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La guerra? Ma perché non vanno al bar e si mettono d’accordo per non farla più?

Ivrea invoca la pace: un presidio contro l'arroganza dei potenti e il genocidio dimenticato

C’è un’immagine che da sola basterebbe a raccontare tutto. Un bambino sventola la bandiera della Pace in piazza Ferruccio Nazionale, davanti a un cartello colorato e a un vecchio manifesto ormai scolorito. È sabato 2 agosto, non fa molto caldo, il cielo è cupo, qualcuno si ferma altri osservano in silenzio. Una bambina guarda la nonna e chiede: “Cos’è la guerra?”, poi aggiunge con quella disarmante semplicità che solo i bambini conoscono: “Ma perché non vanno al bar e si mettono d’accordo per non farla più?”

Non è retorica. È la verità nuda. La verità che noi adulti abbiamo dimenticato. La verità che i potenti rimuovono, troppo occupati a inviare ultimatum, a spostare flotte militari, a minacciare rappresaglie, a firmare contratti per nuovi missili.

E allora eccoci qui, per la 179esima settimana consecutiva. Ivrea resiste. Ivrea si ostina. Ivrea non dimentica.

Pierangelo Monti apre la giornata come ogni sabato, con voce ferma e parole taglienti.

“Siamo qui contro le guerre, contro i razzismi, contro le occupazioni militari, contro la logica del più armato”.

Ma anche questa settimana sono arrivate nuove espressioni di arroganza da parte delle superpotenze nucleari.

“Trump ha dato 10 giorni alla Russia per cessare la guerra. Medvedev ha risposto che ogni ultimatum è un passo verso il conflitto globale. E Trump, invece di parlare di diplomazia, ha mandato due sottomarini nucleari nelle 'aree appropriate'. Questo è il mondo in cui viviamo. Questo è il mondo che vogliamo per i nostri figli?”

Monti richiama poi la lunga storia del diritto: “Dall’antico Codice di Hammurabi al Decalogo, fino alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tutto scritto per limitare la violenza, per costruire pace. Ma oggi viene violato tutto: il diritto, l’umanità, la coscienza.”

Infine nomi, numeri, fatti. E i numeri fanno male. “Sessantamila morti a Gaza. Un terzo erano minorenni. Il Washington Post ha pubblicato i nomi di 18.500 bambini uccisi. Bambini!. Mille di loro non avevano ancora compiuto un anno. Centinaia sono morti di fame mentre cercavano di raggiungere i centri di distribuzione alimentare. Più di 1.400 operatori sanitari uccisi. Gli ospedali bombardati. Le ambulanze distrutte. È genocidio, lo dicono le società scientifiche, lo dicono gli esperti di salute pubblica, lo dicono persino scrittori israeliani come David Grossman, che ha perso un figlio e oggi non riesce più a trattenersi dal chiamare tutto questo con il suo nome: genocidio.”

E mentre Israele continua ad essere considerato “Stato amico”, e non viene sanzionato da nessuno, si assiste anche a un’escalation in Cisgiordania.

Monti racconta della distruzione della Casa dei semi dell’UAWC. “Un attacco alla sovranità alimentare di un popolo. Come si può colpire un magazzino di sementi? Che livello di disumanità è questo?”

Eppure ci sono anche segni di resistenza. “Più della metà dei riservisti israeliani non vogliono tornare al fronte. Quattro si sono tolti la vita nelle ultime due settimane. C’è chi dice basta. Anche lo sport prende posizione: Alessandro De Marchi, ciclista italiano, ha dichiarato che oggi non indosserebbe più la maglia della squadra Israel-Premier Tech. E poi ci sono i camalli di Genova, i portuali che hanno bloccato lo sbarco di container con armi per Israele. E la compagnia Cosco ha dovuto rinunciare.”

Monti elenca anche i piccoli segnali istituzionali: la Commissione Europea che propone di sospendere Horizon, Paesi Bassi che dichiarano ministri israeliani “persone non grate”, la Slovenia che blocca le vendite di armi. “E in tutto questo, l’Italia? L’Italia osserva e borbotta. Ma non si muove.”

Giorgio Franco legge con voce profonda un testo di Di Malek al-Khoury, pubblicato su Invicta Palestina.

Il riconoscimento dello Stato Palestinese — dice — rischia di essere solo una farsa diplomatica.

“Non è una liberazione. È la normalizzazione di una sconfitta. Una bandiera issata su un territorio occupato, frammentato, inaccessibile.”

Guarda al presidente francese Macron e all'inglese Starmer, cita anche le manovre geopolitiche tra Parigi e Riad, Ankara e Londra. “Chi pensa a Gaza come moneta di scambio, ha già deciso che la vita umana vale meno di un contratto.”

Poi aggiunge la sua riflessione personale: “Senza sanzioni, senza sospensione dei rapporti militari, senza una revisione dell’accordo UE-Israele, il riconoscimento della Palestina è solo un gesto da passerella. Non cambia nulla per chi soffre.”

Livio Obert porta la voce di Pax Christi. Legge il comunicato durissimo sul sequestro della nave Handala in acque internazionali da parte dell’IDF. “È una violazione gravissima. Chiediamo che l’Italia intervenga immediatamente.”

Seguono le parole struggenti di don Mimmo Battaglia, vescovo di Napoli.

"Ogni cifra è una fronte che scotta. Non chiamate 'danni collaterali' le madri che scavano tra le macerie. Non chiamate 'interferenze strategiche' i ragazzi cui avete rubato il futuro. La guerra è l’unico affare in cui investiamo la nostra umanità per ricavarne cenere."

Una donna in prima fila piange in silenzio. Qualcuno abbassa lo sguardo. La voce di Obert trema ma continua.

"Se non volete farlo per Dio, fatelo almeno per quel poco di umano che ancora ci tiene in piedi."

Quasi in chiusura una poesia, che è soprattutto riflessione, di Mara De Santi“Ci siamo smarriti. Abbiamo inseguito la comodità e dimenticato l’essenziale. Forse ci stiamo trasformando in un’altra specie. Ma forse c’è ancora tempo. Forse possiamo ancora ritrovare la strada.”

Monti propone di dedicare il prossimo presidio — il 180° — al ricordo di Hiroshima e Nagasaki, 80 anni dopo. L’evento straordinario con i canoisti sarà organizzato per il 26 settembre, giornata internazionale per l’eliminazione delle armi nucleari. Inviterà tutti i sindaci del Canavese ad esserci e a unirsi alla rete Mayors for Peace.”

E poi? Poi Franco Seren Rosso ricorda che il 2 agosto 1980, esattamente 45 anni fa, la strage di Bologna sconvolse l’Italia. 85 morti, 200 feriti. Un attentato fascista, ancora oggi impunito in troppe coscienze. Monti invita a un minuto di raccoglimento per tutte le vittime del fascismo ed è così che si chiude il 179° presidio per la pace di Ivrea, la città che non tace, la città che resiste, la città che non si abitua.

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