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Guerra dell'acqua e "Grande Acquedotto della Valle Orco". Lievitano i costi, tanto paga l'Europa. Sarà un disastro?

C'è il bando di gara. Investimento finanziato con fondi europei

Guerra dell'acqua e "Grande Acquedotto della Valle Orco". Lievitano i costi, tanto paga l'Europa. Sarà un disastro?

In linea con le prescrizioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato pubblicato lo scorso venerdì 23 dicembre, sulla Gazzetta Ufficiale della Unione Europea e sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, il bando di gara relativo alla realizzazione del Grande Acquedotto della Valle Orco.  

SMAT Spa è il soggetto attuatore deputato alla realizzazione delle opere. Smat è una municipalizzata con un capitale azionario diviso in quote fra 290 soci di cui 288 Comuni.

"L’importo complessivo - annuncia SMAT in un comunicato stampa - ammonta ad € 254.534.000,00 finanziato dall’Unione Europea tramite il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), con contributo di oltre € 129.000.000,00. Il progetto esecutivo è costituito da 1.473 elaborati e, per consentirne la realizzazione entro giugno 2026, è stato suddiviso in 3 lotti relativi al potabilizzatore e 140 km di condotte...".

Il nuovo acquedotto sarà in grado di garantire la risorsa idropotabile a 50 Comuni situati in Valle Orco, in Eporediese, in Canavese e Calusiese risolvendo definitivamente le criticità quantitative e di vulnerabilità anche derivanti delle variazioni climatiche in corso.

"Con la distribuzione di 600 litri al secondo - scrive SMAT in un comunicato stampa - verranno soddisfatte le necessità dei 130.000 abitanti e di 30.000 fluttuanti e turisti. L’investimento è in grado di generare 4.200 - 4.500 posti di lavoro nell’arco di 3 anni garantendo adeguata occupazione per le successive attività operative. Il contributo NEXT GENERATION UE finanziato dall’Unione Europea tramite il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e patrocinato da Regione Piemonte e ATO3 Torinese consentirà di ridurre in modo rilevante l’aggravio tariffario a carico dei cittadini...".

Il bando prevede come termine per il ricevimento delle offerte il 14 febbraio 2023.

La polemica di Coldiretti

Il presidente di Coldiretti Mecca Cici

Sul progetto di cui si parla oramai da anni Coldiretti tutto vuole fare salvo che farsi portare a spasso come la bela maria.
“Stavo giusto pensando di raccogliere più informazioni - commentava con noi qualche settimana fa il presidente di Coldiretti Bruno Mecca Cici - A noi non è mai arrivato nulla di ufficiale. In linea di massima vanno bene le concessioni a chi spende di più o a chi ci guadagna, come nel caso della diga di Ceresole la cui gestione è affidata a Iren, ma se poi l’agricoltura è condi- zionata dalla magnanimità di chi gestisce i corsi d’acqua, non va bene....”.
La verità è che... “dopo un’annata così siccitosa dovremmo avere imparato che qualunque progetto di captazione idrica deve essere adeguato al concetto di uso plurimo delle acque – osservava ancora - Rispolverare un progetto come quello dell’acque- dotto della valle Orco e concepirlo per il solo utilizzo idropotabile ci pare del tutto anacronistico. Un’opera che prevede un prelievo importante da bacini imbriferi come quello dell’Orco che vede i ghiacciai in ritirata e la mancanza di precipitazioni nevose deve perlomeno essere utile per tutti e tre gli usi strategici: potabile, energetico e anche irriguo. Dobbiamo imparare tutti qualcosa da quello che sta accadendo al clima. Il primo insegnamento è che l’acqua non deve mancare all’agricoltura. Le produzioni agricole, dai cereali ai foraggi, dagli ortaggi alla frutta tutti i prodotti della terra hanno bisogno di acqua. Senza irrigazione non c’è agricoltura. Se dovremo fare fronte ad annate sempre più siccitose, intervallate da bombe d’acqua, l’unica strada per continuare a produrre cibo senza dover aumentare la dipendenza dall’estero è accumulare l’acqua quando piove troppo per usarla quando non piove ma anche utilizzare le risorse per i grandi investimenti pubblici in favore di opere che coprano tutti i fabbisogni primari. L’agricoltura deve entrare a pieno titolo tra i bisogni primari e non ci deve più essere una grande derivazione così come una grande captazione che non siano progettate anche per finalità irrigue. Ci aspettiamo che l’ATO acque, Regione Piemonte, Città Metropolitana, Iren e Smat vogliano incontrarci per discutere insieme di adeguamento del progetto che risponda anche ai fabbisogni irrigui».
Considerando che c'è già un bando, ci sa tanto che Mecca Cici è arrivato troppo tardi...

Nel dettaglio il progetto

140 kilometri di nuove condutture per portare l’acqua da Locana sino a Castellamonte e da qui lungo tre direttrici verso l’eporediese (Ivrea), verso il calusiese (Caluso-Mazzè) e il canavese (Lombardore – Bosconero) compresi tutti i Comuni attraversati per un complesso di circa 125 mila abitanti.

E’ il nuovo “Acquedotto della Valle Orco” che sta alle base di un accordo di programma tra Regione, IREN Energia S.p.A., SMAT S.p.A. e Autorità d’ambito n. 3 “Torinese”, sottoscritto nell’agosto del 2014. 

Il Progetto Preliminare è del marzo del 2019 e quantificava l’investimento totale in 186.100.000 euro ma è già lievitato a più di 254. Obiettivo dichiarato: migliorare la fornitura di acqua potabile nelle case dei cittadini residenti in una vasta area del canavese, calusiese, eporediese e rivarolese, con il suo inserimento nel ciclo produttivo di energia idroelettrica in servizio da parecchi decenni nell’alta e media Valle Orco. 

Si era ritornati a parlarne questa estate, anche in maniera spinta, sulla scia di una siccità che aveva lasciato alcuni comuni “a bocca asciutta”. 

Tutto bene?

Più o meno, non foss’altro che l’approvvigionamento idrico sarà garantito dalle dighe di Ceresole Reale e Pian Telessio nel Parco del Gran Paradiso a quota 2.400 metri e anche lì, quest’estate l’acqua è scarseggiata. 

L’impianto, stando ai progetti, avrà sei invasi capaci di trattenere 83 milioni di metri cubi di acqua, un impianto di potabilizzazione da realizzarsi a Locana con un potenziale di 52 mila metri cubi al giorno e condotte del diametro da 500 a 800 millimetri tali da garantirre una distribuzione fino ad un massimo di 600 litri al secondo.

Bene dire  – anzi no lo dice il progetto – che l’attuale rete degli acquedotti comunali ha  pochissime interconnessioni e utilizza per lo più risorse idriche sotterranee che in alcuni periodi dell’anno fanno fatica a stare dietro alla domanda e d’estate risultano vulnerabili a episodi di inquinamento. 

In consiglio comunale a Ivrea

Anche di questo si è discusso in un consiglio comunale a Ivrea, convocato a breve distanza da  una conferenza dei servizi, tenutasi il 25 novembre 2021, finalizzata all’acquisizione alla dichiarazione di pubblica utilità che starà alla base delle varianti ai Piani Regolatori All’ordine del giorno l’approvazione del progetto definitivo dell’opera sviluppato in due lotti, il secondo dei quali coinvolgerà anche Ivrea per quanto riguarda la “condotta di adduzione” (31  chilometri) verso est da Castellamonte, passando da Ivrea sino al serbatoio di Monte Leggero a Banchette.

Il primo cittadino di Ivrea Stefano Sertoli (centro destra)

L’Ufficio Tecnico dopo aver verificato la fattibilità urbanistica in deroga al prgc e la Commissione Paesaggistica aveva espresso parere positivo in ordine al vincolo dettato dalla buffer zone Unesco. 

«La realizzazione dell’Acquedotto della Valle Orco – aveva commentato l’assessore regionale all’ambiente Matteo Marnati in occasione della proroga della convenzione, stipulata con EgATo3, Smat SpA e Iren Energia SpA, fissando la scadenza al 31 dicembre 2023 – è un intervento di importanza strategica per risolvere e mettere in sicurezza i problemi di approvvigionamento idrico in periodi di carenza, dovuta non solo a problemi strutturali delle reti ma anche alla siccità, una condizione che purtroppo si manifesta sempre con più frequenza come effetto dei cambiamenti climatici in atto”.  

Ne siamo davvero così convinti?

Ricapitolando

A Bardonetto di Locana l’impianto di potabilizzazione potrà prelevare fino a 800 litri al secondo di acqua del torrente Orco. Circa 140 chilometri di tubature la porteranno non solo nei Comuni delle Valli Orco e Soana, ma anche in quelli del Medio Canavese con la possibilità di raggiungere l’hinterland torinese. 

Nessuno in consiglio comunale a Ivrea s’è chiesto se il forte prelievo di acqua ridurrà o meno la portata di quella utilizzata per l’irrigazione che, peraltro, come si è visto, quest’estate è scarseggiata e pure tanto. 

Nessuno s’è preoccupato di leggere le osservazioni, risalenti a qualche anno fa, del Comitato Acqua Pubblica di Torino che esprimeva dubbi sull’utilità della costosa opera. 

Insomma, prima di spendere tutti questi soldi non si sarebbe almeno dovuto chiarire se Smat intende fare il possibile per migliorare gli impianti esistenti? Lo ha fatto? No! 

Nel progetto SMAT lamenta che le falde dalle quali i pozzi oggi prelevano l’acqua, sono vulnerabili, cioè inquinabili, per la mancanza di sedimenti argillosi protettivi. 

Ottimo! Bene! Bravi. Ci si chiede però… Per quanti di questi pozzi è stata definita, e quindi tutelata, l’area di salvaguardia tramite gli opportuni studi idrogeologici previsti dalle norme, onde evitare l’inquinamento delle falde…?

SMAT ricorda che negli anni 2003, 2005 e 2017 si sono manifestate delle carenze idriche, epperò non abbiamo trovato alcun dato né tanto meno i costi sostenuti per far fronte alle emergenze. 

Domanda: “Come si fa a sostenere un investimento di queste dimensioni, pari a più di 250 mln di euro, partendo da considerazioni così generiche?”

SMAT infine dichiara – e il consiglio comunale di Ivrea ha fatto su e giù con la testa – che la finalità dell’opera è di “integrare” l’approvvigionamento idrico delle reti esistenti, non di sostituirle. 

Insomma il progetto non si propone l’auspicabile e saggiamente “risparmioso” obiettivo di “razionalizzare il prelievo di risorse idriche pur riconoscendo implicitamente che sarebbe necessario farlo tanto da quantificare in un buon 35%  lo spreco d’acqua degli attuali impianti. 

Morale?

Se non si apporteranno miglioramenti agli impianti esistenti non si conseguirà alcun auspicabile risparmio di acqua. Ultimo appunto sui costi che finiranno, anzi no, sono già finiti nella bolletta.

Non tutti sanno infatti che la storia dell’acquedotto è vecchia come il cucco. Nasce nel 2005 da una delibera dell’ATO3 e per il periodo che va dal 2009 al 2016 i cittadini hanno già pagato con le loro bollette quasi 32 milioni di euro senza che un tubo venisse posato!

proposito del nuovo acquedotto: una lettera del Comitato Basso  Canavese inviata a Smat e alla Regione Piemonte. E' del 2018!

"Le generazioni, che si sono succedute nel corso di otto secoli, hanno consegnato alla nostra un grande prezioso patrimonio grazie al lavoro di molte generazioni di tecnici e di agricoltori: terreni originariamente poverissimi sono stati trasformati in una delle zone più intensamente coltivate e produttive del nostro paese. E’ compito, e obbligo morale della generazione presente verso quelle che verranno, non solo di curare la perfetta conservazione di questo patrimonio, ma di perfezionarlo e ampliarlo nella massima misura consentita dalle risorse idriche della Regione”.
(Tratto da un discorso del Prof. Giulio Demarchi primo Direttore del Poliateneo di Milano considerato una delle figure più importanti dell’Idraulica Italiana e Internazionale. Milano dicembre 1954).
Tenendo in evidenza tutto quanto sopra ricordato, il Comitato Basso Canavese, che si è costituito dopo la disastrosa alluvione del 1994, opera nel basso Canavese, proprio nei Comuni dove esistono diverse concessioni irrigue e ben conosce il territorio e le sue acque. Per mera coincidenza si è potuto prendere visione del progetto che intende costruire un acquedotto dal Torrente Orco che  preleva 800/ls dalle  acque della Valle dell’Orco e alimenta i Comuni del Medio-alto Canavese.
Tale progetto doveva essere illustrato a tutte le concessioni presenti sull’asta dell’Orco. Si chiede di essere informati per le prossime riunioni. Nel Basso Canavese le aziende agricole Cerello e Vallano sono titolari di una regolare concessione sull’Orco e durante il prelievo nel mese di luglio, proprio nel momento di massima utilizzazione, il torrente è per il 95 % delle volte in secca.
Le ultime annate hanno evidenziato che il periodo critico si sta prolungando ben oltre i mesi centrali dell’estate. Ricordiamo che nel trentennio 60/80 del secolo scorso i prelievi indiscriminati di materiale litoide dall’alveo del torrente Orco hanno dato luogo all’abbassamento delle falde acquifere e l’agricoltura e la forestazione ancora oggi ne subiscono i danni. L’ultimo rinnovo della concessione ha ridotto il prelievo per l’irrigazione del territorio agricolo sopra citato, proprio in nome del risparmio idrico. Le conseguenze di questa riduzione sono davanti agli occhi di tutti. Per la mancanza dell’ acqua il territorio si desertifica, scendono le produzioni agricole forestali si riducono le prospettive di lavoro, manca la sicurezza alimentare mentre continuiamo ad aumentare le importazioni dall’estero perché scarseggiano le nostre materie agricole, indispensabili per filiere alimentari di qualità.
Perdiamo l’autosufficienza. Il cambiamento climatico  ha ridotto di molto alcuni ghiacciai della Valle Orco e altri sono ormai quasi inesistenti, il grave problema è ben visibile a tutti e pensare di voler prelevare dell’acqua per costruire un acquedotto di 150Km ci lascia perplessi e con molti dubbi.
Prima di decidere nuovi utilizzi delle acque il buon senso consiglia che si deve intervenire creando serbatoi o semplicemente invasi di contenimento delle acque nei momenti di pioggia intensa che è pericolosa per le alluvioni, e successivamente utilizzarla nei momenti di crisi idrica.
Diventa così una riserva d’acqua sempre a disposizione per gli incendi boschivi o per ogni altra necessità.
La misura 4.4.1.del PSR della Regione Piemonte su direttiva della Comunità Europea incentiva la creazione di siepi e filari, aree umide, per favorire la biodiversità e migliorare l’acqua ed il suolo. Come si può, nel Canavese, implementare questa misura, se si pensa di usare l’acqua solo come misura di soccorso, tramite irrigazione a goccia. Andiamo contro le direttive comunitarie.
L’agricoltura e la forestazione creano benessere, qualità di vita per i residenti, creano e mettono in evidenza il paesaggio con le splendide opere d’arte del Piemonte stimolando il turismo. Senza acqua, utilizzata con il buon senso, l’agricoltura muore e con lei la natura che è la più bella opera d’arte che Dio ci ha donato.
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