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Aldo Moro: 55 giorni di prigionia nelle mani delle Brigate Rosse

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La celebre foto del presidente Moro sequestrato dalle Brigate Rosse

Quarantacinque anni fa questi erano i giorni di Moro, il presidente della Democrazia Cristiana rapito il 16 marzo 1978 da un nucleo armato delle Brigate Rosse che per portar via il politico pugliese uccise i cinque uomini della scorta. Tutti abbiamo ricordo di quel giorno.

Noi ragazzi settimesi, a scuola: “Sciopero generale, tutti a casa!” Cavacca, pensai (e pensammo tutti): “è una bella giornata di sole, quasi quasi…” Il secondo step, violento, brutale, furono però gli occhi dei grandi, professori, preside, bidelli sconvolti dalla notizia che noi ragazzini non capivamo. Chi è Moro? E, soprattutto, chi sono le Brigate rosse? Lo capimmo nelle ore successive, quando Settimo e tutte le altre città si riempirono di uomini in divisa, inutili col senno di poi.

Niente calcio in cortile, quindi, tutti blindati in una Settimo che da allegra e primaverile si era trasformata, come il resto del paese, in lugubre, triste. Non girava un’anima, sembrava di essere a metà agosto, non a metà marzo, tutti implaccati davanti alla Tv a cercare di capire se era un film o un racconto di George Orwell o cos’altro. Colpiva la ferocia dei terroristi, capaci di uccidere sul colpo gli agenti che erano nell’auto con Moro e potevano essere i nostri papà.

Dopo il sequestro, Moro fu portato in quella che verrà definita “la prigione del popolo”, a Roma. Nei 55 giorni di prigionia il mite politico fu sorvegliato da diversi membri delle Br che inviarono nove comunicati per spiegare le loro ragioni. Aldo Moro scrisse decine di lettere che, se ce ne fosse stato bisogno, ci colpirono ancora più al cuore. Molteplici i destinatari: esponenti Dc, famiglia, i principali quotidiani e l’allora Papa Paolo VI che il 22 aprile supplicò in ginocchio gli uomini delle Brigate Rosse affinché liberassero il prigioniero. Il governo Andreotti sostenuto dal Pci non volle cedere ai terroristi, né trattare.  Lo statista, in una lettera indirizzata ai leader della Dc scrisse: “Il mio sangue ricadrà su di voi”.

Moro venne ucciso il 9 maggio con una scarica di proiettili al petto. Anche questa volta eravamo a scuola, turno del pomeriggio. Di nuovo tutti a casa, questa volta con il cuore mesto, anche noi ragazzi avevamo capito la gravità della situazione. Mi chiedo spesso come sarebbe andata se i terroristi, all’ultimo, in un impeto di generosità e lungimiranza avessero liberato Moro. Come sarebbe il nostro paese? E la nostra città?

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