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Voci dal carcere

Un carcere sedato male?

I farmaci servono ma poi anche i trasferimenti continui alla ricerca di un contesto che non crei ulteriore disagio psichico

Un carcere sedato male?

“Sta diventando un carcere di matti”. Inizia così il dossier sulla salute mentale del 19° rapporto sul carcere di Antigone (l’associazione che si occupa delle persone detenute), riferendo le parole di un anziano ispettore che opera in una delle ATSM (Articolazione per la tutela della salute mentale), le speciali strutture che all’interno delle carceri si occupano del disagio psichico.

Forse questa affermazione sta diventando comune fra i tanti che girano nell’ambiente e che serve a rispondere ai molti fatti che popolano le cronache. Non ultima la notizia dal territorio dai sindacati di polizia penitenziaria sull’aggressione subita da un agente per opera di un detenuto che l’ha preso a schiaffi. Una quotidiana violenza forse motivata da un disagio psichico non ben diagnosticato e impossibile da curare in un luogo di detenzione.

Si può partire da un breve riassunto storico. 

Una legge del 2014 chiudeva gli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari), una misura che si realizza nei fatti solo dal 2017 con il passaggio alle Residenze per l’Esecuzione delle misure di sicurezza.

Oggi dunque, per la persona detenuta con disagio psichico dichiarata capace di intendere e volere, esistono due principali soluzioni. Una è fuori dal carcere, qualora la patologia psichica lo renda “incompatibile” con l’ambiente carcerario. L’altra strada – che è anche la più frequente – è che la patologia psichica venga “trattata” dentro al carcere.

Ma per le persone borderline, quelle che non presentano una diagnosi da psicotici, cosa succede?

In parte sono accolti negli ATSM (ce n’è uno per regione) e gli altri?

I farmaci servono ma poi anche i trasferimenti continui alla ricerca di un contesto che non crei ulteriore disagio psichico.

A proposito di farmaci ci sono vari livelli. Quelli più impegnativi prescritti dagli psichiatri (a volte vengono venduti o usati per riprendere vecchi riti di tossicodipendenza) o le benzodiazepine, gli ansiolitici più o meno blandi che però non sono dispensati dal SSN. Fuori, chi ne ha bisogno, se li pagano, ma in carcere molti hanno il conto corrente pari a zero fisso, ma hanno lo stesso bisogno di qualche goccia o qualche pillola che li aiuti a tollerare un contesto di vita difficile e molto ansiogeno.

La Regione per ora sembra solo stringere i cordoni della borsa. I garanti stanno aspettando la pubblicazione dell’indagine compiuta sulla sanità penitenziaria, ma ritarda.

Insomma, un carcere sedato male.

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