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28 Gennaio 2025 - 12:08
La memoria che resiste: Caluso rende omaggio ai Giusti e alle vittime della Shoah
Caluso si conferma un luogo dove la memoria della Shoah non solo si ricorda, ma si vive attraverso testimonianze, progetti educativi e commemorazioni che uniscono passato e presente. Sabato 25 gennaio 2025, la sala Magaton ha ospitato un evento organizzato dalla sezione locale dell'Anpi per celebrare la Giornata della Memoria, a ridosso dell'anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio 1945.
Tra i momenti più toccanti della giornata, le testimonianze di Sandra Boggio e Cristina Bernard, che hanno dato voce alle storie di coraggio di Elena, Cecilia e Clotilde Roda Boggio, meglio conosciuta come "Mamma Tilde". Quest'ultima, vedova con tre figli, ospitò nella sua casa di San Giusto Canavese il neonato Massimo Foà, salvandolo da una sicura deportazione. La figura di Mamma Tilde, riconosciuta "Giusta tra le Nazioni", rappresenta un simbolo di umanità e altruismo in un periodo di buio assoluto.
Come scrisse Primo Levi: "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario", e queste testimonianze rendono la conoscenza un atto di resistenza contro l'oblio.
Caluso: per non dimenticare
L'evento è stato anche un'occasione per riflettere sul ruolo della memoria nelle scuole. Il Liceo Piero Martinetti di Caluso, intitolato al filosofo antifascista, da anni promuove un percorso educativo che intreccia la storia della Shoah con quella della Resistenza. Nel 2023, gli studenti dell'istituto avevano realizzato un Memoriale nella piazzetta Ninfa Albaluce, dedicato alle 22 persone ebree internate a Caluso durante la Seconda guerra mondiale. Di queste, cinque furono deportate nel campo di Fossoli e successivamente ad Auschwitz, dove persero la vita.
La targa commemorativa, realizzata dagli studenti dell'indirizzo di arte e design, è oggi un simbolo tangibile di memoria collettiva. Durante la Seconda guerra mondiale, Caluso fu sede di un comando tedesco e ospitò 22 famiglie ebree provenienti dai Balcani, un episodio poco noto fino a quando ricerche approfondite nell'archivio storico comunale, custodito a Palazzo Ubertini, hanno portato alla luce queste vicende. Queste famiglie, di origine serba e croata, trovarono temporaneo rifugio nell'ex albergo di via Bettoja. Grazie al lavoro della Comunità ebraica di Torino, dell'Istituto veronese per la Storia della Resistenza e della Fondazione Fossoli, queste storie sono oggi parte integrante della memoria collettiva di Caluso.
L'Anpi di Caluso, promotrice dell'evento, ha sottolineato l'importanza di non dimenticare. "La memoria è un atto di resistenza," ha dichiarato il presidente della sezione locale, richiamando l'urgenza di continuare a educare le nuove generazioni. La sala Magaton, gremita di cittadini e studenti, ha confermato che il ricordo non è solo un dovere, ma un ponte verso un futuro più consapevole.
In un mondo dove l'indifferenza rischia di cancellare la storia, le iniziative di Caluso rappresentano un faro di speranza. Eventi come questo non sono solo commemorazioni, ma atti di giustizia morale, che danno voce a chi non può più parlare.
Come ha scritto Italo Calvino: "La memoria conta solo se tiene insieme il filo delle cose dimenticate". E a Caluso, quel filo è intrecciato con forza, grazie all'impegno di una comunità che non si arrende all'oblio.
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