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Il vino come le sigarette? L’UE impone etichette shock sulle bottiglie

L'Unione Europea vuole trasformare il vino in un nemico della salute, ignorando secoli di tradizione, cultura ed economia. Coldiretti insorge contro l’ennesima follia burocratica

Il vino nuoce alla salute

Il vino nuoce alla salute

L’Unione Europea, nella sua missione per il benessere dell’umanità, ha deciso che il vino – quel nettare che ha plasmato la cultura mediterranea per millenni – va criminalizzato. E poco importa se stiamo parlando di un settore strategico, di un prodotto che è storia, territorio e identità: secondo Bruxelles, il vino deve portare etichette degne di un veleno.

Le nuove direttive prevedono scritte allarmistiche sulle bottiglie, nel tentativo di scoraggiare il consumo. In pratica, il vino farebbe male come le sigarette, se non peggio. E mentre la Commissione Europea si perde in questa crociata salutista, altre questioni ben più urgenti – dalla qualità del cibo industriale all’origine dei prodotti – rimangono comodamente nel dimenticatoio. Il vino, invece, diventa improvvisamente il nemico numero uno della salute pubblica.

Anche Coldiretti Torino non ci sta e si prepara alla mobilitazione. Il presidente Bruno Mecca Cici non usa mezzi termini: «L’imposizione di scritte allarmistiche sulle etichette dei vini, compresi quelli canavesani, non avrebbe nessun effetto educativo verso i consumatori, in particolare i giovani. Il vino è un alimento che è soprattutto cultura, territorio, tradizione e innovazione. Respingiamo queste pulsioni proibizionistiche che vorrebbero cancellare millenni di storia.»

vino

Ed ecco che la battaglia si sposta nel Canavese, terra di viticoltura eroica, con i suoi vigneti storici e i celebri Erbaluce di Caluso e Carema DOC. Qui il vino non è solo un prodotto da scaffale, ma un pezzo di identità collettiva. Vigneti coltivati su terrazzi secolari, cantine naturali nei Balmetti di Borgofranco d’Ivrea, un patrimonio che Bruxelles vorrebbe liquidare con un messaggio terroristico stampato sull’etichetta.

Ma attenzione, perché l’Europa non sta dichiarando guerra solo al vino canavesano, bensì a tutto il settore vinicolo. Che si tratti di un Brunello di Montalcino, di un Barolo o di un semplice Chianti, per i burocrati della salute pubblica un bicchiere è già un rischio da evitare. E poco importa se le bottiglie di superalcolici o le bevande iperzuccherate restano indisturbate sugli scaffali dei supermercati.

Coldiretti denuncia un paradosso evidente: l’Europa boccia il vino ma tace sul Nutriscore, l’etichetta nutrizionale che promuove alimenti ultraprocessati a discapito dei prodotti naturali. Un panetto di burro o un Parmigiano Reggiano ricevono bollini negativi, mentre certi snack confezionati passano per scelte salutari. Insomma, un’Unione Europea sempre più confusa sul concetto di benessere alimentare.

E non è solo una questione di consumo: il vino rappresenta un settore economico trainante per molte regioni italiane. Nel solo Piemonte, la filiera vitivinicola conta migliaia di produttori, decine di migliaia di lavoratori e genera un indotto turistico fondamentale. I visitatori affollano le colline piemontesi per degustare vini pregiati, visitare cantine e scoprire i segreti della vinificazione. Ma se il vino diventa il nuovo nemico pubblico, cosa ne sarà di questo patrimonio?

Mentre a Bruxelles si discute di nuovi avvisi sanitari e possibili tassazioni, Coldiretti mette le cose in chiaro: il vino è cultura, è economia, è turismo. Un’industria che genera miliardi di euro e impiega centinaia di migliaia di persone in tutta Italia. Se l’Europa vuole davvero educare a uno stile di vita sano, forse dovrebbe partire dalla consapevolezza e dall’educazione al consumo, non dal proibizionismo cieco.

La questione delle etichette allarmistiche è solo l’ultimo capitolo di un’Unione Europea che sembra sempre più distante dalle realtà locali. Chi stabilisce queste regole sa cosa significhi per un piccolo produttore vinicolo dover affrontare nuove barriere burocratiche? Ha mai visitato un vigneto, ha mai parlato con chi lavora la terra e tramanda conoscenze da generazioni? O, più semplicemente, ha mai degustato un bicchiere di buon vino?

Perché se c’è un valore che il vino insegna è quello della moderazione. Il problema non è il consumo consapevole di un prodotto millenario, ma l’abuso, come per qualsiasi altro alimento. Demonizzare il vino senza affrontare il problema più ampio dell’educazione al consumo è una mossa miope e dannosa.

La battaglia è aperta, e i produttori di vino non intendono arrendersi. Se la Commissione Europea pensa di convincere gli italiani a rinunciare al loro bicchiere di rosso a tavola, probabilmente ha sottovalutato la forza di una tradizione millenaria. E mentre Bruxelles redige nuovi regolamenti, in Italia si continuerà a brindare, nonostante tutto.

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