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Settimo Torinese
04 Dicembre 2022 - 10:35
Francesco Bessone
Anche io ne ho abbastanza di una polemica innestata da un comprensibile refuso assurto purtroppo a occasione per segnare territori intellettuali, polemica che da parte mia chiudo riconoscendo il primato di Silvio Bertotto nella ricerca e divulgazione storica cittadina. Di più: incasso con umiltà i rimbrotti che mi ha rivolto circa i Vittori(o) Amedeo/i nonno e nipote nonché per la rettifica sull’origine dei grissini da me citata sulla scorta mnemonica, che per eccesso di saccenteria ho riportato senza una preventiva verifica. Con ciò confermo in me non un inizio demenziale senile, ma un fugace cedimento a repentina emozione.
Per quanto riguarda le regie patenti di istituzione / traslazione delle fiere, io nel 1977 le avevo compulsate nell’Archivio Comunale e riprodotte nell’opuscolo “LE TRE FIERE DI SETTIMO TORINESE”, però tra queste manca quella del 14 Marzo 1848 di istituzione della fiera del 26 Maggio (quella che viene chiamata Fera dl’Arlev e traslata alla terza domenica dello stesso mese, secondo l’ ALMANACCO DEL GRAN PESCATORE DI CHIARAVALLE, 2023, pag. 73) e non la fiera novembrina chiamata Fera Frèida “decretata” nel 1863.
Per quanto riguarda l’origine delle fiere settimesi, confermo la mia convinzione del loro svolgimento nel 15° secolo, non solamente perché citate “ tempora feriarum rusticalium – tempi delle fiere agricole” nello statuto comunale del 24 Giugno 1467, ma anche per la varietà e importanza delle mercanzie commerciate in Settimo fin dagli anni 1423-1424, come si desume dal registro del Consegnamento del feudo del marchese Gian Giacomo di Monferrato, nel capitolo del consegnamento del pedaggio.
Non credo che le ricerche storiche riportate in Wichipedia siano meno credibili di quelle stampate nei tomi e confesso di avere appreso telematicamente l’esistenza dell’onorificenza sardo-savoiarda del Cavolo; se tale notizia dovesse risultare una “cavolata” chiedo venia per la mia ingenuità e creduloneria.
Avevo 17 anni quando un prete con mal celata stizza definì me e i miei coetanei Giovanni T. e Domenico C. ( il Signore li abbia in Gloria, per reverente e affettuosa Memoria dei quali non cito il cognome) reggitori dei cordoni al funerale del passato; noi abbiamo accolto tale attribuzione per lode e non insolenza e nel deserto culturale di quel tempo abbiamo incominciato a scavare nella sabbia che nascondeva le memorie dei secoli della “settimesità”.
Organizzati in sodalizi di volontariato, abbiamo cercato sul territorio, negli archivi, nelle menti dei Vecchi; abbiamo fondato notiziari mensili di vita locale, associazioni folkloristiche, sportive, di promozione della località; abbiamo organizzato convegni e conferenze rievocazioni storiche; abbiamo restaurato cappelle campestri e la torre; abbiamo fatto rinascere tradizioni, specifiche attività locali; come le sezioni dei partiti abbiamo collaborato ad aprire i settimesi alla conoscenza dei valori del patrimonio di una comunità vetusta ma in grado di usare il passato conosciuto per promuovere il pieno rinnovamento evolutivo del paese in città, anche grazie all’apporto dei nuovi concittadini immigrati.
Per questo, nella promozione della cultura e specifica civiltà locale io non mi offendo se mi classificano reggitore di cordoni e quando il cordone si sfilaccia, sono grato a chi sapientemente provvede con rispetto e perché no con indulgenza agli opportuni interventi di restauro
Francesco Pietro Bessone
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