formato da mamme che chiedono giustizia per i propri figli, malmenati e aggrediti. Il secondo è un gruppo di commercianti esasperati, quelli che hanno raccolto duemila firme in pochi giorni per chiedere più sicurezza, più controlli, più presenza. Duemila firme, duemila voci. Eppure, ancora nessuna risposta concreta.
Chi lavora a Ivrea non chiede miracoli. Non pretende blindati o sirene.
Chiede solo di poter lavorare, tornare a casa senza paura, trovare la propria auto dove l’ha lasciata. Non doversi girare ogni notte per sentire se qualcuno è dietro.
Cinzia Di Caprio non alza la voce. Non si lamenta. Resiste.
Ma quella resistenza, a 52 anni, inizia a pesare come un macigno.
E quando la sera abbassa la serranda dell’osteria e si incammina verso casa, il cuore è stretto. Lo sguardo basso. Il passo veloce.
Perché a Ivrea, oggi, il buio fa più paura delle parole.
Più dei numeri.
Più di ogni statistica.
"Qualcuno ci ascolti..." ci dice. E la telefonata termina qui...
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.