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La parola ai commercianti

Nel centro storico il commercio sta morendo e la politica non sa che fare...

Il 23 luglio è in programma una riunione tra commercianti e amministrazione comunale

Nel centro storico il commercio sta morendo e la politica non sa che fare...

Il commercio è in crisi e i commercianti sono seriamente preoccupati per il proprio futuro. La gravità della situazione è evidente a tutti, ma pochi avrebbero immaginato che potesse trasformarsi in una tragedia per molti.

Le cause sono diverse: l'aumento degli acquisti online, la proliferazione di gallerie commerciali alle porte di Torino, e i cambiamenti nelle abitudini e negli stili di vita. A Settimo Torinese va peggio che in altri Comuni.  

Il centro cittadino si sta svuotando, e non serve una sfera di cristallo per prevedere che la situazione peggiorerà.

"Io sono pessimista," ci racconta un commerciante, che chiameremo Silvio. "Ormai il recinto è stato aperto e i buoi sono scappati. Non credo si possa fare più niente. Sarà una lenta agonia. Resisteranno in pochi. Hanno già chiuso in tanti e potrebbero essere molti di più, ma qualcuno non ha la capacità economica neanche per chiudere. Chiudere significa avere i soldi per pagare il TFR e i debiti accumulati in questi anni. Sarà una tragedia."

To Dream

Insomma, siamo alla frutta.

"Dal Covid in avanti la situazione è precipitata," ci racconta un'altra commerciante, quasi con le lacrime agli occhi. "In giro si vedono sempre meno persone. I pomeriggi in cui non entra anima viva sono sempre di più. Non parliamo del Natale. C’è stato un tempo in cui anche negli anni di magra il Natale sistemava tutto, ora non più."

Chi non ha problemi a metterci la faccia è Massimo Del Vago, ex consigliere comunale.

"Negli ultimi vent’anni nessuno ha pensato ai negozi di vicinato," ci dice. "Dal '98 in avanti, con il Decreto Bersani e la liberalizzazione delle licenze, la situazione è andata via via peggiorando. Nessuno ha fatto nulla, né il centrodestra né il centrosinistra. Le colpe sono di tutti: dai governi nazionali a quelli regionali e comunali che si sono succeduti. Non c’è stata lungimiranza. Tutti hanno detto che le cose non potevano andare diversamente, che il mondo va così... Queste sono le conseguenze. In Italia come in Francia e in Spagna non si è tenuto conto della desertificazione dei centri storici. D’altronde, i centri commerciali danno posti di lavoro. Si sarebbe potuto pianificare in maniera diversa, ma nessuno lo ha fatto. Si aggiunge un altro fattore: la provincia di Torino negli ultimi decenni si è impoverita...".

Il risultato? I grandi marchi sono spariti dal centro di Settimo Torinese.

"E chi non vorrebbe averli? Sono spariti non certo per colpa dei piccoli imprenditori," osserva Del Vago.

"Le grandi multinazionali preferiscono le gallerie o impongono investimenti inaccessibili ai più. Oggi non è facile trovare una soluzione."

Nonostante tutto, Del Vago è uno di quelli che non si arrende. Figlio di commercianti, guarda al futuro pensando al passato e ricorda ancora le tante iniziative organizzate in città dalla madre insieme a Francesco Cena de L’Angolo.

"Io credo di essere capace di fare il mio mestiere," ci dice. "Puntiamo molto sul servizio alla clientela e sulla fidelizzazione. Ci facciamo in quattro per accontentare tutti. È ovvio però che la battaglia con i grandi centri commerciali è impari."...

Per discutere di questo ed eventualmente di che cosa si può ancora fare per cambiare rotta è in programma, per il 23 luglio, una riunione tra i commercianti e l'Amministrazione comunale. 

DATI STATISTICI

Negli ultimi anni, il commercio di vicinato in Italia ha subito una forte contrazione. Secondo i dati raccolti da Confcommercio, tra il 2012 e il 2022 hanno chiuso circa 103.770 negozi di vicinato, pari al 15,7% del totale delle attività. Solo nel 2023, da gennaio a settembre, hanno chiuso altri 14.889 negozi.

Nei centri storici delle 120 città italiane analizzate, la diminuzione dei negozi di vicinato è stata del 18,3%.

La crisi del commercio al dettaglio non ha risparmiato alcun settore: librerie e negozi di giocattoli hanno subito un calo di oltre il 30%, abbigliamento e calzature del 20%, e alimentari del 10%​. In controtendenza, solo farmacie e negozi di telefonia hanno registrato una crescita.

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