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Ombre su Torino

L'omicidio del vicebrigadiere Atzei

Torino negli Anni di Piombo

L'omicidio del vicebrigadiere Atzei

Il 1982 a Torino, in Piemonte ma quasi in tutta Italia è un anno importante per quanto riguarda la storia degli Anni di piombo.

Un anno pieno di avvenimenti ma nel quale il declino dei principali gruppi armati è evidente.
Intere colonne delle BR vengono smantellate, gruppi di destra e sinistra scompaiono tra morti e arrestati e il virus dei collaboratori di giustizia ha praticamente intaccato tutte le organizzazioni terroristiche.

Inizia la stagione dei processi e quella del riflusso dal pubblico al privato: la violenza quotidiana, seppur costellata da significative eccezioni, inizia a stemperarsi e anche i riferimenti culturali e di classe degli anni ’70 iniziano a sbiadire.

In un contesto del genere, stare di guardia ad un posto di blocco a Rocca Canavese, in campagna, a circa 40 km da Torino, non dovrebbe essere troppo pericoloso.

Quell’8 ottobre 1982, infatti, non sta succedendo niente di particolare. Il vicebrigadiere Benito Atzei e il carabiniere ausiliario Giovanni Bertello stanno per rientrare in caserma a Corio quando una Dyane 6 e una Renault 5 blu li insospettiscono.

Atzei e Bertello

Alzata la paletta, le due auto si fermano e Atzei si accosta al finestrino della Renault per controllare i documenti dei quattro passeggeri presenti. L’azione è fulminea: dall’auto spuntano le pistole e si scatena l’inferno. Atzei viene colpito in pieno petto e cade a terra mentre Bertello apre il fuoco con l’M12 in dotazione e crivella le auto dei malviventi.

Attinto all’anca e a un braccio finisce anch’egli a terra. Gli sfugge dalle mani il mitra e afferra la pistola d’ordinanza che però, prima di sparare, gli viene sottratta da uno dei giovani: solo l’inceppamento di quest’ultima, con la quale per due volte uno dei terroristi tenta di dargli il colpo di grazia, gli salverà la vita.

Il gruppo scappa via su un’auto parcheggiata in sosta e di fianco a Bertello, ferito ma che si salverà dopo un lungo intervento, rimane Atzei, per il quale non c’è nulla da fare.

Lascia la moglie e due figli. Elena, la più piccola, in quei momenti, sta festeggiando il compleanno: il vicebrigadiere aveva abbandonato la festa per recarsi a pattugliare quella strada di campagna.

Il mattino dopo si scoprono i responsabili dell’azione. Si ripete il macabro rito della rivendicazione telefonica, stavolta a La Stampa: <<Prenda nota: qui un nucleo di comunisti per la costruzione del potere proletario. Rivendichiamo noi l’annientamento e il disarmo della squadretta di Rocca Canavese. Seguirà un comunicato>>.

Passano due giorni e i responsabili vengono scoperti. La Renault che Atzei aveva fermato non era stata rubata ma era di uno dei componenti del commando, che si stava recando a Corio per una riunione. Il gruppuscolo di cui fanno parte si chiama Potere Rosso ed è un’emanazione minoritaria delle Brigate Rosse-Partito Della Guerriglia come si chiama uno dei tronconi in cui si sono divise le BR originarie dopo gli arresti dei capi storici.

Per l’assassinio del vicebrigadiere verranno condannati definitivamente, nel 1985 Giuseppe Scirocco (ergastolo), Giuseppe Potenza e Fiore De Mattia (21 ciascuno) e Roberto Tua (9 anni e 10 mesi). 

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