"In un colpo solo la Lavazza di Settimo Torinese ha tolto a circa 850 dipendenti tutti i diritti conquistati negli ultimi quarant'anni. Centinaia di persone rimarrebbero senza accordi sindacali di secondo livello: l'azienda, in pratica, si arroga la totale e assoluta libertà nel gestire come vuole il personale. Addio diritti". E' durissimo il commento di Antonio Serlenga, operatore Fai della Cisl Torino-Ca
Antonio Serlenga, operatore Fai CISL
navese, all'indomani della lettera con cui la Lavazza di Settimo Torinese ha annunciato "la volontà di disdettare l’attuale contratto integrativo aziendale di lavoro applicato sul sito, e la volontà di avviare un percorso di negoziazione serrato e costruttivo che definisca al più presto il nuovo accordo, fermo restando la continuità di quanto previsto dall’attuale contratto nazionale di categoria". "Quanto comunicato dalla Lavazza è semplicemente falso - attacca Serlenga -, evidentemente i vertici aziendali sono convinti di essere nel sottobosco dei quartieri più malfamati di Napoli e si divertono a giocare al gioco delle tre carte con noi. Hanno detto di aver disdetto l'attuale contratto integrativo: falso, falsissimo. Lavazza ha cancellato, o intende cancellare, l'intero rapporto con i sindacati dal 1972 ad oggi!" Il sindacalista Cisl fa riferimento alla lettera di "recesso contrattazione aziendale" inviata alle rappresentanze sindacali direttamente dall'azienda. Lettera a cui seguono tutti i contratti integrativi, i contratti e gli accordi collettivi aziendali che verranno annullati. "Verbali di accordo in data 06/02/2013, 11/01/2010, 21/04/2008, 27/10/2006" e così via. Ci sono accordi che risalgono al 1998, al 1993, al 1988, al 1979. Il più "datato" è stato stipulato nel giugno del 1972. "Una decisione assurda, che non ha precedenti" secondo Antonio Serlenga. "L'unico caso analogo potrebbe essere quello della Fiat. Con un'unica, gigantesca, differenza. Quest'anno la Lavazza ha realizzato, solo per quanto riguarda la vendita del caffé, un utile netto di 100 milioni di euro, segnando un importante aumento rispetto agli anni precedenti. Ora mi chiedo: se anche le aziende non in crisi si mettono a disdire gli accordi sindacali, in che paese siamo finiti? Con che coraggio questi signori si presentano alla collettività?"
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