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18 Settembre 2025 - 17:17
Venerdì sera, alle 19,30, ai giardini del Castellazzo un concerto gratuito di Daby Touré, artista che non porta in scena solo musica, ma un mondo intero, fatto di radici, migrazioni, tradizioni e contaminazioni. Chi lo ha ascoltato almeno una volta sa che c’è qualcosa di familiare e di universale nel suo modo di cantare e di suonare: non è reggae in senso stretto, ma l’eco di Bob Marley si percepisce forte e chiaro, non tanto nei ritmi quanto nella vibrazione positiva, nella capacità di costruire canzoni che sanno essere semplici e profonde allo stesso tempo, immediate eppure capaci di lasciare il segno.
La storia di Touré comincia in Mauritania, dove nasce nel 1972, dentro una famiglia che porta sulle spalle un cognome pesante. Suo padre Hamidou Touré era uno dei fratelli fondatori dei Touré Kunda, pionieri nel portare la musica africana sui palchi internazionali. Crescere in un ambiente simile significava avere la musica come pane quotidiano, ma anche sentire il peso delle aspettative e il timore di restare schiacciato da un’eredità ingombrante. Daby sceglie comunque di seguire la sua strada, inizia a suonare la chitarra di nascosto, contro il volere del padre, e presto scopre che quella passione è più forte di qualsiasi divieto. Nei villaggi lungo il fiume Senegal impara il valore della musica come linguaggio comunitario, canta in wolof, in soninké, in pular, assorbe melodie che resteranno sempre parte del suo bagaglio.
Quando a fine anni Ottanta si trasferisce in Francia con la famiglia, entra in contatto con un altro universo. Lì scopre le radio che trasmettono Michael Jackson e The Police, i vinili di Stevie Wonder, le cassette dei Dire Straits e naturalmente di Bob Marley. È in questo incrocio di mondi che matura il suo stile: un linguaggio ibrido, che parte dalle radici africane e si apre alle armonie occidentali, cercando sempre l’equilibrio tra tradizione e modernità. Nel 1992, insieme al cugino Omar Touré, forma il duo Touré Touré e pubblica l’album Ladde, un esperimento che mescola jazz e ritmi africani e che lo porta per la prima volta all’attenzione di un pubblico più ampio.
La svolta definitiva arriva con la carriera solista. Nel 2004 la Real World Records di Peter Gabriel pubblica il suo primo album, Diam, che lo consacra come uno degli artisti più originali della nuova scena afro-pop. Seguono Stereo Spirit nel 2007, l’EP Call My Name con Skip McDonald nel 2009, Lang(u)age nel 2012 e Amonafi nel 2015, dischi che segnano una crescita continua e una costante ricerca di libertà artistica, tanto che Daby Touré sceglie di autoprodursi e di costruirsi uno studio personale.
Il suo stile non conosce confini. Passa con naturalezza dal wolof al francese, dall’inglese al soninké, unendo melodie africane e strutture pop, ritmi che hanno dentro il jazz e il folk, atmosfere intime che improvvisamente si aprono a cori collettivi. Dal vivo questa miscela diventa ancora più potente: la sua voce calda e la sua chitarra leggera costruiscono paesaggi sonori che sembrano invitare alla danza e alla meditazione allo stesso tempo. È qui che torna più evidente il parallelo con Bob Marley: non nell’imitazione stilistica, ma nella filosofia, nella convinzione che la musica sia un ponte, un atto di libertà, una speranza condivisa.
L’appuntamento rientra nella rassegna Pixel, organizzata da Fabrika in collaborazione con Auser Ivrea e Avis Ivrea, con la partecipazione dei volontari dell’associazione Asso di Picche, che allieteranno la serata con il servizio bar. L’ingresso è gratuito: un invito aperto a tutti, per vivere insieme la magia di una musica che sa abbattere confini.
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