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Cronaca
13 Marzo 2024 - 05:57
Omar ed Erika quando furono arrestati ne 2001
Omar Favaro rischia di andare a processo per maltrattamenti nei confronti dell'ex moglie dal 2019 al 2021 (con cui viveva tra Settimo e Venaria), oltre vent'anni dopo la condanna come uno dei due autori del duplice omicidio di Novi Ligure, avvenuto nel 2001, quando aveva 16 anni.
La procura di Ivrea ha infatti chiuso l'indagine su questo nuovo fascicolo, ma bisognerà vedere se ci sarà una richiesta di rinvio a giudizio, piuttosto probabile, se il quadro accusatorio resterà invariato. L'uomo rischia dunque di tornare in aula, anni dopo avere scontato la condanna e quando la sua vita è quella di un uomo adulto e di padre.
A Favaro, che adesso ha 42 anni, vengono contestati una ventina di episodi, che vanno dalle reiterate minacce di morte all'uso dell'acido per sfregiare l'ex o di ridurla su una sedia a rotelle fino a percosse e violenze fisiche e psicologiche. Sono però tutte accuse rispetto a cui Favaro, sposato con la donna da otto anni, con la quale ha avuto una bambina, si è sempre dichiarato estraneo. Lo aveva fatto anche lo scorso giugno, quando aveva preso la parola nell'udienza di discussione in cui il tribunale del riesame di Torino aveva respinto la richiesta di misure restrittive della Procura di Ivrea nei suoi confronti. Favaro aveva definito "calunniose" le accuse mosse nei suoi confronti dalla ex moglie.
Omar Favaro
Il suo difensore, l'avvocato Lorenzo Repetti, aveva sottolineato che la vicenda s'inserisce nell'ambito di una causa di separazione, dove fra l'altro è in discussione l'affidamento della figlia. In aula il legale aveva fatto presente tra l'altro che dal gennaio 2023 Favaro non aveva più avuto la possibilità di incontrare la figlia, nonostante fosse stato poi disposto l'affidamento congiunto con la mediazione degli assistenti sociali e nel febbraio del 2023 "una consulenza tecnica d'ufficio abbia sottolineato che anche lui, come l'ex moglie, sia capace di genitorialità".
La donna, dal canto suo, aveva parlato agli inquirenti di un rapporto matrimoniale tormentato da soprusi, intimidazioni e percosse. La richiesta di divieto di avvicinamento presentata dalla procura di Ivrea era stata respinta da un giudice del tribunale eporediese e i pubblici ministeri per questo avevano fatto ricorso al riesame. Quelli contestati a Omar dalla Procura di Ivrea sono episodi avvenuti in un paese fra le montagne: la moglie se n'era andata di casa e lui aveva chiesto e ottenuto nel 2022 l'affidamento della piccola. La moglie però avrebbe voluto vedere di più la piccola e la bimba stessa a un certo punto aveva chiesto di andare a vivere con la mamma. Da qui erano partiti esposti incrociati, uno di Favaro, l'altro della sua ex, che si era rivolta ai carabinieri riferendo di percosse, minacce, soprusi e violenze.
"È una guerra dei Roses - erano state le parole di Repetti - dove le accuse a nostro avviso sono funzionali a ottenere nel procedimento civile una posizione di forza che alla donna, al momento, non è riconosciuta. Novi Ligure non c'entra, però è evidente il tentativo di dare maggiore risalto alla separazione".
Un delitto atroce, per la sua efferatezza, per la giovane età degli assassini, per la freddezza con cui cercarono di negare tutto. Sono passati 22 anni dal massacro di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, quando “Erika e Omar”, uccisero a coltellate la madre e il fratellino di lei.
Da tempo i due sono usciti dal carcere e hanno cercato di farsi una nuova vita. Nel 2019 la notizia che Erika De Nardo si era sposata. A rivelarlo al settimanale Oggi era stato don Antoni Mazzi, fondatore della Comunità Exodus che aveva ospitato la giovane.
“Erika ha una nuova vita, si è sposata. Ha maturato la giusta consapevolezza sulla tragedia, quella che permette di continuare a vivere. Il padre è stato molto importante in questo processo”, aveva detto don Mazzi in una lunga intervista.
Erika De Nardo aveva 16 anni quando, il 21 febbraio 2001, a Novi Ligure, insieme all’allora fidanzatino Omar Favaro, anche lui sedicenne, uccise con 96 coltellate la madre Susi Cassini e il fratellino Gianluca, di undici anni.
La donna venne ritrovata sul pavimento della cucina, il figlio nella vasca da bagno al piano superiore.
Fu la stessa Erika a dare l’allarme, dicendo di essere riuscita a sfuggire a degli sconosciuti armati di coltello, entrati all’improvviso in casa, ma mentre si trova con Omar nella caserma dei carabinieri, venne filmata mentre mimava le coltellate e cercava di rassicurare il complice. I ragazzi vengono fermati e portati in carcere.
In primo grado, nel dicembre 2001, il tribunale dei minori di Torino condanna Erika a 16 anni e Omar a 14 anni, sentenza confermata in Cassazione.
Per effetto dell’indulto e dello sconto di pena per buona condotta, per entrambi il periodo di detenzione si è poi ridotto, fino al loro definitivo ritorno in liberta’: per Omar da marzo del 2010, per Erika dal dicembre 2011.
Lui, dopo essersi trasferito con i genitori da Asti ad Acqui Terme, aveva provato a rifarsi una vita in Toscana con una compagna e, infine, stando a quel che si è appreso oggi si era trasferito in provincia di Torino.
Per lei, già prima del “fine pena”, si erano aperte le porte della comunità Exodus di don Mazzi, dove è rimasta per alcuni mesi anche dopo. Nel periodo di detenzione Erika si e’ prima diplomata e poi laureata in filosofia con 110 e lode, mentre in comunità si è occupata di volontariato. In tutti questi anni il padre Francesco le è stato sempre vicino.
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