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Malasanità

L'agonia del malato tra burocrazia e ritardi: "Non c'è posto", "Pazienta un anno", "Paga e vai al privato"

308 giorni per un'operazione, un anno per una visita: la beffa dei 25 milioni di euro e la fuga verso il privato

Tempi di attesa

Tempi di attesa

In un Paese che si vanta spesso della qualità della sua sanità pubblica, la realtà che emerge dai freddi dati forniti dall'ASL TO4 è a dir poco sconcertante.

Un sistema al collasso, dove l'agonia del malato si scontra con la burocrazia sanitaria in una corsa ad ostacoli che sembra non avere fine. Gli esempi sono lì, crudi, inconfutabili da mettersi a piangere per chi ha ancora delle lacrime da versare: 308 giorni d'attesa per un'emorroidectomia, 249 per un intervento all'anca e il record di 379 giorni per una correzione di ernia inguinale.

Questi numeri non sono semplici statistiche; rappresentano mesi di dolore, di ansia e il rischio concreto di complicazioni serie per chi è costretto a vivere in questa penosa attesa.

Ma la saga dell'inefficienza non si ferma qui. La lotteria dei tempi d'attesa per visite specialistiche e diagnostiche dipinge un quadro ancor più desolante. Per una prima visita cardiologica, i tempi variano da 231 a 280 giorni, mentre per una prima visita neurologica si parla di 281 giorni a Rivarolo e 273 giorni a Ivrea.

Non va meglio per l'ecografia dell'addome completo: per ottenere un appuntamento si possono attendere fino a 228 giorni, con una variazione notevole nei tempi di attesa a seconda della struttura scelta. Per un'ecografia mammaria bilaterale (cruciale per la diagnosi precoce del cancro al seno) l'attesa può arrivare fino a 304 giorni.

Chiaro a tutti che questa situazione non solo mina la fiducia nei confronti del sistema sanitario ma rappresenta una condanna a un'attesa angosciante per migliaia di persone.

TEMPI DI ATTESA NELL'ASL TO 4

E come se non bastasse, il tentativo di rivolgersi al CUP unico regionale offre un panorama altrettanto desolante, con tempi di attesa che sfiorano il ridicolo. Parliamo di anni, non mesi, per accedere a procedure diagnostiche essenziali.

Per un'ecografia muscolotendinea: a Torino non c'è posto, bisogna andare a Gravellona il 13 giugno 2024. Per una colonscopia: il primo posto è al San Luigi di Orbassano il 25 giugno... del 2025! Per una visita dermatologica: a Grugliasco il 20 marzo dell'anno prossimo. Per una gastroscopia (EGDS): nessun posto su quest'anno; a Torino c'è un posto al Mauriziano il 21 marzo 2025, al San Luigi di Orbassano il 4 marzo del 2025. Non parliamo della visita oculistica: anche qui per quest'anno non ci sono speranze. Il 6 marzo del 2025 a Collegno oppure il 20 maggio sempre del prossimo anno al Mauriziano. Parliamo della RM alla colonna: qui si è più fortunati, c'è posto a Rivoli il 19 agosto di quest'anno, altrimenti al Mauriziano ma l'11 marzo del 2025. E poi ancora l'eco transvaginale: al Mauriziano il 31 maggio del 2024, oppure a Rivoli ma il 10 settembre. E per finire l'ecocolordoppler TSA: c'è posto al Mauriziano il 2 marzo del 2025 e stop.

Che dire, quindi, delle dichiarazioni trionfalistiche dell'assessorato regionale alla sanità sui fondi una tantum destinati a mitigare il problema? Questi Venticinque milioni di euro strombazzati dall'assessore regionale alla sanità non suonano un po' come una beffa, un palliativo che non affronta le radici del problema.

"Sui tempi di attesa per visite ed esami nella sanità piemontese - stigmatizza il consigliere regionale del Pd Daniele Valle - non cambia nulla e le promesse di Cirio e Icardi si fermano a un'elemosina di 25 milioni di euro una tantum per l'abbattimento dei tempi di attesa, approvata nel bilancio con toni trionfalistici ma senza nessun intervento strutturale, per cui finiranno per pagare i 'gettonisti' o le strutture private. Eppure i dati che raccogliamo meriterebbero ben altro. La situazione oggi è esattamente la stessa da noi denunciata più volte: il cittadino che contatta il CUP unico regionale nella metà dei casi si sente rispondere che 'non c'è posto', nell'altra metà deve pazientare anche un anno oppure accettare di attraversare tutto il Piemonte. Il fatto che i pazienti cronici non debbano più prenotare tramite il CUP è un'ottima novità, ma rimane irrisolto tutto il resto. I ritardi, se non l'impossibilità di prenotare una visita o un esame che non sia urgente, non solo spingono i cittadini verso il privato ma vanificano ogni discorso sulla prevenzione".

Cosa chiede Valle?

Di investire risorse per pagare e potenziare il personale disponibile a fare visite ed esami anche il pomeriggio, la sera e nei weekend.

Almeno in un periodo transitorio, qualora non si riesca a rispettare la tempistica prevista dai casi di urgenza della prescrizione, garantire l'erogazione delle prestazioni in regime di libera professione ma a carico del SSR. Infine, la reinternalizzazione del servizio CUP Piemonte, potenziando il servizio settimanale e con un accesso più ampio alle agende delle aziende, con una proiezione temporale sufficiente e omogenea.

Di fronte a questo scenario, non possiamo che chiederci: fino a quando dovremo assistere a questo degrado della sanità pubblica e a questa emorragia verso il privato?

Quando verranno prese decisioni coraggiose per garantire a ogni cittadino il diritto a cure tempestive e adeguate?

La risposta, temiamo, si perderà in quel labirinto burocratico che oggi sembra governare, in modo incontrastato, la sanità del nostro Paese.

Tra chi nei giorni scorsi ha acceso un faro sulla sanità c'è il consigliere comunale di Azione Massimiliano De Stefano di Ivrea.

"E' sempre più difficile curarsi, ma soprattutto prevenire - ha stigmatizzato Il medico curante ormai prescrive quasi solo farmaci a pagamento, figuriamoci se si tratta di visite specialistiche o esami approfonditi.  Si parte sempre dal “vediamo come sta il dito mignolo, poi se è il caso faremo altri esami”.  Da qui in avanti comincia un giro dell’oca per arrivare a ciò che si poteva fare subito. Non sono un medico, ma se il medico fa il ragioniere, non è forse un abuso di professione o un venir meno alle sue responsabilità?".

Da qui in avanti il calvario, raccontato da De Stefano per filo e per segno.

"In ogni caso ecco che cosa capita di solito ed è quel che è capitato anche a me. Dopo aver superato quasi indenne il primo step, esultando per aver ottenuto almeno un’impegnativa su tre, c’è il secondo girone degli inferi: la prenotazione. Se sei digitale e tecnologico, scarichi l’app e prenoti tramite smartphone. Tra Ivrea e Cuneo, qualcosa trovi. Se invece sei anziano o preferisci gli sportelli ASL, preparati: non è così semplice. Per quanto io sia tecnologico, preferisco lo sportello.  Quindi, decido di andare all’ASL di Ivrea per prenotare. Strano ma vero, quasi surreale, c’è pochissima gente.  Ma una volta dentro, una signora con fare da rugbista mi “placca”, mi chiede dove sto andando e se ho la prenotazione. Mi spiega che per prenotare le visite allo sportello bisogna prenotare. Sembra uno scioglilingua, ma è proprio così: si deve chiamare un numero dalle ore 13:00 alle ore 15:00. La prenotazione per la prenotazione! Le comiche, soprattutto quando vedi le dipendenti allo sportello girarsi i pollici. È un’iperbole... Tranquilli, anche questo serve per capire se si potrebbe fare di più e meglio. È così da anni, mi dice la rugbista, pardon, la signora. In pratica, durante il Covid hanno studiato come contingentare gli ingressi e ha funzionato. Lo hanno fatto l’ASL, le banche, le aziende con lo smart working, un po’ tutti. Ma dopo il Covid ci hanno preso gusto.  Le banche aprono due o tre giorni a settimana, alcune su appuntamento, le aziende fanno lavorare i dipendenti in ciabatte da casa e lo sportello aperto al pubblico dell’ASL assume un atteggiamento più da caserma militare che da semplice sportello con una sala d’attesa e dei numeri per offrire un servizio in ordine cronologico di arrivo....". 

Morale? Anche secondo De Stefano "la sanità sta andando a pezzi".

"Sembra l’ennesima banalità, ma le persone iniziano a domandarsi il perchè di queste nuove regole che valgono solo per chi vuole rispettare la fila e non per tutti.  Lo sanno tutti ma è tabù: c’è chi salta la fila e trova sempre un buco in tempi brevi nell’ospedale di residenza. E poi c’è chi deve fare 200 km o aspettare 8 mesi per una visita. C’è anche chi viene operato subito grazie all’amico, basta un ok e superi la fila. Chissà se prima o poi qualcuno vorrà approfondire questo malcostume tutto italiano, anche perché c’è chi vive sulla pelle di altri. La pari dignità sociale di tutte le persone è compromessa dall’intero sistema. Insomma da “Ippocrate” a “Ipocriti”."

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