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05 Dicembre 2024 - 14:58
Alessandro Giglio Vigna
"Non basta bloccare il traffico cittadino, ora anche i binari devono essere il nuovo campo da gioco dei figli di papà". Così esordisce Giglio Vigna, deputato della Lega e voce perennemente accorata dei pendolari del Canavese, commentando l'occupazione della stazione Porta Susa di venerdì scorso durante lo sciopero dei trasporti.
Secondo il deputato, i manifestanti, "rivoluzionari della domenica", avrebbero interrotto il sacrosanto diritto dei pendolari di tornare a casa. E non parliamo di una cena saltata o di un cinema mancato, ma di rientri trasformati in vere odissee.
"Il 29 novembre – tuona Vigna – molti lavoratori sono arrivati a casa a mezzanotte, all'una, persino alle due del mattino. Nel frattempo, quelli che bloccavano i treni probabilmente erano già al caldo delle loro comode case torinesi".
Vigna dipinge un quadro apocalittico della situazione: "Il 29 novembre, molti miei concittadini del Canavese sono riusciti a rientrare a casa solo a mezzanotte, all'una, qualcuno addirittura alle due del mattino. Immaginatevi: dopo una giornata di lavoro, trascorrono ore a vagare per stazioni o a cercare passaggi improvvisati, mentre chi blocca i treni si congratula con sé stesso per l’ennesima 'azione di protesta'."
Un racconto che ricorda un'Odissea moderna, con la differenza che al posto di sirene e ciclopi ci sono treni fermi e binari occupati.
Ma il deputato non si ferma qui. Vigna, sempre generoso di giudizi taglienti, aggiunge: "Questi manifestanti sono per lo più figli di papà con troppo tempo libero e zero consapevolezza di cosa significhi lavorare davvero. Gente che si illude di cambiare il mondo con una passeggiata sui binari, senza mai pensare alle conseguenze. È facile fare i rivoluzionari quando si vive in città e si ha tutto a portata di mano. Il problema è che queste proteste non risolvono nulla, se non rendere la vita un inferno a chi lavora."
Per Vigna, la solidarietà verso i pendolari è totale. "A loro va tutto il mio sostegno e quello dei colleghi della Lega. Siamo dalla parte di chi ogni giorno si alza presto per andare a lavorare e non può permettersi di perdere ore della propria vita a causa di queste azioni scellerate." Una dichiarazione che suona come un manifesto politico, ma che lascia un dubbio: quanto di questa indignazione è pura empatia e quanto è invece una chance per accaparrarsi il favore di un elettorato esasperato?
E poi c’è il tema del simbolismo e della ribalta mediatica. "Bloccano i treni per scattare due foto da postare sui social, dove poi raccolgono like da amici che vivono la protesta comodamente dal divano," continua Vigna. Una provocazione che, almeno in parte, colpisce nel segno: la spettacolarizzazione delle manifestazioni sembra essere ormai parte integrante del pacchetto. Ma il prezzo, secondo Vigna, lo pagano sempre i pendolari.
Al netto dell’ironia del deputato, la vicenda riporta al centro il delicato equilibrio tra diritto allo sciopero e diritto alla mobilità. Un tema che, venerdì scorso, si è infranto sui binari di Porta Susa, lasciando un'unica certezza: i pendolari rimangono sempre gli ostaggi preferiti, mentre i "figli di papà" raccolgono applausi virtuali.
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