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Quel Nientolo di Volpatto
28 Giugno 2023 - 16:44
Silvio Berlusconi (foto di repertorio)
Che il Cavaliere, quello per antonomasia dico, fosse un personaggio, nessuno lo può negar. Divisivo, ma quale amministratore o quale allenatore della Nazionale non lo è?
Politico mediocre in casa, geniale fuori, tra i pochi a leggere in modo corretto i fenomeni Clinton, Putin e Gheddafi, forse più per assonanza sulla ciornia che per affinità di bandiera: fatto sta che se il mondo lo avesse ascoltato, probabilmente adesso avremmo qualche casino in meno, soprattutto noi che con Russia, America e Libia, fin dai quando c’era (l’altro) Lui abbiamo avuto nel bene e nel male a che fare. Purtroppo, contemporaneamente, spolpò la scuola con Moratti e Gelmini, donne che lo avrebbero seguito anche all’inferno, e tentò di incularci le pensioni, cosa che poi pensò bene di far fare ad altri. Inoltre, si mise a posto gli affari, ed è vero che non fu l’unico, ma in modo così sfacciato soltanto lui.
Parlandone da morto, lascia un vuoto incolmabile. Più che di fine della seconda Repubblica, mai nata davvero, termina un’epoca che però grazie a lui e che ci piaccia o meno è senza ritorno: con le sue televisioni ci ha fatto credere che saremmo tutti diventati come loro, con il calcio ha portato a casa cose che noi umani nemmeno possiamo immaginare, con la Politica ha colmato il vuoto lasciato dai partiti che altri, forse anche più svegli di lui, non hanno saputo riempire. Prima ha messo insieme la Lega e i fascisti contro cui la Lega si batteva, poi a sinistra ha fidanzato se stesso con quelli che lo hanno da sempre osteggiato. Gli altri, divisi, sono rimasti in mutande con più di un cerino in mano, lui e i suoi si sono sistemati trulli trulli al governo e quando qualcuno protestava lui rispondeva che aveva ragione, poi o lo inchiappettava o lo assumeva o lo promuoveva. Se non è bravo uno così, non è bravo nessuno. Cavaliere senza cavallo, stella cometa senza cielo, statista senza Stato, potremmo dirgliele tutte. E gliele abbiamo dette, ma non è bastato. Trentasei processi (Riina dodici, Curcio quattro, Gelli sette), ha inciuciato con la mafia, ma lo ha fatto fare da altri che poi sono andati in gabbia al posto suo perché conveniva comunque stare da quella parte lì. Parlandone da vivo e mettendo da parte, anche perché ce ne frega poco, le pratiche notturne, ma preoccupati da ciò che combinava di giorno, proverei a salvare un paio di cose che pochi ricordano: inasprì con il suo ministro Sirchia (poi finito nei pasticci per fatti suoi) la legge sul fumo, poi introdusse la patente a punti. All’amara lettura per chi non c’è più aggiungiamo la Nientologia e poiché ai trapassati non si può negare una medaglia, scelgo il discorso alla Camera Alta degli Stati Uniti, marzo 2006, conclusosi con i Senatori americani in piedi ad applaudire. Amen.
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