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Il PD vota la pace, ma approva il riarmo: a Ivrea qualcuno se ne accorge

Dal santuario di Oropa fino al consolato israeliano di Milano: una marcia a piedi chiede il cessate il fuoco a Gaza e svela, passo dopo passo, le ipocrisie del potere

A Ivrea si resiste. Anche mentre molti attivisti del territorio sfilano nella grande manifestazione nazionale di Roma, chi è rimasto continua a farsi sentire, a denunciare, a lottare. Il 173° Presidio per la Pace, sabato 21 giugno 2025, è l’ennesima prova che qui la coscienza civile non si spegne, non si addormenta, non si accontenta di guardare da lontano. Anzi, si fa ogni volta più netta, più lucida, più coraggiosa. I numeri, come la determinazione, crescono.

Simonetta Valenti apre l’incontro annunciando in viva voce la telefonata ricevuta al mattino da Nazarena Lanza, del Coordinamento Biellesi per la Palestina, che propone un’iniziativa potente e simbolica: un Cammino da Oropa a Milano, a piedi, dal 10 al 14 luglio, con tappa finale al consolato israeliano.

“Cammineremo portando un solo messaggio: cessate il fuoco e apertura delle frontiere per gli aiuti umanitari”, recita il testo che chiedono al presidio di sottoscrivere.

A sostenere l’iniziativa ci sono anche Alberto Conte di Movimento Lento, Paolo Naldini di Cittadellarte e la vicesindaca di Ivrea, Patrizia Dal Santo.

“Siamo donne e uomini senza potere, increduli e sconvolti di fronte all’immensità del male che sta distruggendo Gaza e la sua popolazione”, recita il messaggio. “Spaventati dall’accettazione della violenza, dalla giustificazione delle guerre. Temiamo che questo estremo volere dell’Uomo di dominare tutto ci porterà alla rovina”. Una marcia per mantenere viva la speranza, per rivendicare la propria umanità “di fronte alla barbarie”. Una processione che attraverserà la pianura raccogliendo i canti di ogni cultura e fede, perché “la vera civiltà è quella che sa convivere con la differenza”.

Poi interviene Franco Giorgio, con parole cariche di sdegno per quanto appena approvato dal Parlamento Europeo: la possibilità di destinare parte dei fondi del PNRR alla spesa militare. Una decisione gravissima, passata con il voto congiunto di Partito Democratico, Fratelli d’Italia e Forza Italia, che di fatto apre al riarmo mascherato da sviluppo.

“Il PD ha votato contro gli emendamenti più espliciti sul riarmo, ma poi ha approvato l’intero pacchetto, compresi gli articoli che autorizzano proprio ciò che dichiaravano di voler contrastare. Una vergogna. Un’ambiguità imbarazzante”.

Franco Giorgio legge poi un testo di rara potenza scritto da Donia Rafaat, attivista e laureata in Relazioni Internazionali, che smonta con rigore la retorica dello “scontro di civiltà”.

“È la stessa logica con cui si giustificano occupazioni, droni, massacri, torture. È la retorica che trasforma l’altro in una minaccia ontologica. Che racconta la brutalità coloniale come autodifesa”. Citando Edward Said e Tzvetan Todorov, Rafaat denuncia “la barbarie di chi bombarda ospedali, rifugi e campi profughi in nome della democrazia”, e avverte: “Il mondo non è diviso tra buoni e cattivi, ma tra chi costruisce narrazioni e chi le subisce. Tra chi può bombardare e chi può solo morire”.

Luca Oliveri legge il comunicato di un nutrito gruppo di autorevoli giuristi italiani. Una presa di posizione netta, durissima, contro le recenti dichiarazioni della Presidente del Consiglio italiano, che ha aperto all’uso di basi militari italiane da parte degli Stati Uniti in caso di escalation con l’Iran.

“Un attacco preventivo è illegale secondo il diritto internazionale. Ogni forma di appoggio a un simile intervento, da parte italiana, violerebbe gravemente l’articolo 11 della Costituzione”.

Tra i firmatari figurano Ugo Mattei, Barbara Spinelli, Alessandro Somma, Alberto Lucarelli, Pasquale De Sena.

La denuncia è inequivocabile: “Complicità nei crimini di massa in corso nei territori palestinesi occupati”. E ancora: “Serve un fronte internazionale non allineato, lontano dagli estremismi di Washington, Bruxelles e del sionismo internazionale”.

Chiude il presidio Livio Obert, riportando con emozione le parole di Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale dell’ANPI, durante la Marcia per la Pace tenutasi a Marzabotto qualche giorno prima.

Un discorso che accosta la strage nazista del 1944 al massacro odierno di Gaza: “Siamo qui in un luogo del dolore del passato, per un luogo del dolore del presente. Gaza”.

Il tono si fa via via più acceso: “Il governo Netanyahu è una minaccia alla pace mondiale. Basta con l’appoggio incondizionato a Israele, basta con gli accordi di libero scambio, basta con l’invio di armi!”

Pagliarulo non risparmia nessuno: “Il più grande nemico degli ebrei e della sicurezza di Israele è proprio Netanyahu, con il suo governo di razzisti e fascisti. La retorica dell’unica democrazia in Medio Oriente è una menzogna. Israele oggi è una potenza coloniale e guerrafondaia”. E ancora: “Vergogna, infamia, abbiezione. Gaza è sparita dalle prime pagine dei giornali. Domani nessuno potrà dire che non sapeva. Chi tace è complice. Anche Tajani”.

Il discorso si chiude con un monito che è un giuramento: “Dopo la Liberazione tutti dissero ‘mai più’. Oggi, ottant’anni dopo, lo ripetiamo: mai più. Mai più guerra, mai più complicità, mai più silenzio. Viva Gaza!”

E mentre Roma si riempie del popolo della pace, a Ivrea resta accesa una luce che nessun cinismo potrà spegnere. La luce di chi non si arrende alla barbarie. La voce di chi sa che la pace è l’unica vittoria possibile... 

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