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27 Marzo 2025 - 22:34
Tony Cuomo
Degrado. Spaccio. Lanci di cubetti di porfido. Risse.
In corso Nigra non è più sera: è notte fonda. E non solo perché il sole tramonta. È il buio della paura, dell’abbandono, del disinteresse. È il silenzio assordante delle istituzioni. È la resa di una città che da settimane, anzi mesi, è sotto assedio. Un assedio vero, quotidiano, sfacciato, dove i cittadini contano i minuti e le forze dell’ordine presidiano giorno e notte, in una delle arterie storiche di Ivrea trasformata in un campo di battaglia urbano occupato dai "maranza".
A dirigere le operazioni è il Capitano Manuel Grasso, comandante della Compagnia dei Carabinieri di Ivrea. La sua è una scelta netta, definitiva: non cedere un metro. I militari sono in strada h24. Identificano, segnalano, allontanano, accompagnano in caserma. Ma il copione si ripete. Sempre gli stessi volti. Sempre gli stessi ragazzi. Giovanissimi, perlopiù di origine tunisina, alcuni residenti a Torino, altri provenienti dai centri di accoglienza dell’Eporediese. Ragazzi che non hanno paura di nulla, che non rispondono a nessuno. Ragazzi che hanno trasformato corso Nigra in un far west, proprio davanti alla stazione ferroviaria. Ragazzi che si muovono in gruppo, che occupano, urlano, si sfidano, litigano, s'azzuffano, importunano le ragazzine, s'accoltellano.
“Prima o poi si stuferanno”, commenta il comandante Grasso. Ma chi si è stufato davvero sono gli eporediesi. I lavoratori. I commercianti. I cittadini esasperati. E tra loro c’è chi da troppo tempo lancia grida d’allarme cadute nel vuoto.
Come Adriano Vaglio, titolare del Buffet della stazione, che da mesi ripete la stessa frase: “Voglio chiudere. Basta. I miei dipendenti hanno paura”. Paura a lavorare. Paura a tornare a casa. Paura dei ragazzi malintenzionati che entrano nel locale. “Era ora che si vedessero un po’ di divise”, dice. Ma la misura è colma.
E poi c’è Tony Cuomo. L’uomo dell’Aquila Nera. L’uomo che questa città non la rappresenta soltanto: la incarna.
Cuomo è ristoratore, albergatore, imprenditore, benefattore. Anche lui lavora in corso Nigra, al civico 56 per l'esattezza. Ma è anche consigliere comunale. Più volte eletto, punto di riferimento della città, sempre presente, mai banale, mai assente. Uno che la politica non l’ha fatta per carriera o tornaconto, ma per restituire a Ivrea ciò che Ivrea gli ha dato. O, almeno, ciò che Ivrea gli aveva dato. Perché oggi Tony è stanco, deluso, tradito.
“Dopo le 22 abbiamo paura. I dipendenti hanno paura”, confessa con voce bassa. Ma dietro quella frase si nasconde un urlo. Tony ha 28 dipendenti. Una squadra. Una famiglia. Un’impresa che da 53 anni non ha mai chiuso, nemmeno nei momenti più difficili.
Una foto d'archivio di qualche anno fa...
E ora, in due mesi, due furti. Due volte gli hanno rubato il furgone per le consegne. La prima volta ritrovato a Pavone, la seconda a Torino. Con danni per 1500 euro. E poi l’auto rigata. Le fioriere distrutte. Gesti codardi, vigliacchi, ma continui. Che logorano, minano la fiducia, erodono la voglia di resistere. “Stiamo pensando di chiudere la sera. Di lavorare solo a pranzo. Dovevamo assumere due persone, ma ora ci stiamo fermando. Pensiamo alla sicurezza, alla salute. Mi dispiace, ma prenderemo decisioni dolorose”.
Decisioni che pesano come macigni, perché a dirle è Tony Cuomo, uno che non si è mai lamentato. Un uomo che ha costruito la sua fortuna da solo, partendo dal basso. Un uomo che nel 1971, diretto in Germania in cerca di lavoro, si fermò per caso a Ivrea a causa di uno sciopero dei treni. Se ne innamorò e invece di ripartire, restò. Lavorò alla pizzeria La Lucciola. E nel 1972 rilevò l’Aquila Nera dalla famiglia Danzero, allora conosciuta come “da Rico”. Da lì iniziò una storia che ha attraversato mezzo secolo.
Una storia fatta di cucina, accoglienza, sacrificio. Ma anche di beneficenza, cultura, arte, sport. Ha presieduto l’Ivrea Calcio. Ha donato un’ambulanza alla Croce Rossa, ha sostenuto l’Auser per l’acquisto di un mezzo per disabili. Ha finanziato eventi, iniziative culturali, realtà sportive. Ha regalato Ivrea ai turisti, ai vip, ai pellegrini. Nel 2018 ha commissionato un murale sulla Via Francigena, in omaggio ai camminatori. Ha promosso eventi memorabili, come la Zuppa di pesce da record, distribuita gratuitamente a centinaia di persone.
E poi ci sono loro, le presenze illustri, quelli che "vai da Tony che è sempre aperto...!".
Patty Pravo, Bettino Craxi, Michele Placido, Luca Zingaretti, Katia Ricciarelli, Orietta Berti, Vittorio Sgarbi, Loretta Goggi, Miss Universo, Gianni Rivera, Emanuele Filiberto di Savoia, Gianluigi Mariannini, Beppe Grillo. Tutti passati da Tony. Tutti accolti nella sua sala, con discrezione e calore.
Ma Tony non è solo “quello del ristorante”. È anche l’uomo delle ristrutturazioni, delle camere rinnovate, dei 220 coperti prima del Covid, dei 24 collaboratori affiancati dai membri della sua famiglia: la moglie Amalia, le figlie Lucia e Antonietta, il genero Marco Bianchi – il cantautore Cosmo.
Ed è anche consigliere comunale in carica, voce critica, onesta, lucida. Uno che non ha mai fatto sconti a nessuno, nemmeno alla sua parte politica. Uno che ha sempre lavorato per tenere viva l’anima di Ivrea. Quella vera. Quella popolare. Quella concreta.
E ora? Ora Tony non ce la fa più. Ivrea lo ha lasciato solo. “Mi spiace, ma prenderemo delle decisioni. Ci vogliono più vigili. Ci vuole più illuminazione. Ci vogliono più telecamere...”, ripete.
E se l’Aquila Nera chiude le sue ali, se davvero la sera diventerà un orario proibito, Ivrea dovrà guardarsi allo specchio e chiedersi dove ha sbagliato.
Perché se chiude l’Aquila Nera, non chiude solo un locale. Chiude una storia. Un’identità. Un futuro.
Chi ha ancora il coraggio di dire che non c’è emergenza?
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