Cerca

Attualità

Torino-Ceres chiusa per tre mesi: pendolari umiliati da cantieri infiniti

Dal 16 giugno al 7 settembre la linea va in pausa per lavori. Conticelli e Valle (PD) all’attacco: “Una vergogna senza fine. Regione e RFI ignorano i cittadini”

Torino-Ceres chiusa per tre mesi: pendolari umiliati da cantieri infiniti

Un treno lungo i binaria a Mathi

Un’altra estate, un’altra chiusura. E l’ennesima umiliazione per i pendolari piemontesi che da anni subiscono sulla pelle le conseguenze di una linea ferroviaria trasformata in un cantiere permanente. Dal 16 giugno al 7 settembre 2025, per ben 83 giorni, la Torino-Ceres verrà sospesa completamente per nuovi lavori che, con buona pace degli slogan sulla “mobilità sostenibile”, si preannunciano come l’ennesimo capitolo del romanzo infinito dell’inefficienza.

A denunciare il caso, con toni che lasciano poco spazio ai fraintendimenti, sono Nadia Conticelli, vicepresidente della Commissione Trasporti in Regione, e il consigliere Daniele Valle, entrambi del Partito Democratico: “Una chiusura inaccettabile, senza alcun rispetto per chi utilizza quotidianamente questa linea per lavoro, studio o necessità”.

Secondo RFI – Rete Ferroviaria Italiana – l’interruzione è necessaria per la “banalizzazione della linea” e per la costruzione dei nuovi marciapiedi alla stazione di Venaria, nell’ambito del più ampio piano di potenziamento del nodo ferroviario di Torino finanziato con fondi PNRR. Ma, come spesso accade, tra la retorica dei comunicati stampa e la vita vera dei viaggiatori c’è un abisso fatto di attese, bus sostitutivi e coincidenze impossibili.

E qui sta il punto. “Comprendiamo la necessità dei lavori – dichiarano Conticelli e Valle – ma non è più tollerabile che si continui a ignorare l’impatto reale sui cittadini. La Torino-Ceres è da anni un laboratorio di promesse tradite. Adesso basta”.

A rincarare la dose è il Movimento 5 Stelle, con i consiglieri regionali Alberto Unia e Sarah Disabato, che parlano di “Valli di Lanzo penalizzate” e attaccano la Regione per l’ennesimo ritardo: “Ci era stato promesso un rilancio, abbiamo avuto solo interruzioni, tagli e disservizi. Altro che mobilità sostenibile”.

Il paradosso è che appena un anno fa, con tanto di forbici e nastro tricolore, il presidente Alberto Cirio celebrava il ripristino del collegamento con l’aeroporto di Caselle. Un’“ambiziosa opera” che avrebbe dovuto cambiare volto alla linea. Invece sono arrivati ritardi cronici, soppressioni improvvise, carrozze affollate. E adesso, una nuova serrata estiva che rischia di isolare del tutto le Valli, soprattutto se – come temono i residenti – anche la galleria del Monte Basso sulla SP1 non riaprirà in tempo.

“Ci auguriamo almeno – aggiungono Unia e Disabato – che il servizio sostitutivo arrivi fino a Ceres. In passato gli autobus si sono fermati a Ciriè o Germagnano, lasciando interi paesi a piedi”.

A difendere l’operato dell’esecutivo regionale ci pensa l’assessore ai Trasporti Marco Gabusi, che risponde alle critiche sottolineando che “i lavori sono stati concentrati in estate proprio per ridurre i disagi a pendolari e studenti. Stiamo portando a termine un’opera complessa che abbiamo ereditato in condizioni disastrose”. Gabusi ha annunciato per il 3 aprile una riunione con sindaci, tecnici RFI e Trenitalia, nella speranza di placare i malumori crescenti.

Ma sul campo resta la realtà: 83 giorni senza treni, con l’unica alternativa rappresentata da navette su gomma. Un déjà-vu che i pendolari conoscono fin troppo bene. “Si organizzino meglio, perché così non si può più andare avanti”, attaccano ancora Conticelli e Valle. E il tono è quello di un ultimatum, più che di un appello.

Nel frattempo, la riapertura completa fino a Ceres, inizialmente promessa per il 2024, è già slittata al 2026, e anche questa data – va detto – non ha nulla di certo. Come nulla di certo hanno avuto in questi anni i passeggeri di una linea che, invece di unire, divide e abbandona.

“Si organizzino meglio, perché così non si può più andare avanti” concludono Conticelli e Valle. Un appello che è anche un ultimatum. Perché se questa è l’idea di modernizzazione, c’è poco da stare sereni.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori