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Cronaca
31 Dicembre 2025 - 17:23
Giustizia sconfitta in tribunale, il Ministero dovrà rimborsare i sindacati della polizia penitenziaria (immagine di repertorio)
Il Ministero della Giustizia dovrà rimborsare le spese legali ai sindacati della polizia penitenziaria dopo una causa intentata davanti al Tribunale di Torino per presunta condotta antisindacale. La decisione è stata assunta dalla giudice Francesca Marchese, che ha applicato il principio della soccombenza virtuale, condannando l’amministrazione al pagamento di circa 2.000 euro, nonostante la cessazione della materia del contendere.
Il procedimento giudiziario nasce da un ricorso presentato dalle sigle Osapp, Sappe, Uilpa e Uspp contro un decreto di riorganizzazione del lavoro adottato lo scorso maggio dal Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria per Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Secondo i sindacati, l’atto sarebbe stato emanato senza rispettare le regole della contrattazione decentrata, escludendo un corretto confronto con le rappresentanze del personale e coinvolgendo, durante l’esame congiunto, anche organizzazioni sindacali appartenenti ad altri comparti.
Nel corso del giudizio, il Ministero della Giustizia ha difeso la legittimità dell’operato dell’amministrazione periferica, sostenendo la correttezza delle procedure seguite. Tuttavia, prima che il tribunale entrasse nel merito della causa, il decreto contestato è stato annullato, determinando la cessazione della materia del contendere. Una scelta che, secondo la linea difensiva del Ministero, avrebbe dovuto comportare l’azzeramento delle spese di lite.

La giudice Marchese ha invece adottato una valutazione opposta, riconoscendo che, se il giudizio fosse proseguito, l’amministrazione sarebbe risultata soccombente. Da qui l’applicazione della soccombenza virtuale, istituto giuridico che consente di attribuire le spese processuali alla parte che avrebbe verosimilmente perso la causa, anche in assenza di una sentenza di merito.
A sottolineare il significato della decisione è soprattutto l’Osapp, che ricorda come il decreto sia stato ritirato solo dopo la presentazione del ricorso e l’attivazione della procedura di mediazione davanti alla Commissione paritetica, sede nella quale – secondo il sindacato – sarebbe stata accertata la non correttezza della procedura seguita dal Provveditorato. Una conferma che, a giudizio delle organizzazioni ricorrenti, rafforza la fondatezza delle contestazioni avanzate in tribunale.
Nel comunicato diffuso dopo la decisione, l’Osapp parla apertamente di un atteggiamento «ostruzionistico e autoritativo» da parte del Provveditore regionale, accusato di aver ignorato deliberatamente il confronto sindacale. Una condotta che avrebbe reso inevitabile il ricorso alla magistratura per tutelare «regole elementari di legalità e di corrette relazioni sindacali».
Il sindacato chiede ora un intervento dell’amministrazione centrale affinché episodi simili non si ripetano, garantendo un rapporto realmente collaborativo con le rappresentanze dei lavoratori. Una richiesta che si inserisce in un contesto già segnato da forti tensioni nel sistema penitenziario, tra carenze di organico, sovraffollamento e un clima di crescente conflittualità interna.
La pronuncia del Tribunale di Torino, pur limitata all’aspetto delle spese processuali, rappresenta comunque un segnale politico e amministrativo rilevante: il ritiro tardivo di un atto non basta a cancellare le responsabilità procedurali, soprattutto quando in gioco ci sono i diritti sindacali e il corretto funzionamento delle relazioni istituzionali all’interno di un settore delicato come quello della polizia penitenziaria.
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