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Torino
09 Luglio 2024 - 10:00
Ci sono i grandi personaggi, quelli che vivono costantemente con la pressione dei riflettori addosso, e poi ci sono gli outsider, che riescono a brillare quando meno te lo aspetti e in condizioni meno favorevoli. Possiamo considerare Peppe Iodice come il grande outsider dello spettacolo italiano. A La Voce, il comico napoletano si racconta mentre si prepara a celebrare il suo Peppyssimo dal vivo, in giro per l’Italia. Il programma, nato come realtà locale a Canale 21, è diventato seguito in tutto il mondo grazie alla diffusione su Youtube e sui social network.
Il ciclone Peppe Iodice, dopo il successo televisivo di Peppynight show, ha proposto la sua originale visione della quotidianità, con il meglio della sua carriera e con inevitabili riferimenti. Uno schema rodato, caratterizzato da battute esilaranti e gag irresistibili che non scadono mai nel cattivo gusto, per due ore di risate capaci di far riflettere al tempo stesso.
Quanto ci hai messo per maturare o meglio per giungere alla consacrazione?
Faccio questo lavoro da trent’anni e ogni anno ho fatto un passaggio in più, ho trovato uno spunto in più. È stato estenuante perché la famosa gavetta è durata tanto. Sono più consapevole, oggi. Ho le idee chiare e ci è voluto tempo. È anche vero che il tempo stesso ti regala maggiore esperienza e maggiore possibilità di imporre il tuo modo di fare.
Un modo di fare che è diventato straripante con il Peppy Night.
È stata un’esperienza unica, la più importante della mia carriera nata per una scelta precisa: non potevo restare ancora una volta a casa in lockdown. Altrimenti non avrei mai accettato.
È la cifra del tuo show, unire l’alto e il basso.
Io sono sposato con una laureata in sanscrito, lei è il mio alto. Quindi unire l’alto e il basso è la cifra della mia vita. Ma è comune a tanti. Ti faccio un esempio. Quando mi capita di essere a cena con un artista che fa musica colta, per esempio, gli chiedo se conosce “Chillo va pazzo pe’ te”, lui prende e te la comincia a cantare. È sorprendente. Quello che ho voluto fare in questo spettacolo è stato anche questo. Riprodurre il clima di quei momenti personali.
Durante la pandemia, però, è nata una nuova fase della tua carriera.
Io non mi aspettavo di fare quel percorso social durante il lockdown. Stavo male perché non potevo lavorare e allora riversavo tutto sui social. E lì ho decuplicato il mio pubblico. Gente che non sapeva assolutamente chi fosse Peppe Iodice ha cominciato a conoscermi.
Peppe Iodice durante lo spettacolo
Il pubblico è sempre stato con te?
Assolutamente no. Ho fatto gli sketch sul Napoli per dieci anni e lì per esempio ho capito quanto è difficile parlare di calcio e stare in quel mondo. Qualsiasi cosa tu dica, diventi divisivo. Diventi un paladino per alcuni, per altri devi letteralmente morire. E infatti ho ricevuto minacce di ogni tipo e ogni genere, come persone di Torre del Greco – per assurdo – che mi dicevano: deve scoppiare il Vesuvio e devi morire. Io? E tu, che sei di Torre del Greco?
Secondo te, la sincerità nella comicità, ripaga?
A me, però, interessa la sincerità nella comicità. Se tu parti dal presupposto di dire quello che pensi, ti prendi la responsabilità e vai. Se sento che in quel messaggio c’è il tentativo, il sottotesto di creare la polemica a tutti i costi, lo scandalo, allora non ci sto.
In che senso?
Nel senso che molto spesso c’è la pretesa tra noi comici di aggettivare la stessa comicità. Spesso accade quando magari la gente non ride più o non ride mai ai tuoi spettacoli. “Una comicità di pensiero”, dicono alcuni. No, è un’altra cosa. La comicità è quella semplice, quella che fa ridere. O fai ridere oppure no. Il resto non m’interessa.
Senti, una curiosità personale, il maglioncino verde che indossavi tempo fa, che fino ha fatto?
Ah, Birillo! Ma Birillo era un mezzuccio. Mi dicevano sempre che non ero televisivo e Birillo mi è servito per entrare in tv. Con quello ho fatto Zelig Off e sono riuscito ad aprirmi una strada. Ora, però, quel maglioncino è finito in soffitta.
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