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24 Marzo 2025 - 09:46
Carne coltivata: innovazione o minaccia? L’Italia dice no, ma il mondo va avanti
Mentre in varie parti del mondo si accelera sulla sperimentazione e produzione di carne coltivata in laboratorio, l’Italia sceglie una strada opposta. Il nostro Paese, unico in Europa, ha approvato a novembre 2023 una legge che vieta la produzione e la commercializzazione di carne sintetica e altri alimenti creati da colture cellulari animali. Una mossa che ha suscitato forti polemiche, sia in ambito scientifico che politico.
Il governo ha giustificato il provvedimento con la necessità di proteggere la tradizione agroalimentare italiana e di tutelare la salute pubblica. Coldiretti, una delle principali voci a favore del divieto, ha portato in piazza decine di migliaia di agricoltori, sostenendo che il 74% degli italiani è contrario al consumo di carne sintetica. Ma la comunità scientifica non è rimasta a guardare: con una lettera aperta a ministri e istituzioni, numerosi ricercatori hanno contestato il fondamento del divieto, definendolo privo di basi scientifiche e figlio di una visione miope dell’innovazione alimentare. Secondo gli scienziati, ostacolare la ricerca e lo sviluppo della carne coltivata rischia di far perdere all’Italia competitività e know-how in un settore destinato a crescere a livello globale.
La carne coltivata è prodotta a partire da cellule animali prelevate da un animale vivo, coltivate in bioreattori e nutrite con sostanze nutrienti per riprodurre i tessuti muscolari. Il processo permette di ottenere carne vera, senza bisogno di allevamento e macellazione. I vantaggi, secondo i sostenitori, sono molti: riduzione delle emissioni di gas serra, minore consumo di acqua e suolo, assenza di antibiotici e sofferenza animale. Ma non mancano i dubbi. Un rapporto congiunto della FAO e dell’OMS ha identificato 53 potenziali rischi legati alla carne sintetica, tra cui la presenza di allergeni, contaminanti chimici, metalli pesanti e rischi legati alla produzione industriale in bioreattori.
Tuttavia, lo stesso rapporto sottolinea che questi pericoli sono potenziali e richiedono semplicemente una regolamentazione attenta, non un divieto. A livello europeo, la carne sintetica rientra nella categoria dei “novel food” e deve essere autorizzata dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) prima di essere immessa sul mercato. Al momento nessun prodotto del genere è stato approvato in Europa, ma il dibattito è acceso e i tempi non sembrano lontani. Nel frattempo, Regno Unito, Stati Uniti, Singapore e Israele stanno già autorizzando test e vendite, e alcune start-up sono pronte a immettere sul mercato i primi hamburger di carne coltivata.
In Italia, progetti come Bruno Cell cercano di non perdere il treno dell’innovazione, ma operano all’interno di un quadro legislativo fortemente restrittivo. Sul piano etico, il tema divide. Da un lato, produrre carne senza uccidere animali potrebbe rappresentare un’enorme svolta nel rispetto del benessere animale. Dall’altro, la necessità di utilizzare in alcuni casi siero fetale bovino – estratto da feti uccisi – solleva interrogativi morali anche tra chi è favorevole. Inoltre, associazioni come Slow Food mettono in guardia dai rischi di una "tecnologizzazione" del cibo, che potrebbe allontanare le persone dai territori, dalla stagionalità e dalle filiere corte.
In questo contesto polarizzato, la domanda che aleggia è: l’Italia resterà ancorata alla difesa della tradizione o sarà pronta, un domani, a rivedere la sua posizione? Se l’EFSA dovesse dare l’ok a un prodotto europeo, il nostro Paese potrebbe trovarsi nella difficile situazione di vietare la vendita di un alimento approvato dall’Unione. E questo aprirebbe non solo un fronte scientifico, ma anche giuridico e commerciale. La carne sintetica, insomma, non è solo una questione di gusto o di laboratorio, ma un banco di prova per capire che idea di futuro abbiamo nel piatto.
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