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27 Gennaio 2025 - 00:46
Se Giovanni Pascoli potesse osservare la piega che ha preso la poesia d’amore nel XXI secolo, probabilmente rispolvererebbe il celebre “La cavallina storna” per affidare al muretto un messaggio epico.
Siamo nel 2025: il romantico Pascoli è stato rimpiazzato da novelli poeti urbani, che brandiscono bombolette spray al posto di penna e calamaio.
Il grande scandalo della domenica? Niente pandemie, blackout o asteroidi in arrivo: solo un giovane armato di bomboletta che ha scelto un muretto per dichiarare il suo amore eterno (o almeno fino alla prossima pioggia).
Una scritta d’amore su un muretto di Settimo Torinese.
Morale? In mancanza di eventi più catastrofici, i social si sono accesi come la finale dei Mondiali. Un proprietario indignato, fresco di caffè, ha immortalato la romantica dedica sul suo muretto e l’ha trasformata in un caso nazionale. Post indignato, commenti a raffica e il consueto carosello di esperti improvvisati: giuristi da tastiera, psicologi dell’amore giovanile e strateghi delle politiche comunali.
Il povero muro, che fino a ieri non aveva mai attirato l’attenzione di nessuno, è diventato improvvisamente l’epicentro di una battaglia tra difensori del decoro urbano e nostalgici del romanticismo.
Per qualcuno, quella scritta segna l’inizio della fine: oggi un “Ti amo” sul muro, domani il crollo della civiltà occidentale. Per altri, invece, è un gesto innocente che ricorda un tempo in cui l’amore si dichiarava con azioni plateali, e non con un messaggio su WhatsApp corredato da emoticon.
La discussione, ovviamente, ha preso le classiche derive dei social: accuse di lassismo all’amministrazione comunale, che ovviamente “non fa mai niente di buono”; citazioni del Codice Penale, perché non sia mai che si dimentichi l’articolo 639 sul vandalismo; e insulti random a chiunque osi avere un’opinione diversa.
Un utente, con la stessa diplomazia di un arbitro in una rissa da bar, ha sentenziato: “Paghi tu la pulizia?”. Un altro, con l’entusiasmo di un novello Perry Mason, ha esclamato: “È reato penale, andate dai carabinieri!”. Il tutto condito da meme scontati e battutine che, manco a dirlo, confermano quanto il mondo sia sull’orlo del baratro (social, s’intende).
Intanto, nel bel mezzo della baraonda virtuale, qualcuno ha provato a riportare la discussione a un livello più umano. “Ma è solo una frase d’amore, chi se ne importa?” ha scritto un utente, scatenando un’altra ondata di indignazione.
“E se fosse il cofano della tua auto? Eh? Ti piacerebbe?!” è stata la risposta, perché si sa, la vera tragedia della modernità è paragonare un muretto pubblico a una Porsche Carrera.
In tutto questo, le telecamere di sorveglianza sono state elevate a soluzione divina. “Guardiamo i filmati e troviamo il colpevole!” ha tuonato qualcuno. Certo, perché il mondo reale funziona come CSI: basta un’immagine sgranata per risalire al colpevole, al suo indirizzo di casa e magari anche al nome del suo cane. Peccato che nella vita vera, le telecamere servano più a far sentire in colpa chi butta una carta per terra che a risolvere casi d’amore adolescenziale.
E poi arrivano loro, i filosofi del bene comune, pronti a sentenziare che “un muro pubblico è di tutti”, ma solo quando è sporco. Questo sì che è un argomento potente: perché se il muro è di tutti, allora tutti dovremmo sentirci feriti da quella scritta. Un affronto alla collettività, un pugno allo stomaco al concetto stesso di proprietà condivisa. Non importa se per anni quel muro è stato ignorato da tutti, tranne che dai piccioni: ora che ha una scritta, è diventato il simbolo di una generazione che ha smarrito il senso del limite.
Il giovane innamorato, ignaro del polverone che ha sollevato, starà già cercando un’altra idea brillante per impressionare la sua dolce metà (magari senza coinvolgere un muretto questa volta).
E mentre i commenti continuano a piovere, il vero vincitore è lui: il muro, promosso da grigio e inutile cemento a star indiscussa del dramma social.
Resta una domanda: cosa ne facciamo di questa scritta? Cancellarla? Lasciarla lì come monumento alla creatività giovanile? O magari commissionare al ragazzo un’intera serie di graffiti per dare nuovo lustro alla città?
Insomma, la morale è che l’amore, come la vita, tende sempre a sporcare un po’. Specialmente quando si manifesta su un muro di Settimo Torinese, tra un contatore del gas divelto, i topi che ballano, l'illuminazione pubblica inesistente, parchi, strade e marciapiedi da riqualificare.
Ma in fondo, chi siamo noi per giudicare? Forse, come diceva Pascoli, ogni atto d’amore – anche il più impetuoso e maldestro – ha il suo senso. Anche se scritto con una bomboletta spray.
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