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Ivrea in Azione
06 Marzo 2024 - 06:40
Malasanità
Bisogna sfatare i luoghi comuni, certo, ma per farlo è necessario far funzionare le cose.
Parliamo di salute: è sempre più difficile curarsi, ma soprattutto prevenire.
Il medico curante ormai prescrive quasi solo farmaci a pagamento, figuriamoci se si tratta di visite specialistiche o esami approfonditi.
Si parte sempre dal “vediamo come sta il dito mignolo, poi se è il caso faremo altri esami”.
Da qui in avanti comincia un giro dell’oca per arrivare a ciò che si poteva fare subito.
Non sono un medico, ma se il medico fa il ragioniere, non è forse un abuso di professione o un venir meno alle sue responsabilità?
Si dice che i medici curanti hanno l’input di prescrivere meno visite possibile, se non giustificate da specialisti, pena la decurtazione dallo stipendio? Sarà vero? Boh...
Sia come sia, di fatto, si sono trasformati in passa carte, in sentinelle della Regione Piemonte, alla faccia del pensiero di Ippocrate. Chissà che cosa direbbe il “greco”...
In ogni caso ecco che cosa capita di solito ed è quel che è capitato anche a me.
Dopo aver superato quasi indenne il primo step, esultando per aver ottenuto almeno un’impegnativa su tre, c’è il secondo girone degli inferi: la prenotazione.
Se sei digitale e tecnologico, scarichi l’app e prenoti tramite smartphone. Tra Ivrea e Cuneo, qualcosa trovi. Se invece sei anziano o preferisci gli sportelli ASL, preparati: non è così semplice.
Per quanto io sia tecnologico, preferisco lo sportello.
Quindi, decido di andare all’ASL di Ivrea per prenotare. Strano ma vero, quasi surreale, c’è pochissima gente.
Ma una volta dentro, una signora con fare da rugbista mi “placca”, mi chiede dove sto andando e se ho la prenotazione. Mi spiega che per prenotare le visite allo sportello bisogna prenotare. Sembra uno scioglilingua, ma è proprio così: si deve chiamare un numero dalle ore 13:00 alle ore 15:00. La prenotazione per la prenotazione! Le comiche, soprattutto quando vedi le dipendenti allo sportello girarsi i pollici.
È un’iperbole... Tranquilli, anche questo serve per capire se si potrebbe fare di più e meglio.
È così da anni, mi dice la rugbista, pardon, la signora.
In pratica, durante il Covid hanno studiato come contingentare gli ingressi e ha funzionato. Lo hanno fatto l’ASL, le banche, le aziende con lo smart working, un po’ tutti. Ma dopo il Covid ci hanno preso gusto.
Le banche aprono due o tre giorni a settimana, alcune su appuntamento, le aziende fanno lavorare i dipendenti in ciabatte da casa e lo sportello aperto al pubblico dell’ASL assume un atteggiamento più da caserma militare che da semplice sportello con una sala d’attesa e dei numeri per offrire un servizio in ordine cronologico di arrivo.
Mi chiedo cosa ci fosse che non andava.
La sanità sta andando a pezzi. Sembra l’ennesima banalità, ma le persone iniziano a domandarsi il perchè di queste nuove regole che valgono solo per chi vuole rispettare la fila e non per tutti.
Lo sanno tutti ma è tabù: c’è chi salta la fila e trova sempre un buco in tempi brevi nell’ospedale di residenza. E poi c’è chi deve fare 200 km o aspettare 8 mesi per una visita. C’è anche chi viene operato subito grazie all’amico, basta un ok e superi la fila.
Chissà se prima o poi qualcuno vorrà approfondire questo malcostume tutto italiano, anche perché c’è chi vive sulla pelle di altri. La pari dignità sociale di tutte le persone è compromessa dall’intero sistema.
Insomma da “Ippocrate” a “Ipocriti”.
Ciao!!
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