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Ombre su Torino
13 Settembre 2024 - 07:30
20 settembre 2006.
Una telefonata proveniente da Pistoia insospettisce il personale di un commissariato della periferia nord di Torino. La chiamata arriva da una madre preoccupata che non ha notizie della figlia da qualche giorno. Riferisce che la stessa abita in via Stradella 12, Borgo Vittoria.
Al loro arrivo i poliziotti si trovano davanti a un palazzo fatiscente, sporco, con il portone sfondato. Entrano nella casa della ragazza e la trovano in ordine, in un silenzio interrotto solo dai miagolii di un gatto che sembra non mangiare da un po’. Il felino ha ragione a lamentarsi: la padrona è morta da 3 o 4 giorni. È stesa ai piedi del letto, la testa e il volto sfigurate a colpi di ferro da stiro (trovato insanguinato vicino) sgozzata e trafitta da altre 6 coltellate. Chi l’ha uccisa non ha avuto pietà né dei suoi 19 anni né della vita che portava in grembo: la ragazza era incinta al quinto mese.
Esclusa la rapina finita male (è sparita solo la borsetta della giovane) e non trovando segni d’effrazione, di lotta ma soprattutto testimoni, le indagini partono dalla breve vita passata della vittima. Breve ma terribilmente simile a un inferno.
Deborah Rossi era figlia di genitori separati e definire difficile la sua infanzia è un eufemismo. A 6 anni viene affidata al padre ma finisce preda della sua compagna che la maltratta e la picchia ripetutamente. Quando, dopo qualche anno, la madre riesce a portarla via da quella casa, finisce per farla finire nelle mani di un altro orco. Il suo nuovo fidanzato, infatti, la tratta come una schiava. Vittima di soprusi e umiliazioni quotidiane, Deborah prova a suicidarsi: non ha neanche 10 anni.
Deborah Rossi
La bambina viene portata in comunità ma, anche qui, niente va per il verso giusto. Stavolta, insieme a vessazioni, abusi e botte denuncerà anche 4 violenze sessuali da parte di alcune sue coetanee. Dopo qualche anno felice dai nonni all’Isola d’Elba, a 17 anni torna a Torino. Torna per amore della madre, per aiutarla a gestire il rapporto con quell’uomo violento. Nel frattempo, si iscrive a una scuola di cucina ed è qui che conosce Giulia Fiori.
Deborah diventa presto la migliore amica di Giulia. Si accorge del suo lato anaffettivo, della sua incapacità di provare emozioni da sola, delle sue ambigue capacità seduttive, ma non importa. Ne apprezza il carattere forte, autonomo, ribelle verso i genitori. Diventa dipendente dalla sua personalità, la segue tra droga e brutte compagnie e, a un certo punto, si fa convincere ad ospitarla a vivere a casa sua. Qui l’indole manipolatrice di Giulia cattura anche il compagno della madre di Deborah e tra l’uomo e la ragazza inizia una relazione sessuale.
Giulia Fiori
Questo evento porta le due amiche a vedersi di meno e Deborah va via di casa. Va ad abitare in in via Stradella e incontra quello che pensa potrà essere l’uomo della sua vita.
È un ragazzo marocchino di qualche anno più grande, premuroso e amorevole. I due iniziano a convivere e in breve tempo fanno grandi progetti. Si sposano nell’agosto 2005 e la ragazza rimane incinta l’anno dopo ma il loro idillio finisce con una notte e un arresto: quel giovane gentile è uno spacciatore.
Col marito in carcere, Deborah si riavvicina a Giulia, che nel frattempo si è messa (o meglio, ha trascinato a sé) con un ragazzo di nome Antonio Ferrero.
Antonio Ferrero
I tre iniziano un’assidua frequentazione ma qualcosa nella testa di Giulia smette di funzionare. Sente di non essere più al centro dell’attenzione, vede che la sua amica si sta sistemando, che la sta abbandonando.
Viene incastrata un mese dopo aver commesso il delitto. Nella ricostruzione è descritto un raptus omicidiario improvviso, l’uso del ferro da stiro (il primo oggetto trovato) seguito dalla lucidità di portarsi via il cellulare della vittima. L’analisi delle celle e i telefoni delle due ragazze che si spostano in coppia saranno la prova regina a suo carico.
Antonio racconterà che la mattanza iniziò dopo un presunto approccio di Deborah nei suoi confronti ma le sentenze parleranno di “una rivalità tra le ragazze con risvolti morbosi e saffici”.
Trascinato in questa storia, anche perché testimone oculare, Antonio si fa 4 anni in carcere innocente e viene definitivamente assolto nel 2011 dopo 3 processi. Giulia invece viene condannata a 20 anni.
Uno in più dell’intera disperata vita passata sulla terra da Deborah Rossi.
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