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Cronaca
15 Gennaio 2025 - 17:27
"Negra di m***a, tornatene al tuo paese!". Un insulto feroce, scagliato con odio e senza alcun motivo. Patrizia G., eporediese di 36 anni, fa fatica a ripetere quelle frasi e a raccontare cosa le è successo la mattina del 7 gennaio quando, un momento spensierato condiviso con il figlio di 9 anni, si è improvvisamente trasformato in un incubo.
Speronata dal carrello dell'anziana che continuava ad insultarla, Patrizia si è voltata incredula. Quella donna continuava a spingere con forza contro la sua pancia apostrofandola con epiteti razzisti. Intorno, il silenzio assordante di chi non ha mosso un dito per difenderla. Una scena surreale, inaccettabile.
"Ero lì per cambiare la cover del cellulare. Mio figlio quella mattina non stava bene e non l'ho mandato a scuola, ma poi si era ripreso e avevamo deciso di fare due passi. Mai avrei immaginato di vivere una situazione del genere," racconta Patrizia, visibilmente scossa. La donna, nata a Ivrea da padre calabrese e madre dominicana, non si è solo trovata a dover fronteggiare un’aggressione gratuita, ma anche a giustificare la propria identità: "Sono italiana, cresciuta qui. Ma questo non dovrebbe nemmeno essere un argomento. Nessuno merita di essere trattato così, a prescindere da dove viene o dal colore della sua pelle. Sono nata e cresciuta ad Ivrea e mai, mai in vita mia ho subito un episodio di razzismo. Questa storia mi ha sconvolto".
Da quel momento, la sua vita è cambiata. Non solo per l’umiliazione subita davanti a suo figlio, che spaventato è scappato via, ma per la consapevolezza che questo episodio non deve e non può restare impunito.
Patrizia: “Non conoscevo quella donna, non so chi fosse. Era dietro di me, all’improvviso mi ha spinto verso la pancia con il carrello. Non ho nemmeno avuto il tempo di reagire, mentre continuava a gridarmi contro”.
L’episodio è avvenuto poco dopo le 11 del mattino in prossimità delle casse, ma è proseguito anche fuori dal centro commerciale, nel parcheggio. “Ero incredula, ha continuato anche lì. La gente attorno a me non sapeva cosa fare. C'era chi sorrideva e chi rideva. Mi sono sentita umiliata e indifesa. Ho chiuso mio figlio in macchina, era terrorizzato, e ho deciso di affrontare quella donna. Era paonazza, continuava a insultarmi. La sua rabbia era cieca. Se avesse avuto un’arma, cosa sarebbe successo? Ho preso la targa della sua auto perché ho subito capito che agire era l'unica cosa da fare”.
Patrizia G. è assistita dall'avvocato Celere Spaziante
Poi, chiama il 112, ma mentre è al telefono con le forze dell'ordine viene assalita da un attacco di panico. I carabinieri la invitano a presentarsi in caserma, a sporgere denuncia. A rassicurarla sono la cassiera del supermercato e il direttore. Patrizia si accorge di avere delle perdite: "Sono corsa in bagno e ho visto del sangue. Avevo da poco subito un intervento all'addome e mi sono spaventata moltissimo. Sono corsi da me mio padre e mia sorella che mi hanno subito portata in pronto soccorso".
La violenza fisica e verbale subita ha lasciato segni profondi, non solo psicologici. “La botta che mi ha dato l’ho sentita forte, se fossi stata incinta, cosa sarebbe successo?”. Patrizia, seguita dall’avvocato Celere Spaziante e ha deciso di sporgere denuncia, nonostante il forte stato di ansia che l’ha costretta a rimandare più volte.
Patrizia non vuole che questa storia si ripeta, né per lei né per altri. Consulente informatica specializzata in database, madre di tre figli di 13, 9 e 3 anni, Patrizia ritiene importante far sentire la sua voce: "Ci sono battaglie che non possiamo ignorare. Questa è una di quelle. Non solo per me, ma per tutti i nostri figli, per il futuro che vogliamo insegnare loro”.
Con una voce ferma ma piena di emozione, lancia un messaggio forte: “Per me una nonna è un idolo, un simbolo di saggezza e amore. Insegnare razzismo ai propri nipoti è un atto gravissimo. Non possiamo tollerare che episodi simili vengano tramandati come normali. Dobbiamo reagire, perché il silenzio è complice di queste ingiustizie”.
Patrizia è decisa a portare avanti la denuncia e a chiedere giustizia, non solo per sé ma per tutte le persone che hanno subito discriminazioni simili. “Se quella donna mi avesse chiesto scusa, sarebbe finita lì. Ma non l’ha fatto. Ha continuato ancora e ancora. Ora voglio che si assuma le sue responsabilità”.
L'avvocato Celere Spaziante, conferma: "Sporgeremo denuncia al commissariato di Polizia per i fatti occorsi perché li riteniamo inaccettabili".
La sua storia è un monito e un invito a riflettere su quanto il razzismo sia ancora presente nella società. Patrizia, con coraggio e determinazione, si è fatta portavoce di una battaglia che non riguarda solo lei, ma tutti noi. “Dobbiamo insegnare ai nostri figli valori diversi, valori di rispetto e inclusione. Solo così potremo sperare in un futuro migliore”.
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