AGGIORNAMENTI
Cerca
'ndrangheta
15 Dicembre 2022 - 15:43
'ndrangheta
ARRIVA la sentenza per i clan del Vibonese e del Reggino operanti a Costigliole d’Asti i cui esponenti sono stati coinvolti nell’operazione “Barbarossa”, tesa a sradicare la locale di ’ndrangheta in quel territorio nel quale insisteva in particolare la famiglia Stambè, originaria di Gerocarne.
La suprema corte di Cassazione ha infatti rigettato i ricorsi presentati da Bruno Agostino, 34 anni, nato a Soriano, Salvatore Carè, 38 anni, nato a Vibo Valentia, Giuseppe Emma, 31 anni, Vincenzo Emma, 40 anni e Gianfranco Guzzetta, 54 anni, tutti originari di Palmi ma tutti trasferiti da tempo nella provincia piemontese.
Passano quindi in giudicato le pene inflitte il 30 maggio del 2021 ai cinque imputati che avevano proposto ricorso: 9 anni e 10 mesi per Agostino, 8 anni per Carè, 10 anni per Vincenzo Emma, 6 anni e mezzo per Giuseppe Emma, e infine 6 anni per Guzzetta. In Appello quasi tutti gli imputati – erano 15 - avevano scelto di concordare la pena che prevede riduzioni dell’entità oltre il 30%, rispetto a quanto era stato deciso in primo grado ad Asti. Riduzione notevolissima ad esempio per Michele Stambè, che era passato da 20 anni a 10 anni. Ma i cinque avevano comunque proposto ricorso.
La Cassazione ha depositato i motivi del verdetto evidenziando come per la posizione del sorianese Agostino, i giudici di merito abbiano «ragionevolmente dedotto la continuità dei rapporti interpersonali e la reiterazione delle condotte (e, quindi, la prospettiva di lungo periodo nella quale si muovevano i singoli associati), la stabilità del canale di approvvigionamento (a Finale Ligure), la presenza anche di una fonte spagnola (manifestazione esplicita dell'esistenza di un gruppo, per la necessaria organizzazione che tale fonte presuppone), l'esistenza di una contabilità e di un fondo comune (circostanza emersa dalle conversazioni intercettate ed analiticamente richiamate nel corpo della sentenza) e di concordati moduli operativi (quanto alle modalità di conservazione e distribuzione dello stupefacente), la disponibilità di un magazzino di deposito della sostanza dove i sodali sono stati immortalati negli atti di accesso».
Elementi, spiega la suprema Corte, alla luce dei quali è stata «ritenuta l'esistenza non di un mero accordo volto esclusivamente alla realizzazione di uno o più reati, di volta in volta dissolto con la loro consumazione, ma di un vincolo permanente fondato sulla consapevolezza di ciascun associato di far parte di un ente sovrapersonale, centro d'imputazione delle azioni dei singoli e di partecipare, con un proprio contributo causale, alla realizzazione del relativo programma criminale».
In ordine al reato associativo e alla collegata figura di Agostino, viene rilevato come la Corte d’Appello di Asti abbia ritenuto la partecipazione attiva dell’imputato al sodalizio criminale alla luce di «plurimi indici ritenuti sintomatici, desunti non solo dalla incontestata partecipazione a singoli reati scopo contestati nel capo d'imputazione e, ormai, definitivamente accertati, ma anche dal contenuto delle conversazioni intercettate, di volta in volta analiticamente indicate».
In particolare vengono menzionati il riconoscimento del ruolo svolto da Agostino «nella trasmissione di informazioni provenienti dal reggino Rocco Zangrà (ritenuto il vertice della ’ndrangheta nella provincia astigiana e non solo) verso il sodalizio astigiano e la conseguente esigenza di dare al sodale un insediamento stabile a Costigliole per svolgere al meglio la sua importante attività di raccordo con lo stesso Zangrà; inoltre la partecipazione anche emotiva alla vita del sodalizio e ai contrasti insorti nella locale di Asti, anche a causa delle diverse valutazioni in ordine all'affiliazione di Antonio Stambè, figlio di Angelo, voluta da Salvatore e osteggiata invece dal fratello Domenico.
E ancora, vengono ricordati il riferimento ad un possibile distacco dello stesso Agostino «dal sodalizio mafioso e non dalla parallela associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, atteso che lo stesso imputato ne parlava con Salvatore Stambè, che di quest'ultima non faceva parte, la partecipazione «personale dell’imputato a una riunione nella quale si sarebbe discusso di un tema particolarmente rilevante, ovvero l'ingresso di Antonio Stambè nel gruppo mafioso, sul quale vi era un aspro dissidio tra i fratelli Stambè» e alla spedizione «punitiva contro Carlo Ritrovato e Carmelo Picone, resasi necessaria per ribadire l'autorevolezza e la forza del sodalizio, messa in discussione dal pestaggio subito in carcere da Angelo Stambè», nonché «la conoscenza dei progetti di tali Ughetto e Biglino relativi a un'espansione dell'influenza mafiosa nel settore dell'edilizia, di cui discuteva l'opportunità e la convenienza con Salvatore Stambè e Salvatore Carè».
E anche per quest’ultimo (oltre che per i tre reggini), il ricorso è stato dichiarato inammissibile. In questo caso poiché da un lato, la sopravvenuta rinuncia a tutti i motivi (formalizzata all'udienza del 4 maggio 2021) preclude la possibilità di valutare la ritenuta sussistenza di una condotta partecipativa al sodalizio mafioso; dall'altro, proprio in accoglimento dei motivi afferenti al trattamento sanzionatorio proposto dal ricorrente, la pena è stata rideterminata da anni undici di reclusione ed euro 1.400 di multa, ad anni otto di reclusione ed euro 1.000 di multa.
dal nostro collaboratore in Calabria, Gianluca Prestia
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.