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Albiano d'Ivrea
06 Marzo 2023 - 16:39
ENZO BIANCHI COMUNITA BOSE
Il 3 marzo ha compiuto 80 anni che ha festeggiato con un velo di amarezza. E’ Enzo Bianchi, padre fondatore della comunità di Bose allontanato da quella esperienza che per molti cristiani del mondo è stata invece un mondo in cui entrare
Oggi parla di “tradimenti” consumati in un luogo che lui ancora chiama “figlio”. Su twitter cita Voltaire: “i monaci si mettono insieme senza conoscersi, vivono insieme senza amarsi, diventano vecchi insieme senza aver cura l’uno dell’altro, muoiono insieme senza rimpiangersi!”.
E commenta: “Io ho combattuto tutta la vita contro questa accusa fatta dal filosofo ma ho fallito!”.
Sulla stessa linea d’onda le ‘confessioni’ che ha rilasciato al settimanale cattolico ‘Vita Pastorale’.
“Questa sofferenza c’è - ha ammesso - Non mi ha destato rancore, amarezza, non mi ha scosso nella fede, non mi ha scosso nell’amore nonostante non riesca a capire l’enigma di persone vicinissime a me che hanno consumato un vero e proprio tradimento nei miei confronti senza motivo, perché c’era un accordo. Salvo una doppiezza mantenuta per anni, c’era quasi un’amicizia oltre che una fraternità”.
E poi sul dolore e sulla sofferenza... “Ho tanta paura della sofferenza fisica e della malattia mentale da vecchio: Alzheimer e demenza senile - aggiunge - Perché quando ho avuto a che fare con queste malattie ho visto quanto è difficile vivere per loro e per chi li assiste. Per cui vorrei che mi fosse evitato, spero che il Signore non mi faccia passare attraverso questa strada. Il dolore spero che mi sia alleviato anche a costo di abbreviarmi la vita (l’ho scritto nel mio testamento); anche la Chiesa permette le cure palliative. C’è un limite alla sopportazione del dolore”.
Bianchi si sta preparando a traslocare a ‘Casa della Madia’ ad Albiano di Ivrea, un piccolo paese a una cinquantina di chilometri da Torino, per vivere in fraternità con poche persone, ma “non sarà una nuova Bose - precisa - perché la comunità ecumenica di Bose è come un figlio: una volta fatto non si può rifare”.
Tutto era fuorchè una finta. Ad Albiano Padre Enzo Bianchi sta per arrivare davvero.
Lo abbiamo scritto parecchie e parecchie volte abbiamo anche parlato di un comitato che sta aiutando Padre Bianchi a realizzare il progetto di una “Casa della Madia”. Serve a raccogliere i fondi necessari a pagare il mutuo decennale acceso per l’acquisto della cascina, nonché per portare a termine la ristrutturazione e renderla il luogo che merita di essere, a beneficio di moltissime persone. Ne fanno parte l’ex sindaco di Torino Valentino Castellani (Presidente), Corrado Colli e il consigliere regionale Mauro Salizzoni.
“Care amiche e amici - scriveva nel suo blog Padre Bianchi - trascorsi poco meno di due anni di esilio dalla comunità alla quale ho dato inizio e nella quale ho vissuto per cinquantacinque anni e non potendo tornare a Bose per finire i miei giorni da monaco nella vita fraterna, ho acquistato con l’aiuto di amici e attraverso un mutuo decennale un cascinale nel comune di Albiano dove poter vivere nella pace gli ultimi anni della mia vita. Terminati i necessari lavori di ristrutturazione al fine di renderlo abitabile, questo cascinale sarà una casa che accoglierà chi vorrà vivere con me, gli amici e gli ospiti che cercheranno un luogo di silenzio, di dialogo e di ospitalità. Chi genera un figlio non può rigenerarlo né farlo nascere di nuovo: ogni figlio è in un certo senso unico ed io non intendo rifare la comunità che da me ha avuto inizio, né fondare una nuova comunità religiosa canonicamente riconosciuta. Voglio solo vivere da monaco cenobita e non eremita come ho sempre vissuto. Cammin facendo vedremo cosa ci riserverà il Signore e cosa ci suggerirà lo Spirito santo. Questo cascinale – che da sempre porta il nome augurale di Camadio, ossia “Casa della madia”, casa dove si fa il pane – sarà certamente un luogo di preghiera, di incontro, di fraternità e sororità, una tavola approntata per la condivisione e lo scambio delle parole, degli affetti e della speranza...”.
All’immobile (un edificio su due piani con tanto di cortile), venduto il 5 luglio del 2021 dal falegname Maurizio Ollearis, di Viverone, si accede percorrendo una stradina sterrata immersa nel verde che parte dalla Provinciale per Ivrea. I lavori di ristrutturazione sono stati appaltati all’impresa edile di Ugo Ollearo di Piverone.
Classe 1943, originario di Castel Boglione nella Langa Astigiana, Padre Bianchi ha lasciato Bose rispettando un provvedimento di allontanamento a tempo indeterminato (di 5 anni anni per altri tre confratelli, Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi) firmato dalla Santa Sede, datato maggio 2020, senza alcuna possibilità di appello, quale unica soluzione alla risoluzione dei contrasti ai vertici della Comunità e il difficile passaggio di consegne al successore Fra’ Luciano Manicardi, priore dal 2017.
Risale, invece, al febbraio del 2021 un secondo decreto, a firma del Delegato Pontificio, Amedeo Cencini, con invito a Bianchi di andare a vivere nella pieve di Cellole di San Gimignano, di proprietà della Comunità stessa.
Le condizioni poste dal decreto e dal contratto di comodato d’uso però vennero ritenute dall’ex priore “lesive della dignità” sue e dei suoi fratelli, e per questo motivo il monaco non accettò e iniziò la ricerca di una struttura che lo potesse accogliere senza “disumane” richieste.
In molti si appellarono in allora al Papa, ma in un incontro col nuovo priore e il delegato pontificio, alla vigilia di un viaggio in Iraq di Francesco, ribadì che Bianchi doveva lasciare la Comunità di Bose, al cui interno, peraltro, il clima si era fatto sempre più pesante, prefigurando addirittura una scissione.
“Cari amici/e per alcuni giorni sono stato silente e non vi ho inviato i pensieri emersi nel mio cuore ma un faticoso, sofferente trasloco me lo ha impedito: per noi vecchi migrare è uno strappo non pensabile anche perché ci prepariamo all’esodo finale, non a cambiar casa e terra”, scrisse Bianchi su twitter nelle ultime ore Bose.
In tutti questi mesi, comunque, Padre Bianchi non ha mai smesso la sua attività di commentatore, editorialista e scrittore, più volte manifestando il suo pensiero anche su Twitter.
“Stiamo attenti quando parliamo di sofferenza – scrisse ad esempio il 3 maggio 2021 –: perché non è vero che il dolore purifica, redime, rende più buoni, anzi rende irritabili, abbrutisce, e ci induce all’egoismo. Il dolore è sempre in-sensato e al dolore insopportabile abbiamo il diritto di dire basta!“.
Ad Albiano, Padre Bianchi, nessuno lo ha visto, almeno per ora. La nuova comunità - perchè di questo si tratta e sarebbe inutile negarlo – qualcuno potrebbe anche considerarla una sorta di rivalsa nei confronti di chi lo ha cacciato dal Monastero distante appena 15 chilometri, per lo più tornanti sulla serra Morenica, percorribili in auto in poco più di venti minuti.
Inutile chiedersi che cosa dirà l’attuale vescovo di Ivrea, monsignor Edoardo Cerrato già costretto all’ingombrante e onnipresente figura del suo predecessore Monsignor Luigi Bettazzi con cui, nella Diocesi di Ivrea, continuano ad avere rapporti decine e decine di preti, diaconi e viceparroci.
Tutto e bene quel che finisce bene, termina così un lungo e doloroso tira e molla, che a tratti aveva preso i contorni di una specie di ‘telenovela’. Ora Padre Bianchi una casa, anzi una cascina ce l’ha a due passi dal castello e dall’amico Bettazzi. E presto avrà anche una nuova comunità tutta sua...
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