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Basta "marchette" nei corridoi delle Molinette. E' l'ultimo "atto" di Schael

Un nuovo regolamento chiude l’era delle visite improvvisate e delle pressioni occulte. Accessi solo con tesserino, orari rigidi e tracciabilità obbligatoria. Dopo dieci anni di vuoto, l’ultimo atto del commissario mette fine al far west degli informatori scientifici

Basta "marchette" nei corridoi delle Molinette. E' l'ultimo "atto" di Schael

Basta "marchette" nei corridoi delle Molinette. E' l'ultimo "atto" di Schael

Era ora. Dopo anni di accessi più o meno liberi, incontri nei corridoi e visite non sempre tracciate, la Città della Salute e della Scienza di Torino ha finalmente un provvedimento in cui si dice nero su bianco cosa possono e cosa non possono fare gli informatori scientifici del farmaco. A firmare la delibera che adotta il nuovo regolamento è stato il commissario Thomas Schael, che lascia così un ultimo atto destinato a pesare a lungo, forse più di tanti altri provvedimenti che l’hanno preceduto.

Il documento parla chiaro: niente più improvvisazioni, perché da oggi l’accesso agli ospedali non sarà più un favore o un’abitudine consolidata, ma un diritto solo per chi ha i requisiti. L’informatore scientifico deve essere davvero tale, con laurea riconosciuta, accreditamento presso la Regione Piemonte e un tesserino identificativo che lo renda immediatamente riconoscibile. Non un agente di commercio travestito, non un venditore con il catalogo in mano, non chi spera di intrufolarsi in reparto confidando nella compiacenza di qualche medico.

atto

La stretta è evidente anche sulle modalità di accesso. Stop alle visite durante l’orario dei pazienti, stop alle chiacchiere negli ambulatori, stop alle presentazioni casuali nei corridoi. Gli incontri potranno avvenire solo in spazi dedicati: sale riunioni, biblioteche, studi medici. Non quando passa il carrello delle terapie, non mentre un medico è in ambulatorio. Gli orari saranno definiti, resi pubblici e approvati dalle direzioni sanitarie, con tanto di calendario. In pratica, chi vuole presentare un farmaco dovrà prenotarsi come chiunque altro e rispettare orari rigidi: al massimo tre pomeriggi alla settimana, dalle 14 alle 17. Non un minuto prima, non un minuto dopo. Una cornice rigida che restituisce un minimo di serietà a un settore in cui la linea tra informazione e marketing è sempre stata troppo sottile, e che troppo spesso ha trasformato i reparti ospedalieri in luoghi di promozione commerciale mascherata.

La regola fondamentale, però, è la tracciabilità. Ogni visita dovrà essere registrata su apposite schede, con nomi, orari e farmaci presentati, e questi documenti dovranno essere conservati per anni, pronti per eventuali controlli. Non si potrà più far finta di nulla: o c’è trasparenza o scattano sanzioni disciplinari per i medici e segnalazioni alla Regione Piemonte per gli informatori. Perché è finita l’epoca del “passo a salutare il primario” o del “porto due campioni al dottore”. Da oggi, chi entra e chi incontra qualcuno, lo fa lasciando una traccia scritta. E questa traccia resterà custodita per 5 anni, pronta a essere tirata fuori nel caso ci fosse anche solo il sospetto di pressioni indebite o conflitti di interesse.

Il regolamento si spinge anche oltre, affrontando il tema spinoso dei campioni gratuiti e dei farmaci ceduti a titolo gratuito o simbolico. Tutto dovrà passare attraverso la Farmacia Ospedaliera, senza scorciatoie. Non ci sarà più spazio per pacchi lasciati sulle scrivanie o scatole recapitate “al volo” nei reparti. E per i medici finisce l’epoca dei “regalini”: niente più premi, vantaggi o convenienze personali. Solo materiali utili all’attività clinica e destinati a tutta la struttura, mai al singolo professionista. Chi vuole fare il generoso, dovrà farlo nel rispetto delle regole, e soprattutto senza pensare di comprare la simpatia o l’attenzione dei medici con un abbonamento a una rivista o un testo specialistico consegnato sottobanco.

Il documento ribadisce inoltre un altro concetto fondamentale: l’informatore scientifico non è un venditore e non deve comportarsi come tale. Non deve concludere contratti, non deve promettere favori, non deve intromettersi nelle scelte prescrittive. Il suo compito è informare, presentare dati, portare evidenze scientifiche. Tutto il resto non è tollerato. E se qualcuno dimenticherà questi paletti, sappia che il regolamento prevede sanzioni e segnalazioni immediate.

La decisione di Schael non arriva per caso. Nel solo 2024, la Città della Salute ha speso la cifra monstre di 91 milioni di euro in dispositivi medici. Una montagna di denaro che rende imprescindibile blindare ogni passaggio, a partire da chi entra negli ospedali con l’obiettivo di influenzare prescrizioni e scelte terapeutiche. Un settore in cui i margini di spesa sono enormi e dove, se non si fissano regole, la tentazione di “ammorbidire” un medico con attenzioni e pressioni è sempre dietro l’angolo.

Questo regolamento, insomma, mette un punto a dieci anni di gestione troppo lasca, in cui le regole del 2015 erano ormai un guscio vuoto. Schael lo ha voluto, lo ha firmato e lo ha reso immediatamente esecutivo. Ed è significativo che sia stato approvato con i pareri favorevoli di direzione sanitaria e amministrativa, e subito pubblicato in “Amministrazione Trasparente”. Non un atto da archiviare, ma un documento che entra in vigore subito, senza appello.

E allora, al di là delle formule burocratiche, resta un fatto: da oggi chi vuole parlare di farmaci dentro gli ospedali dovrà rispettare regole vere, regole dure, regole chiare. Ci sono voluti dieci anni, ma il dado è tratto. E per una volta, in un settore dove spesso la legalità è evocata solo nei convegni, c’è davvero da dire grazie a Thomas Schael. Perché con questo atto, all’uscita di scena, ha ricordato a tutti che sanità pubblica significa prima di tutto trasparenza e controllo.

Io Schael lo adoro

L’ultimo atto di Thomas Schael? Un regolamento. Già mi pare di sentirvi sbuffare: regolamento? Ma che noia, che grigiore, che burocrazia. Noi siamo abituati a commissari che quando se ne vanno inaugurano un reparto, battezzano una targa, annunciano un progetto che resterà sospeso in eterno. Schael invece no: niente fiocchi, niente brindisi, niente foto con il bisturi d’oro. Solo un regolamento, per dire agli informatori scientifici del farmaco che l’ospedale non è più il loro salotto.

Da oggi non si entra se non si ha titolo, non si parla con i medici se non c’è orario fissato, non si gira per i corridoi con il sorriso sghembo e il campioncino in tasca. Fine dei favori, fine delle strizzatine d’occhio, fine del far west. Ci voleva? Certo che ci voleva: nel solo 2024 la Città della Salute ha speso novantuno milioni di euro in dispositivi medici, e non c’è settore più delicato, più esposto, più bisognoso di trasparenza.

Ora, capisco che non sia roba da palcoscenico. Le regole non scaldano i cuori come un reparto nuovo di zecca, non si prestano ai comunicati trionfali. Ma sono quelle che cambiano la vita quotidiana, quelle che tolgono terreno ai furbi e danno ossigeno a chi lavora sul serio. Schael se ne va così, con un pezzo di carta che stabilisce limiti e divieti.

E io, nel Paese che piange sempre misure di legalità ma non ne attua mezza, beh, in un un paese così, io uno così lo adoro.

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Commenti all'articolo

  • Lillo70

    03 Settembre 2025 - 13:19

    Correlare la spesa sanitaria con l'attività di informazione scientifica è una forzatura e nello specifico si fa riferimento a 91 milioni di euro per "dispositivi medici" che nulla hanno a che fare con il farmaco. Dopodiché qualsiasi normativa che favorisca la trasparenza è sempre benvenuta

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