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Affettività in carcere, scoppia la polemica: “Non sono stanze dell’amore, ma celle del disonore”

Il segretario dell’OSAPP attacca la gestione del Dap: “Così si svilisce il diritto all’affettività, senza protezioni né regole”

Un diritto costituzionale ridotto a caricatura, un progetto definito “licenza di copulare” e un sistema penitenziario sempre più vicino al collasso. È una denuncia senza filtri quella lanciata da Leo Beneduci, segretario generale dell’OSAPP, contro l’attuazione della sentenza n. 10/2024 della Corte Costituzionale, che ha sancito il diritto all’affettività per i detenuti.

Nel mirino c’è l’apertura imminente delle cosiddette “stanze dell’affettività” – la prima potrebbe debuttare già il 18 aprile a Terni – previste in 32 istituti penitenziari su circa 190, e destinate a diventare, secondo il sindacato, un boomerang sociale, gestionale e umano.

“La Corte parlava di affetti, il Dap ha risposto con un letto. È un’interpretazione offensiva e pericolosa, priva di qualsiasi supporto sanitario o rieducativo, che spalanca scenari inquietanti”, attacca Beneduci.

Il primo allarme riguarda le donne: Compagne o mogli di detenuti – in particolare appartenenti alla criminalità organizzatapotrebbero sentirsi costrette a partecipare a questi incontri per timore reverenziale. È una violenza silenziosa che il Dap finge di non vedere, mentre scarica ogni responsabilità su un personale già allo stremo.

L’impianto, sostiene il sindacalista, non piace neppure ai boss: “I cosiddetti ‘uomini d’onore’ non tollereranno di esporsi in questo modo, lo considerano umiliante per la loro immagine. Risultato: chi ha meno scrupoli ottiene un privilegio dentro le mura, mentre chi si è comportato bene e gode di permessi esterni viene penalizzato.

La misura, secondo Beneduci, rischia di innescare nuove tensioni negli istituti: “Le aspettative dei detenuti saranno altissime e sistematicamente deluse. L’inevitabile esclusione della maggior parte dei reclusi genererà malumori, disordini e richieste di trasferimento in massa”.

Non mancano proposte alternative, che salvaguardino il principio affettivo senza scivolare nella farsa. “Si potrebbero usare roulotte attrezzate nei cortili, garantendo privacy, controlli con cani antidroga e rilevatori di cellulari, senza compromettere il rispetto delle persone coinvolte”, spiega Beneduci.

L’attacco finale è per il ruolo degli agenti: “Siamo diventati spettatori forzati di un esperimento fallito ancora prima di iniziare. Il personale viene abbandonato, senza strumenti né direttive. Questa ‘riforma’ non rispetta i detenuti, non tutela le donne, e mortifica la dignità della Polizia Penitenziaria”.

Un diritto costituzionale ridotto a caricatura, un progetto definito “licenza di copulare” e un sistema penitenziario sempre più vicino al collasso

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