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L’ambulatorio più bello d’Italia è a Torino: quadri, arte e umanità

Romano Ravazzani, il medico che "cura con l’arte": “Così i miei pazienti stanno meglio”

Romano Ravazzani è un medico. Ma non uno qualunque. È uno di quelli che ti sorprendono, che ti ricordano quanto questa professione possa ancora essere umana, profonda, appassionata.

È medico di famiglia, specializzato in neuropsichiatria infantile, psicoterapeuta, con un master in ginecologia endocrinologica. Oggi si occupa principalmente di medicina generale e ginecologia territoriale, ma definirlo solo con il suo curriculum sarebbe riduttivo.

“Fare il medico è sempre stato il mio sogno”, ci racconta. “Era il 1984, l’anno dell’iscrizione all’università. I giornali sconsigliavano Medicina: troppi iscritti, poche opportunità. Iniziai a valutare altro, poi un giorno, durante un allenamento di scherma, parlando con un amico, lui disse che avrebbe scelto medicina comunque, anche se poi non avesse trovato lavoro. Decisi di fare lo stesso. E oggi non potrei essere più felice della mia scelta. Quel mio amico si chiama Stefano Geuna: oggi è medico, professore universitario e Magnifico Rettore dell’Università di Torino”.

Ma cosa rende il dottor Ravazzani così speciale? La risposta sta in una parola: arte.

Fin da giovane ne è stato affascinato. Per i suoi 18 anni chiese ai genitori un regalo insolito: volare a Barcellona per vedere una mostra antologica su Salvador Dalì.

"L'ambulatorio dell'arte" del dottor Ravazzani (foto di Nadia Gentile)

Nel suo studio torinese ha iniziato con piccole cose: un radiatore trasformato in lavagna magnetica dove attaccava frasi ispiranti, che i pazienti spesso chiedevano di copiare. “Quella parete era diventata un dialogo silenzioso con chi entrava. Così ho pensato: perché non portare anche l’arte qui dentro?”.

Cominciarono piccole esposizioni, poi veri vernissage, sempre gratuiti, per puro amore. Lo studio si è trasformato in una galleria d’arte: quadri, oggetti vintage, pubblicità d’epoca, giochi. Persino il soffitto racconta una storia. Un mondo in cui il paziente non si sente più solo in attesa, ma parte di un’esperienza.

Nel 2019 l’OMS pubblicò uno studio importante: l’arte migliora la salute e il benessere. Da lì, la sua intuizione divenne anche verità scientifica. “Io mi occupo soprattutto di prevenzione e promozione della salute. L’arte aiuta a creare un ambiente più umano, migliora la relazione medico-paziente, può essere un vero stimolo alla cura”.

Nel suo ambulatorio ogni oggetto ha un senso. “Ho un grillo parlante sulla scrivania: serve per spiegare ai pazienti che non sempre si riesce a seguire i buoni consigli. Ed è normale. È un modo semplice per dire: ‘Non preoccuparti, non è grave’. Il gioco, a volte, arriva dove le parole non possono”.

E poi c’è stata l’esperienza al Museo Egizio di Torino, nel progetto post-Covid della Compagnia di San Paolo: ambulatori temporanei nei musei, per unire salute ed emozione. “Un’esperienza immersiva. Ogni paziente reagiva in modo diverso, ma l’impatto era potente. L’arte non sostituisce la medicina, ma la completa. Colora, rende la cura meno fredda, più viva”.

Romano Ravazzani è un medico che cura anche l’anima. E forse, oggi più che mai, è questo che fa davvero la differenza.

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