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Strage nelle carceri: aumentano i suicidi e la violenza è ormai fuori controllo

Carceri italiane al collasso: suicidi record e violenze in aumento, il sistema penitenziario è al limite

Strage nelle carceri

Strage nelle carceri: aumentano i suicidi e la violenza è ormai fuori controllo

L’emergenza nelle carceri italiane ha raggiunto livelli mai visti prima, con 18 suicidi in soli due mesi e mezzo, un numero che segna un record negativo e supera persino il drammatico bilancio dello scorso anno, quando si registrarono 90 casi in dodici mesi. L’ultimo detenuto a togliersi la vita è un 69enne senegalese nel carcere di Verona, portando a quattro i suicidi avvenuti in appena tre giorni. A questi si aggiungono le morti ancora da chiarire di un 35enne marocchino a Bologna e di un 50enne di origine africana a Poggioreale-Napoli. Su 66 decessi registrati nei penitenziari italiani, ben 47 sono classificati come avvenuti per “altre cause”, numeri che dipingono un quadro di assoluta criticità.

Secondo il Sindacato della Polizia Penitenziaria (Spp), la situazione è fuori controllo e ad aggravare il bilancio c’è il costante aumento delle aggressioni agli agenti, con una media di 30 episodi alla settimana. A questo si aggiunge la diffusione di cellulari illegali all’interno delle celle, con circa 20 dispositivi sequestrati ogni settimana, segnale evidente di una gestione penitenziaria ormai compromessa.

Il segretario generale dello Spp, Aldo Di Giacomo, sottolinea che i detenuti che si tolgono la vita sono sempre più giovani e con un disagio psichico crescente, spesso persone che non dovrebbero trovarsi dietro le sbarre ma essere seguite con programmi di supporto psicologico e sociale. La maggioranza dei suicidi riguarda detenuti stranieri, in particolare nordafricani, che spesso si trovano in una condizione di isolamento linguistico e culturale. La mancanza di psicologi, psichiatri, mediatori culturali e interpreti nelle strutture penitenziarie contribuisce ad aggravare un clima già insostenibile, privando chi è in carcere di strumenti fondamentali per affrontare la detenzione.

Di Giacomo denuncia l’incapacità dello Stato di garantire la sicurezza e la dignità delle persone affidate alla sua custodia, così come di tutelare il personale penitenziario esposto quotidianamente a violenze e tensioni. Per il sindacalista è necessario un piano di riforme che preveda misure alternative alla detenzione, capaci non solo di ridurre il rischio di reiterazione del reato, ma anche di favorire un vero reinserimento sociale. Il carcere, secondo la Costituzione italiana, non dovrebbe essere solo punitivo, ma un luogo di rieducazione. Per realizzare questo obiettivo servono risorse economiche adeguate, un impegno concreto dell’amministrazione penitenziaria e la collaborazione degli enti locali, perché senza strumenti concreti ogni tentativo di cambiamento resterà solo sulla carta.

Oltre ai numeri spaventosi sui suicidi, resta il tema irrisolto del disagio mentale nei penitenziari, una questione che lo Stato continua a ignorare. Non si può pensare di affrontare l’emergenza carceraria senza considerare la fragilità psicologica di chi vive la detenzione, spesso in condizioni disumane e senza un sostegno adeguato. I numeri parlano chiaro: se il carcere non diventa un luogo di recupero e reintegrazione, si trasforma solo in una fabbrica di disperazione e morte.

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