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Intervision 2025, la Russia si inventa il suo Eurovision per dimostrare di non essere sola

Dal samovar alle collane di pane, dal patriottismo di Shaman ai 23 Paesi amici: il nuovo festival voluto da Putin punta a dimostrare che la Russia non è sola, ma suona più come propaganda che come musica.

A Mosca si canta, e si canta forte. Sul palco delle prove dell’Intervision Song Contest c’è Shohruhmirzo Ganiev, giovane artista uzbeko che intona melodie dedicate all’amore e alla sua madrepatria. Accanto a lui il coach lo incalza: «Tieni le gambe dritte come un uomo e allarga le braccia!». È solo una prova, ma Shohruhmirzo si impegna come fosse già davanti al pubblico: voce vibrante, tamburo doira tra le mani, mix di tradizione e modernità.

Intervision 2025 è l’ultima creatura del Cremlino. Esclusa dall’Eurovision nel 2022, dopo l’invasione dell’Ucraina, la Russia ha deciso di crearsi un festival tutto suo. Non un clone, ma la “risposta sovrana” a quello che in Europa è considerato il trionfo del kitsch e del pop internazionale. Qui il kitsch lascia spazio al folklore, e soprattutto alla politica. Perché l’idea è firmata direttamente da Vladimir Putin, che con un decreto ha rilanciato un vecchio concorso sovietico, presentandolo come strumento per «sviluppare la cooperazione culturale e umanitaria internazionale». La verità è più semplice: Mosca ha bisogno di un palcoscenico globale da cui non essere esclusa.

La lista dei 23 Paesi partecipanti parla chiaro: Cina, India, Brasile, Sudafrica, Vietnam, Venezuela, Qatar, Arabia Saudita, Madagascar. Tutti partner strategici, membri di organizzazioni come i Brics o la Shanghai Cooperation Organisation. Non è la mappa musicale dell’Eurovision, ma la cartina politica delle alleanze russe. Una vetrina per dimostrare che, nonostante le bombe su Kiev, la Russia non è isolata.

La sorpresa è la presenza degli Stati Uniti. Segnale del disgelo nei rapporti bilaterali dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Ma il percorso non è stato privo di intoppi. Il concorrente originariamente scelto, il cantante Brandon Howard (in arte B.Howard), si è ritirato alla vigilia del concorso. Ufficialmente per motivi personali: «Purtroppo ho avuto problemi familiari qui in patria, che mi hanno impedito di andare all’estero e partecipare», ha dichiarato in una telefonata dagli Stati Uniti. «Comunque credo davvero che sia un evento meraviglioso».

Alla domanda se qualcuno lo avesse sconsigliato di partecipare a causa della guerra, Howard ha ammesso: «Alcuni fan mi hanno detto qualcosa in merito, esprimendo una certa preoccupazione. Ma nella maggior parte dei casi tutti mi hanno incoraggiato, sostenendo che sarei stato un faro di luce». Alla fine, al suo posto è arrivata la cantante australiano-greca Vassy, che vive a Los Angeles.

I russi non hanno mancato di sottolineare la portata dell’evento. «Nei Paesi partecipanti vivono 4,3 miliardi di persone, più della metà della popolazione mondiale», ha dichiarato con orgoglio Sergei Kiriyenko, vice capo di gabinetto di Putin e presidente del consiglio di supervisione del concorso. Accanto a lui, alla conferenza stampa, c’erano il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il vicepremier Dmitry Chernyshenko: una cornice istituzionale che toglie ogni dubbio sulla natura geopolitica del festival.

«So che alcuni pensano che l’Eurovision abbia un lato politico», gli ha fatto notare un giornalista. «Ma qui siedono Cremlino, ministero degli Esteri e governo russo. Non è la prova che Intervision è un progetto puramente politico?». La risposta di Lavrov è stata netta: «Se i governi di certi Paesi non si preoccupano di creare meccanismi per sostenere la cultura, è una loro scelta. In Russia lo Stato promuove l’arte. La sua domanda nasce dalla paura della concorrenza».

A Kiev, però, nessuno si fa illusioni: «Il Ministero degli Esteri dell’Ucraina ritiene che l’Intervision 2025 organizzato dalla Russia sia uno strumento di propaganda ostile e un mezzo per ripulire la politica aggressiva della Federazione Russa», aveva dichiarato l’istituzione già a maggio.

E la guerra, in effetti, rimane nei pensieri di molti. Lo conferma Renee Kruger, del gruppo sudafricano Mzansi Jikelele: «La cosa spaventosa è la guerra, tutto quello che sta succedendo. Sono le cose a cui pensavamo. Ma ci hanno rassicurato dicendo: venite e basta, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Certo, siamo nervosi, ma qui siamo stati trattati molto bene».

Intanto la Russia si prepara a giocare la sua carta patriottica. Sul palco salirà Yaroslav Dronov, meglio conosciuto come Shaman, già sanzionato dall’Unione Europea per aver sostenuto politiche che minano la sovranità ucraina. Il suo inno I’m Russian recita: «Sono russo, vado fino in fondo. Sono russo, a dispetto del mondo intero». Ben lontano dallo spirito inclusivo dell’Eurovision.

Eppure il Cremlino prova a costruire un’immagine più morbida. Al sorteggio per decidere l’ordine delle esibizioni, le delegazioni straniere sono state accolte con un banchetto di blini, frittelle di ricotta e panpepato decorato con il logo di Intervision. I volontari hanno distribuito collane di ciambelle di pane, mentre ballerini in costume tradizionale intrattenevano gli ospiti. Ognuno, poi, ha preso una tazza da un gigantesco samovar: all’interno compariva il numero di esibizione. Tradizione, ospitalità, spettacolo.

Lo stesso vale per le canzoni. Il regolamento spiega che l’obiettivo è «far conoscere le tradizioni culturali uniche dei Paesi e promuovere valori spirituali, familiari, etici e religiosi». Così il vietnamita Duc Phuc racconta la sua cultura nazionale: «Il Ministero della Cultura mi ha scelto per rappresentare il Paese». La brasiliana Tais Nader, invece, canta di Maria: «È come ogni donna brasiliana. Lavora duro per vivere, ma sorride sempre e i suoi occhi brillano».

La verità, però, è che per molti l’Eurovision resta sconosciuto. «Abbiamo cercato Intervision su internet e abbiamo scoperto Eurovision! Prima non conoscevamo né l’uno né l’altro. Per noi è tutto nuovo», ammettono candidamente alcuni concorrenti.

Così, tra samovar e panpepato, tra inni patriottici e sorrisi diplomatici, Intervision 2025 prova a presentarsi come il festival che unisce i popoli. Ma in filigrana resta quello che è: l’ennesimo strumento del Cremlino per dire al mondo che la Russia non è sola, anche se la sua musica suona più come propaganda che come armonia.

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