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19 Dicembre 2024 - 00:18
cani maltrattati
A Settimo Torinese, così come in molte altre periferie piemontesi, è consuetudine trovare cani da caccia o da tartufo relegati in terreni isolati, lontani chilometri dalle abitazioni, dimenticati dai loro stessi proprietari. Sono prigionieri di una vita fatta di box fatiscenti, catene che soffocano la libertà e silenzi interrotti solo dai loro lamenti. Una sofferenza invisibile, troppo spesso ignorata.
La denuncia arriva da un gruppo di volontari di Settimo Torinese, che da anni si battono per dare voce a questi animali dimenticati. “Ogni giorno riceviamo segnalazioni di cani confinati in orti o giardini, costretti a vivere senza contatto umano e privati di qualsiasi forma di interazione sociale”, spiegano i volontari, sottolineando come l’isolamento etologico sia una delle peggiori forme di maltrattamento, purtroppo ignorata o sottovalutata dalle istituzioni.
Eppure, la legge parla chiaro. Gli animali sono esseri senzienti, capaci di provare emozioni e sofferenze, e chi li abbandona al loro destino viola norme ben precise. Il DPR 31 marzo 1979 stabilisce che il Sindaco è il responsabile del benessere degli animali sul proprio territorio, mentre la nuova legge piemontese (L.R. 16/2024) vieta categoricamente l'isolamento sociale, anche all'interno delle pertinenze domestiche. Ma chi dovrebbe garantire il rispetto di queste leggi? Spesso nessuno.
La realtà che emerge dalle denunce è desolante. Autorità locali impreparate, controlli pressoché inesistenti e una visione anacronistica del maltrattamento animale. Si ritiene ancora che il problema riguardi solo lesioni fisiche evidenti, ignorando che il vero dolore si annida nell'anima di questi animali, privati di ogni forma di contatto sociale e relegati a una vita di solitudine.
Orti e terreni abbandonati diventano luoghi di detenzione per cani dimenticati. Spesso si tratta di animali da caccia, utili solo per poche settimane l’anno e poi lasciati a marcire dietro grate arrugginite, esposti alle intemperie e all’indifferenza. La legge impone di garantire una costante interazione sociale con gli animali, ma quanto vale questa norma se nessuno la fa rispettare?
Le ASL veterinarie, teoricamente preposte al controllo, raramente certificano reati di maltrattamento. I loro interventi si limitano spesso a semplici consigli, ignorando la portata emotiva del problema. E le Polizie Locali, che per legge hanno il dovere di vigilare, spesso si dimostrano impreparate o indifferenti, ritenendo erroneamente che solo le ASL possano intervenire. Un circolo vizioso di responsabilità rimbalzate e azioni mancate.
Intanto, i volontari combattono contro un sistema sordo. Scrivono denunce, raccolgono prove, segnalano casi, ma trovano davanti a sé un muro di burocrazia e immobilismo. La Magistratura, legata agli input degli organi di controllo, si trova spesso impossibilitata ad agire secondo le normative vigenti. E così, i cani continuano a languire nei loro box, dimenticati da tutti.
Ma cosa significa per un cane vivere nell’isolamento? Significa essere privato di ogni legame, ridotto a un’ombra senza scopo, in una vita fatta di attese inutili. I cani non sono oggetti da parcheggiare in un terreno, né antifurti da legare a un palo. Sono esseri viventi, capaci di amare, soffrire e sperare.
A Settimo Torinese, come altrove, l’indifferenza istituzionale si traduce in sofferenza animale. Ogni cane dimenticato è una ferita aperta, un simbolo di un sistema che preferisce voltarsi dall’altra parte.
Insomma, fino a quando le Autorità continueranno a ignorare questa realtà, il miglior amico dell’uomo resterà un’anima solitaria, condannata all’oblio.
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