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16 Febbraio 2024 - 09:29
Furio Ceciliato
L'appello lo lancia Furio Ceciliato, imprenditore canavesano impegnato da anni, attraverso la sua azienda di biglietti da visita "Origamo", nel commercio equo e solidale. "Non fare la fine della Ferragni": Ceciliato ha titolato così un post pubblicato oggi su Facebook. L'imprenditore ha scoperto che alcuni suoi rivenditori vendevano ai clienti dei biglietti da visita non originali spacciandoli per suoi.
La trappola è tutta ai danni del cliente finale. Il brand Origamo, infatti, ha costruito la propria reputazione non solo sulla qualità degli oggetti che produce, ma anche sulla filiera di produzione etica e sulla collaborazione con la fondazione benefica intitolata a Christina Noble, filantropa irlandese che col suo impegno ha salvato dalla fame e dalla povertà educativa migliaia di bambini in Vietnam e Mongolia.
"Mi è capitato, girando presso i Rivenditori, di trovare sui nostri espositori dei biglietti augurali che non c'entrano nulla con Origamo - ha raccontato l'imprenditore su Facebook -. A volte sono addirittura scopiazzature della concorrenza che qualche agente molto insistente è riuscito a piazzare al negoziante, più per pena che per opportunità commerciale".
Il post di Furio Ceciliato
La presenza di prodotti "non Origamo" su espositori Origamo non solo crea un danno commerciale, ha spiegato Ceciliato, "ma soprattutto dà adito ad una confusione molto grave che coinvolge non solo la mia azienda ma soprattutto la Fondazione che noi sosteniamo".
Insomma, se il cliente, comprando il biglietto, è convinto di sostenere la fondazione Christina Noble mentre poi quei soldi non vanno a finire lì c'è un problema. Ne fa le spese chi quei biglietti li produce davvero (e cioè Ceciliato) oltre che la causa benefica per cui quella vendita viene messa in piedi. E di cause benefiche Origamo ne ha sostenute molte.
Un esempio? Recentemente, Origamo ha prodotto il biglietto augurale più grande del mondo, dedicato a Frida Kahlo. Delle copie più piccole di quel biglietto sono state poi vendute dall'azienda che, col ricavato, ha potuto finanziare la Christina Noble Foundation, la cui sezione italiana peraltro è guidata da Furio e dalla moglie Erica Aiello.
Ceciliato s'è poi rivolto ai suoi rivenditori: "Ora il pubblico è ancora più attento a queste tematiche e non puoi permettere che il cliente ti prenda in contropiede e scopra, magari arrivato a casa, che il biglietto che ha preso da quell'espositore non c'entra nulla né con l'etica produttiva né con i progetti solidali di Origamo. Che pessima figura faresti! Da oggi sarò ancora più severo e ho chiesto ai miei agenti di segnalarmi ogni situazione 'promiscua'. Ti prego quindi, qualora ci fossero prodotti non Origamo sui nostri espositori, di spostarli oggi stesso".
Insomma, l'obiettivo dell'imprenditore è proprio evitare "l'effetto Ferragni". L'influencer e imprenditrice digitale è infatti al momento indagata per "truffa aggravata dalla minorata difesa". La questione ruota attorno al pandoro Pink Christmas prodotto dall'azienda Balocco, con sede in Piemonte, che è al centro dell'attenzione dal mese di dicembre.
Questo interesse è stato scatenato dalla multa inflitta dall'Antitrust, pari a un milione di euro per l'imprenditrice digitale e 420 mila euro per l'azienda Balocco. La decisione di iscrivere Chiara Ferragni nel registro degli indagati è stata presa dal procuratore aggiunto di Milano, Eugenio Fusco. Alessandra Balocco, presidente e amministratore delegato dell'azienda produttrice del pandoro Balocco, è anch'essa coinvolta nell'indagine per truffa aggravata.
A dicembre, l'Antitrust ha multato per oltre un milione di euro due società legate a Chiara Ferragni e per 420 mila euro la Balocco. Le società sono state ritenute responsabili di una campagna ingannevole riguardante il pandoro "Pink Christmas", il quale è stato promosso e venduto a un prezzo due volte e mezzo superiore rispetto al prodotto non griffato.
I consumatori sono stati indotti a credere che una parte del ricavato andasse in beneficenza all'ospedale infantile Regina Margherita di Torino con l'acquisto di ogni pandoro. Tuttavia, l'azienda dolciaria aveva già versato complessivamente 50 mila euro all'ospedale e un milione di euro come compenso per Chiara Ferragni, prima ancora dell'avvio della campagna "Pink Christmas".
Insomma, quando l'obiettivo è costruire un modello etico di business, in cui beneficenza, profitto, attivismo e imprenditorialità s'incrociano la trasparenza è la prima regola. Ne va della credibilità del brand e della fiducia che i lettori coltivano in esso.
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