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26 Dicembre 2022 - 11:15
In linea con le prescrizioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato pubblicato lo scorso venerdì 23 dicembre, sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il bando di gara relativo alla realizzazione del Grande Acquedotto della Valle Orco.
SMAT Spa è il soggetto attuatore deputato alla realizzazione delle opere. Smat è una municipalizzata con un capitale azionario diviso in quote fra 290 soci di cui 288 Comuni.
"L’importo complessivo - annuncia SMAT in un comunicato stampa - ammonta ad € 254.534.000,00 finanziato dall’Unione Europea tramite il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), con contributo di oltre € 129.000.000,00. Il progetto esecutivo è costituito da 1.473 elaborati e, per consentirne la realizzazione entro giugno 2026, è stato suddiviso in 3 lotti relativi al potabilizzatore e 140 km di condotte...".
Il nuovo acquedotto sarà in grado di garantire la risorsa idropotabile a 50 Comuni situati in Valle Orco, in Eporediese, in Canavese e Calusiese risolvendo definitivamente le criticità quantitative e di vulnerabilità anche derivanti delle variazioni climatiche in corso.
"Con la distribuzione di 600 litri al secondo - scrive SMAT in un comunicato stampa - verranno soddisfatte le necessità dei 130.000 abitanti e di 30.000 fluttuanti e turisti. L’investimento è in grado di generare 4.200 - 4.500 posti di lavoro nell’arco di 3 anni garantendo adeguata occupazione per le successive attività operative. Il contributo NEXT GENERATION UE finanziato dall’Unione Europea tramite il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e patrocinato da Regione Piemonte e ATO3 Torinese consentirà di ridurre in modo rilevante l’aggravio tariffario a carico dei cittadini...".
Il bando prevede come termine per il ricevimento delle offerte il 14 febbraio 2023.
Il presidente di Coldiretti Mecca Cici
140 kilometri di nuove condutture per portare l’acqua da Locana sino a Castellamonte e da qui lungo tre direttrici verso l’eporediese (Ivrea), verso il calusiese (Caluso-Mazzè) e il canavese (Lombardore – Bosconero) compresi tutti i Comuni attraversati per un complesso di circa 125 mila abitanti.
E’ il nuovo “Acquedotto della Valle Orco” che sta alle base di un accordo di programma tra Regione, IREN Energia S.p.A., SMAT S.p.A. e Autorità d’ambito n. 3 “Torinese”, sottoscritto nell’agosto del 2014.
Il Progetto Preliminare è del marzo del 2019 e quantificava l’investimento totale in 186.100.000 euro ma è già lievitato a più di 254. Obiettivo dichiarato: migliorare la fornitura di acqua potabile nelle case dei cittadini residenti in una vasta area del canavese, calusiese, eporediese e rivarolese, con il suo inserimento nel ciclo produttivo di energia idroelettrica in servizio da parecchi decenni nell’alta e media Valle Orco.
Si era ritornati a parlarne questa estate, anche in maniera spinta, sulla scia di una siccità che aveva lasciato alcuni comuni “a bocca asciutta”.
Tutto bene?
Più o meno, non foss’altro che l’approvvigionamento idrico sarà garantito dalle dighe di Ceresole Reale e Pian Telessio nel Parco del Gran Paradiso a quota 2.400 metri e anche lì, quest’estate l’acqua è scarseggiata.
L’impianto, stando ai progetti, avrà sei invasi capaci di trattenere 83 milioni di metri cubi di acqua, un impianto di potabilizzazione da realizzarsi a Locana con un potenziale di 52 mila metri cubi al giorno e condotte del diametro da 500 a 800 millimetri tali da garantirre una distribuzione fino ad un massimo di 600 litri al secondo.
Bene dire – anzi no lo dice il progetto – che l’attuale rete degli acquedotti comunali ha pochissime interconnessioni e utilizza per lo più risorse idriche sotterranee che in alcuni periodi dell’anno fanno fatica a stare dietro alla domanda e d’estate risultano vulnerabili a episodi di inquinamento.
Anche di questo si è discusso in un consiglio comunale a Ivrea, convocato a breve distanza da una conferenza dei servizi, tenutasi il 25 novembre 2021, finalizzata all’acquisizione alla dichiarazione di pubblica utilità che starà alla base delle varianti ai Piani Regolatori All’ordine del giorno l’approvazione del progetto definitivo dell’opera sviluppato in due lotti, il secondo dei quali coinvolgerà anche Ivrea per quanto riguarda la “condotta di adduzione” (31 chilometri) verso est da Castellamonte, passando da Ivrea sino al serbatoio di Monte Leggero a Banchette.
Il primo cittadino di Ivrea Stefano Sertoli (centro destra)
L’Ufficio Tecnico dopo aver verificato la fattibilità urbanistica in deroga al prgc e la Commissione Paesaggistica aveva espresso parere positivo in ordine al vincolo dettato dalla buffer zone Unesco.
«La realizzazione dell’Acquedotto della Valle Orco – aveva commentato l’assessore regionale all’ambiente Matteo Marnati in occasione della proroga della convenzione, stipulata con EgATo3, Smat SpA e Iren Energia SpA, fissando la scadenza al 31 dicembre 2023 – è un intervento di importanza strategica per risolvere e mettere in sicurezza i problemi di approvvigionamento idrico in periodi di carenza, dovuta non solo a problemi strutturali delle reti ma anche alla siccità, una condizione che purtroppo si manifesta sempre con più frequenza come effetto dei cambiamenti climatici in atto”.
Ne siamo davvero così convinti?
A Bardonetto di Locana l’impianto di potabilizzazione potrà prelevare fino a 800 litri al secondo di acqua del torrente Orco. Circa 140 chilometri di tubature la porteranno non solo nei Comuni delle Valli Orco e Soana, ma anche in quelli del Medio Canavese con la possibilità di raggiungere l’hinterland torinese.
Nessuno in consiglio comunale a Ivrea s’è chiesto se il forte prelievo di acqua ridurrà o meno la portata di quella utilizzata per l’irrigazione che, peraltro, come si è visto, quest’estate è scarseggiata e pure tanto.
Nessuno s’è preoccupato di leggere le osservazioni, risalenti a qualche anno fa, del Comitato Acqua Pubblica di Torino che esprimeva dubbi sull’utilità della costosa opera.
Insomma, prima di spendere tutti questi soldi non si sarebbe almeno dovuto chiarire se Smat intende fare il possibile per migliorare gli impianti esistenti? Lo ha fatto? No!
Nel progetto SMAT lamenta che le falde dalle quali i pozzi oggi prelevano l’acqua, sono vulnerabili, cioè inquinabili, per la mancanza di sedimenti argillosi protettivi.
Ottimo! Bene! Bravi. Ci si chiede però… Per quanti di questi pozzi è stata definita, e quindi tutelata, l’area di salvaguardia tramite gli opportuni studi idrogeologici previsti dalle norme, onde evitare l’inquinamento delle falde…?
SMAT ricorda che negli anni 2003, 2005 e 2017 si sono manifestate delle carenze idriche, epperò non abbiamo trovato alcun dato né tanto meno i costi sostenuti per far fronte alle emergenze.
Domanda: “Come si fa a sostenere un investimento di queste dimensioni, pari a più di 250 mln di euro, partendo da considerazioni così generiche?”
SMAT infine dichiara – e il consiglio comunale di Ivrea ha fatto su e giù con la testa – che la finalità dell’opera è di “integrare” l’approvvigionamento idrico delle reti esistenti, non di sostituirle.
Insomma il progetto non si propone l’auspicabile e saggiamente “risparmioso” obiettivo di “razionalizzare il prelievo di risorse idriche pur riconoscendo implicitamente che sarebbe necessario farlo tanto da quantificare in un buon 35% lo spreco d’acqua degli attuali impianti.
Morale?
Se non si apporteranno miglioramenti agli impianti esistenti non si conseguirà alcun auspicabile risparmio di acqua. Ultimo appunto sui costi che finiranno, anzi no, sono già finiti nella bolletta.
Non tutti sanno infatti che la storia dell’acquedotto è vecchia come il cucco. Nasce nel 2005 da una delibera dell’ATO3 e per il periodo che va dal 2009 al 2016 i cittadini hanno già pagato con le loro bollette quasi 32 milioni di euro senza che un tubo venisse posato!
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