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01 Aprile 2025 - 18:10
Il consigliere regionale Alberto Avetta e l'assessore regionale alla sanità Federico Riboldi
Tutto bene, tutto sotto controllo, tutto in linea, tutto a gonfie vele. Almeno secondo Federico Riboldi, assessore regionale alla Sanità, che davanti alla Commissione presieduta da Luigi Icardi ha sfoderato un entusiasmo a dir poco contagioso sull’avanzamento delle opere previste dal PNRR per la sanità territoriale in Piemonte. Ottimismo a palate, numeri snocciolati con sicurezza, percentuali che sembrano prese da un depliant pubblicitario più che da un report tecnico.
Peccato che, fuori da Palazzo Lascaris – e soprattutto lontano dai radar del centro città – ci siano aree come il Canavese, dove la situazione è tutt’altro che “in linea”. Anzi, a guardarla da vicino, è proprio nel Canavese che la facciata ottimistica crolla e lascia intravedere il solito schema: promesse in pompa magna da una parte, cantieri fermi e cittadini delusi dall’altra.
Secondo quanto riferito da Riboldi, su 92 case di comunità previste in Piemonte, tre sono già concluse (a Rivoli, Arona e Trecate), 61 interventi risultano avviati, 21 non ancora partiti, e in 12 casi si registrano ritardi.
Ritardi che – manco a dirlo – vengono attribuiti a cause esterne, al meteo, al "nonno in carriola", alla "zia nana" eccetera...: “motivi diversi, tra cui le osservazioni della Soprintendenza per le strutture di oltre 70 anni”, ha spiegato l’assessore.
Insomma, la colpa è dei vincoli, dei palazzi storici, delle burocrazie, mai della gestione.
Analogo copione per gli ospedali di comunità: 30 interventi previsti, 27 con fondi PNRR, 19 avviati, 8 ancora in attesa e – guarda un po’ – 8 con criticità. Ma anche qui tutto sembra sotto controllo, almeno sulla carta. Le Centrali Operative Territoriali (COT)? Praticamente perfette: “100% di progettazione definitiva e 98% di contratti firmati”, assicura Riboldi.
“Per ottenere il 100% dei finanziamenti è sufficiente concludere il 75% delle opere e su questo siamo in linea”, ha ribadito l’assessore, minimizzando i problemi e rifiutandosi di puntare il dito contro i manager locali.
“Ci vuole buonsenso”, ha detto, come se fosse una questione di filosofia e non di cantieri fermi.
Ma basta spostarsi in Canavese per rendersi conto che il clima da conferenza stampa svanisce.
Qui, secondo quanto denunciato dal consigliere regionale del Pd Alberto Avetta, la situazione è “preoccupante”. Su 9 interventi previsti per l’ASL TO4, ben 5 sono in ritardo, non rientrano cioè in quel "75%" di cui va fiero l'assessore.
Un dato che da solo dovrebbe bastare a mandare in tilt qualunque ottimismo.
“Ho espresso le mie perplessità in Commissione – ha detto Avetta – ma non ho ricevuto risposte convincenti. Per Caluso e Leinì, ad esempio, i contratti non sono neanche stati firmati. Come possiamo pensare che le strutture siano pronte entro giugno 2026?”.
Il caso di Ivrea è emblematico: la fine lavori è prevista per agosto 2026, cioè due mesi oltre la fatidica scadenza PNRR. Nessuna spiegazione, nessun approfondimento, solo un altro cartello “Lavori in corso”.
A Castellamonte, la scoperta dell’amianto ha spostato la data a novembre 2026.
"Ma davvero nessuno sapeva che quell’edificio conteneva amianto? O è solo l’ennesima scusa buona per perdere tempo?".
Ah già, giusto, fuori dai radar anche Crescentino...
E mentre Avetta chiede trasparenza, alle sue preoccupazioni si aggiunge la voce della capogruppo regionale M5S Sarah Disabato: “Il rilancio della sanità pubblica – ha sottolineato – passa dal potenziamento della sanità territoriale. Ma in troppe aree il PNRR rischia di rimanere lettera morta”. Per Disabato, i ritardi nell’ASL TO4 non sono un’eccezione ma la cartina di tornasole di un malfunzionamento sistemico. E anche nell’ASL TO3, in particolare a Venaria, si registrano rallentamenti gravi.
“Il problema riguarda tutta la Regione – ha ribadito – e servirebbe uno sforzo straordinario per portare a termine gli investimenti resi possibili dai fondi del PNRR, intercettati a suo tempo dal Governo Conte”. Una precisazione non da poco, dato che spesso i meriti vengono spacciati come locali, mentre le risorse sono nazionali (e, va detto, anche europee).
E qui sorge spontanea la domanda: dove sarà il presidente Alberto Cirio quando – tra un selfie e un’inaugurazione – si scoprirà che metà Canavese è rimasto con le strutture sanitarie a metà o mai partite?
Sarà ancora intento a tagliare nastri nel Torinese o nel Novarese, o finalmente affronterà la realtà dei fatti, assumendosi le sue responsabilità politiche?
Oppure, come da copione, fingerà sorpresa e punterà il dito contro la Soprintendenza, l’amianto, i tecnici locali e i criteri “ingessati” del PNRR?
Nel frattempo, i cittadini dell'Asl To4 aspettano. Aspettano strutture promesse da anni, con cartelloni trionfali affissi fuori da edifici ancora deserti, buoni solo per farsi i selfie. Aspettano risposte che non arrivano, medici che non ci sono, e assistenza che dovrebbe essere garantita da una sanità pubblica che invece, proprio qui, sembra diventare un miraggio amministrativo.
Perché se il PNRR sanitario doveva rappresentare la svolta, il punto di ripartenza per i territori, in Canavese rischia di diventare l’ennesima occasione mancata. Più promesse che cure, più annunci che servizi, più ottimismo da conferenza stampa che realtà nei corridoi dei distretti sanitari.
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