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Giudiziaria
03 Giugno 2023 - 11:37
E’ di nuovo finito nei guai, con accuse di violenze e minacce nei confronti della ex moglie e maltrattamenti in famiglia di cui sarebbe rimasta vittima anche una figlia in tenera età.
E’ Omar Favaro, condannato con la fidanzatina Erika De Nardo (14 anni lui e 16 anni lei) per il delitto di Novi Ligure consumatosi nel febbraio del 2001, quando, in una villetta del quartiere Lodolino, uccisero con 96 coltellate la madre di lei, Susy Cassini, e il piccolo Gianluca, il fratellino che aveva solo 11 anni.
Favaro, che era minorenne ai tempi del delitto e oggi ne ha 40, è stato accusato dalla Procura di Ivrea per fatti che risalgono al periodo del Covid, tra il 2019 e il 2021, avvenuti in un comune della prima cintura di Torino.
Dopo avere subito minacce e violenze, la moglie, da cui ora si è separato, si è rivolta ai carabinieri.
La procura di Ivrea ha chiesto una misura cautelare che però il Gip non ha concesso. Il caso è sul tavolo del Tribunale del Riesame e le indagini proseguono.
Lorenzo Repetti, l’avvocato che aveva seguito Omar per il delitto di Novi, lo assiste nuovamente.
“Il suo passato - dice , intervistato da Repubblica - non c’entra ma continua a perseguitarlo e non deve essere strumentalizzato come invece si sta cercando di fare in una vicenda che guarda caso nasce proprio durante una causa di separazione dove è in discussione l’affidamento della figlia. Omar ha appreso solo ora di queste imputazioni totalmente infondate. A febbraio una perizia del giudice civile ha confermato la sua capacità genitoriale. A marzo è finito di nuovo sotto accusa».
Epperò il passato ritorna eccome e riporta a galla fatti che tutti avrebbero voluto dimenticare.
Era il 21 febbraio del 2001 quando, per la prima volta, il nome di Omar appare su tutti i media, associato a quello della fidanzata dell’epoca, Erika, per la strage familiare che sconvolse l’Italia.
Nelle indagini della Procura di Ivrea emerge che Omar avrebbe minacciato la moglie di morte, picchiandola, abusando di lei con soprusi fisici e psicologici, scaraventandola a terra, legandole polsi e caviglie per poi costringerla a subire di tutto, stringendole la gola con le mani.
E poi frasi da brivido: «Ti sfregio la faccia con l’acido», «ti mando su una sedia a rotelle», «ti faccio la festa», «Fai schifo», «non esci viva da qui».
Di un’altra religione, Omar l’avrebbe addirittura obbligata a vestirsi come voleva lui, costringendola infine a dargli tutti i soldi guadagnati con il proprio lavoro.
Anche la bimba, stando alle accuse raccolte dai magistrati, sarebbe stata vittima di alcuni maltrattamenti.
La Procuratrice Gabriella Viglione
Per questo la pm Valentina Bossi e la Procuratrice capo Gabriella Viglione della Procura di Ivrea, dopo la denuncia della moglie, hanno tentato di fermare Omar, chiedendo una misura cautelare: il divieto di avvicinamento per quelle ripetute minacce di morte.
In seguito al rifiuto del giudice (a suo dire non ci sarebbe più “l’attualità del pericolo”), hanno fatto appello e ora, il fascicolo è arrivato al tribunale del riesame di Torino che dovrà rivalutare la situazione delle vittime e il rischio che stanno correndo.
Omar e l’ex moglie si erano conosciuti circa otto anni fa sui social. Oggi la donna vive con un nuovo compagno e sta cercando di rifarsi una vita. Omar avrebbe continuato a minacciare entrambi.
Un delitto atroce, per la sua efferatezza, per la giovane età degli assassini, per la freddezza con cui cercarono di negare tutto. Sono passati 22 anni dal massacro di Novi Ligure, in provincia di Alessandria, quando “Erika e Omar”, uccisero a coltellate la madre e il fratellino di lei.
Da tempo i due sono usciti dal carcere e hanno cercato di farsi una nuova vita. Nel 2019 la notizia che Erika De Nardo si era sposata. A rivelarlo al settimanale Oggi era stato don Antoni Mazzi, fondatore della Comunità Exodus che aveva ospitato la giovane.
“Erika ha una nuova vita, si è sposata. Ha maturato la giusta consapevolezza sulla tragedia, quella che permette di continuare a vivere. Il padre è stato molto importante in questo processo”, aveva detto don Mazzi in una lunga intervista.
Erika De Nardo aveva 16 anni quando, il 21 febbraio 2001, a Novi Ligure, insieme all’allora fidanzatino Omar Favaro, anche lui sedicenne, uccise con 96 coltellate la madre Susi Cassini e il fratellino Gianluca, di undici anni.
La donna venne ritrovata sul pavimento della cucina, il figlio nella vasca da bagno al piano superiore.
Fu la stessa Erika a dare l’allarme, dicendo di essere riuscita a sfuggire a degli sconosciuti armati di coltello, entrati all’improvviso in casa, ma mentre si trova con Omar nella caserma dei carabinieri, venne filmata mentre mimava le coltellate e cercava di rassicurare il complice. I ragazzi vengono fermati e portati in carcere.
In primo grado, nel dicembre 2001, il tribunale dei minori di Torino condanna Erika a 16 anni e Omar a 14 anni, sentenza confermata in Cassazione.
Per effetto dell’indulto e dello sconto di pena per buona condotta, per entrambi il periodo di detenzione si è poi ridotto, fino al loro definitivo ritorno in liberta’: per Omar da marzo del 2010, per Erika dal dicembre 2011.
Lui, dopo essersi trasferito con i genitori da Asti ad Acqui Terme, aveva provato a rifarsi una vita in Toscana con una compagna e, infine, stando a quel che si è appreso oggi si era trasferito in provincia di Torino.
Per lei, già prima del “fine pena”, si erano aperte le porte della comunità Exodus di don Mazzi, dove è rimasta per alcuni mesi anche dopo. Nel periodo di detenzione Erika si e’ prima diplomata e poi laureata in filosofia con 110 e lode, mentre in comunità si è occupata di volontariato. In tutti questi anni il padre Francesco le è stato sempre vicino.
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