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Domenica è l’ultimo giorno di Decathlon. "Staccata la spina" con un mese d’anticipo

La chiusura era prevista ad ottobre. La città si risveglia più povera...

Domani è l’ultimo giorno di Decathlon. "Staccata la spina" con un mese d’anticipo

Domani è l’ultimo giorno di Decathlon. "Staccata la spina" con un mese d’anticipo

Domenica è l’ultimo giorno di Decathlon. A Venaria cala il sipario sul punto vendita di corso Garibaldi, ma con un dettaglio che rende la notizia ancora più amara: la chiusura arriva con un mese di anticipo rispetto a quanto annunciato dalla stessa azienda. Doveva essere ottobre. Sarà settembre.

Il 14, per la precisione. Staccata la spina, di colpo, senza più appello. E così quello che era stato salutato come il grande approdo della multinazionale francese alle porte di Torino diventa, nel giro di pochi anni, l’ennesima ferita aperta per un territorio che negli ultimi mesi ha perso pezzo dopo pezzo.

Nel punto vendita venariese lavorano quindici persone.

Oggi le parole pronunciate nei mesi scorsi risuonano come un disco rotto: “È un colpo durissimo per il territorio. Ci auguriamo che le istituzioni siano al nostro fianco”, aveva detto Luca Sanna, rappresentante della UILTuCS. Una richiesta rimasta sospesa, come sospeso resta il destino dei dipendenti.

La chiusura del Decathlon di Venaria non è un fulmine isolato. Prima c’era stato il Bricocenter, che aveva lasciato a bocca asciutta lavoratori e clienti. Prima ancora, lo scorso marzo, la batosta del polo logistico di Brandizzo: 21.000 metri quadrati, 32 baie di carico, operativo dal 2016, smantellato in poche settimane. Centoventicinque persone mandate a casa in nome della “razionalizzazione”. E oggi quel capannone è vuoto, abbandonato, monumento silenzioso all’illusione di uno sviluppo che non c’è più.

Ora la storia si ripete a Venaria, con la stessa dinamica, la stessa freddezza, la stessa sensazione di impotenza.

Il cartello che annuncia la chiusura

Il sindaco Fabio Giulivi aveva parlato di sorpresa, di decisione “inattesa che ha spiazzato tutti”. Aveva chiesto un tavolo di confronto, un incontro urgente con la direzione. Aveva promesso impegno, trasparenza, dialogo. “Abbiamo appreso con grande sorpresa della chiusura. Con Decathlon avevamo avviato progetti importanti in ambito sportivo con la città”, aveva scritto su Facebook. Ora resta solo un post che sa di resa.

E l’opposizione? Ha fatto sentire la sua voce, accusando l’amministrazione di immobilismo. “Il sindaco aveva presentato l’apertura di Decathlon come un successo politico. Ora si faccia portavoce delle esigenze dei lavoratori”, aveva incalzato Rossana Schillaci, consigliera comunale del Partito Democratico. Stessa linea per Davide De Santis del Movimento 5 Stelle: “Ogni chiusura è un colpo all’economia cittadina. Venaria non può permettersi di assistere passivamente a questo declino. Serve un confronto vero, una strategia di rilancio”. Belle parole, ancora una volta. Ma domani il negozio chiude lo stesso.

Il paradosso è che mentre qui si abbassano serrande, altrove si tagliano nastri. Nel Torinese, Decathlon continua ad aprire punti vendita: in corso Unione Sovietica, in Borgo Filadelfia, in pieno centro a Torino di fronte a Porta Nuova. A Venaria no. Qui si chiude. Il perché non è mai stato spiegato fino in fondo. L’azienda parla di “revisione organizzativa”, di “dare maggiore impulso alla nostra attività globale”, di “razionalizzazione”. Ma cosa significa davvero? Perché si sacrifica un negozio che, almeno sulla carta, doveva rappresentare un presidio strategico per il Nord di Torino? La domanda resta senza risposta. Tant’è.

Intanto Venaria si ritrova più povera. Non solo di un negozio, ma di un pezzo di identità. Perché Decathlon non era soltanto un punto vendita: era un luogo di incontro, uno spazio in cui lo sport diventava accessibile, in cui le famiglie passavano i sabati pomeriggio, in cui i ragazzini compravano la loro prima racchetta da tennis o il pallone per la partita all’oratorio. Era un simbolo. E quando un simbolo cade, a rimanere è il vuoto.

Eppure, quando il Decathlon aprì nel 2021, era stato salutato come un segnale di rinascita. Un successo per l’amministrazione, un’opportunità per la città. Oggi resta solo un ricordo.

Il caso Decathlon racconta molto più di una chiusura commerciale. Racconta la fragilità di un territorio che negli ultimi anni si è visto smantellare poli produttivi, svuotare negozi, impoverire l’offerta commerciale. Racconta l’incapacità della politica di reagire in tempo, di proporre alternative, di costruire un futuro che non sia fatto solo di rassegnazione. Racconta di famiglie che da un giorno all’altro si trovano senza certezze. E racconta, soprattutto, l’assenza di una strategia di lungo periodo per i centri urbani che non sono metropoli, ma nemmeno paesini di provincia. Città come Venaria rischiano di rimanere intrappolate in un limbo: troppo grandi per essere ignorate, troppo piccole per essere considerate prioritarie.

Domenica calerà il sipario. Senza clamore, senza proteste, senza striscioni davanti alle vetrine. Solo la serranda che si abbassa e il cartello che invita i clienti ad andare altrove: a Settimo, a Grugliasco, in centro a Torino. Venaria si sveglierà più vuota. E i suoi cittadini, una volta di più, si troveranno a chiedersi: perché qui no?

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