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10 Febbraio 2025 - 12:53
"Scimmia di m..." vergogna nell'Under 14: insulti razzisti a un giovane calciatore nel biellese
Il calcio dovrebbe essere un momento di crescita, di amicizia, di sana competizione. E invece, ancora una volta, siamo costretti a raccontare una storia che con lo sport non ha nulla a che vedere. Durante una partita del campionato provinciale under 14 tra Saint-Vincent Châtillon e Ponderano, nel biellese, un giovane giocatore è stato pesantemente insultato da alcuni genitori sugli spalti. "Scimmia di m...", un’offesa ignobile, rivolta a un ragazzino di appena 13 anni, che dimostra quanto il razzismo sia ancora radicato e insidioso.
La denuncia è arrivata immediatamente dalla società valdostana ASD Saint-Vincent Châtillon, che ha espresso tutta la propria indignazione attraverso un comunicato pubblico. "Un episodio inaccettabile, che offende non solo il nostro giovane atleta, ma l’intero mondo dello sport", si legge nella nota. La società ha chiesto un intervento tempestivo della Federazione affinché i responsabili vengano identificati e puniti in modo esemplare. Eppure, il problema non riguarda solo questa partita: episodi del genere continuano a ripetersi, segno di una piaga che ancora infetta i nostri campi.
Il calcio è molto più di un gioco: è un veicolo di valori, un’occasione per insegnare il rispetto e l’inclusione. Ma come possono i giovani imparare la lealtà se proprio gli adulti danno il peggiore degli esempi? "Se vogliamo eliminare il razzismo dal calcio, dobbiamo cominciare dai nostri comportamenti", ha dichiarato il Saint-Vincent Châtillon, lanciando un appello che non può e non deve rimanere inascoltato. Non è ammissibile che in un contesto educativo e formativo come quello dello sport si debbano ancora sentire parole d’odio e discriminazione.
Razzismo: una piaga da combattere
Questa vicenda è solo l’ultima di una lunga serie. Pochi giorni fa, in un altro sport, una giovane cestista a Rimini è stata vittima di insulti simili. Questo dimostra che il problema non è circoscritto al calcio, ma si estende a tutto il panorama sportivo e, più in generale, alla nostra società. Il razzismo non è solo una ferita per chi lo subisce, è un fallimento collettivo. Se continuiamo a minimizzare o a voltare lo sguardo, contribuiamo a perpetuare un sistema malato.
Per fortuna, la reazione della comunità sportiva non si è fatta attendere. Club e associazioni hanno espresso solidarietà al giovane atleta e alla sua squadra, chiedendo provvedimenti concreti per prevenire e punire questi comportamenti ignobili. Non bastano più le parole di circostanza: servono azioni, sanzioni, educazione. Perché il calcio, e lo sport in generale, devono essere ambienti di crescita e non palcoscenici di odio.
Guardando avanti, la vera sfida sarà educare i giovani, lavorando insieme a scuole, istituzioni sportive e famiglie per inculcare i valori dello sport vero. Solo così si potrà sperare in un domani in cui ogni ragazzo potrà scendere in campo senza il timore di essere giudicato per il colore della pelle. Il calcio è passione, sacrificio, sogni. E nessuno ha il diritto di sporcarlo con l’odio.
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